Zanonato: il governo di larghe intese era un’emergenza, oggi dico no a Berlusconi

Politica e Primo piano

Intervista a Il Quotidiano nazionale

di Antonella Coppari

Non si sente a disagio onorevole Zanonato?

«Perché scusi?», risponde Flavio Zanonato, già ministro dello Sviluppo economico nel Governo Letta, ex Pd.

Adesso appartiene a Mdp, ma fu ministro del governo Letta sostenuto da Berlusconi. A sentire Orlando lei quasi se ne dovrebbe vergognare.

«Ma che c’entra, era una fase completamente diversa».

In che senso?

«Il risultato elettorale non consentiva a nessuna maggioranza di formarsi. Bisognava dare un governo al Paese dopo che il tentativo di Bersani di coinvolgere i grillini era fallito. L’obiettivo era quello di fare una legge elettorale che consentisse di tornare al voto. Come è noto, poi è arrivato Renzi a Palazzo Chigi: quel governo è durato meno di un anno».

Mi sta dicendo che ha fatto di necessità virtù?

«Per la verità, non mi sono neanche accorto di far parte di un esecutivo di larghe intese: non si avvertiva la matrice di destra di personaggi come Lorenzin, Alfano o Lupi. Tanto è vero che quando Berlusconi uscì dalla maggioranza, loro sono restati».

E’ possibile che sia necessario di nuovo un esecutivo di larghe intese: l’attuale sistema elettorale non garantisce la formazione di maggioranze omogenee.

«Per questo, sarebbe importante per prima cosa rendere omogenee le leggi di Camera e Senato e introdurre il premio di coalizione. E poi riaggregare il centrosinistra».

Possono convivere sotto lo stesso tetto Renzi, Bersani e D’Alema?

«Con il Pd bisogna trovare un accordo: i vari leader devono adattarsi. Io non ho preclusioni su Renzi, bisogna vedere se ce l’ha lui».

E se invece venissero fatti solo piccoli aggiustamenti all’attuale sistema, senza toccarne l’impianto complessivo?

«Andremo a votare in ordine sparso. Poi si vede cosa succede».

Si può fare una lista unitaria a sinistra?

«Spero proprio di sì. Io sono dell’avviso che è necessario farla».

Mettiamo che Pd e Mdp-Pisapia non abbiano i numeri per governare: esclude ogni ipotesi di larghe intese?

«Bisogna vedere come ci arriviamo, impossibile decidere in anticipo. Ogni cosa va valutata nei contesti in cui viene proposta. Di sicuro, ci devo arrivare con un ampio schieramento di sinistra».

Non pensa che Orlando stia mettendo il carro davanti ai buoi?

«No. Il discrimine sta nel decidere prima o dopo il voto quest’alleanza. Giustamente, Orlando avverte Renzi che non può dire già ora ‘via le sinistre, e io poi mi alleo con Berlusconi’».

Che partita gioca Orlando?

«Lavoriamo allo stesso obiettivo su posizioni diverse».

Vista da fuori, l’impressione è che Bersani lavori con voi per fare una sorta di Pd vecchia maniera. Siete una sorta di Rifondazione Pd?

«Nessuna vicenda si ripropone negli stessi termini. Noi vogliamo un partito che torna ai valori fondanti di una forza di centrosinistra: in questo momento, sono tanti i lavoratori che non vedono più nel Pd un partito in grado di attrarli perché tutela i grandi interessi elettorali. Noi puntiamo a recuperare quella parte importante del nostro elettorato che non si riconosce più nel partito di Renzi e dunque non va a votare».

A proposito: come mai nel Parlamento europeo lei ha votato a favore del ‘Ceta’, del trattato Europa-Canada, mentre in Italia Mdp ha scelto di non partecipare alla votazione?

«I socialisti democratici hanno deciso di votare per il Ceta e io ho votato con il mio gruppo. Del resto, sono convinto che sarà prevalentemente il Canada a dover accettare le condizioni che pone l’Europa in un rapporto di libero scambio».