Speranza: la commissione sul Covid è un tribunale politico

Politica e Primo piano

Intervista a Il Corriere della Sera

di Adriana Logroscino

Roberto Speranza, ministro della Sanità lungo tutto il periodo pandemico, sia nel governo Conte II, sia nel governo Draghi, denuncia un «intento, tutto politico, inquietante» e respinge sdegnato l’accusa di voler coprire colpe del governo, chiedendo che la commissione parlamentare Covid si occupi anche dell’operato delle Regioni: «lo ho sempre pensato che chiunque abbia avuto responsabilità nella gestione di una vicenda così drammatica debba essere pronto a rendere conto. Ma questa commissione non cerca risposte, è un’operazione indegna. Il nostro Paese non la merita».

Onorevole Speranza, in Aula ha argomentato con toni duri: non voleva una commissione di inchiesta sul Covid?

«Al contrario. Noi volevamo una commissione seria che si desse il compito di analizzare quanto avvenuto a 360 gradi con l’obiettivo di essere più pronti ad affrontare un’emergenza del genere in futuro. Per esempio rafforzando il servizio sanitario nazionale, come io ho tentato di fare portando la spesa per la sanità oltre il 7% del pil. Questo governo appena arrivato l’ha riportata sotto quella soglia».

E la commissione che è stata votata non ha questo obiettivo?

«Affatto. Quella votata è un tribunale politico con fini strumentali: una clava per colpire gli avversari. E lo dimostrano due elementi concreti. Mentre noi avremmo voluto che affrontasse ogni aspetto della gestione dell’emergenza, la maggioranza ha scelto di escludere dal perimetro dell’iniziativa della commissione le Regioni che hanno funzioni costituzionali primarie e fondamentali sulla sanità. Abbiamo chiesto la ragione e la risposta è stata un imbarazzato silenzio».

Il secondo elemento?

«Questa commissione si è data il compito addirittura di verificare le procedure di Ema per l’approvazione dei vaccini. Vaccini che sono stati somministrati in oltre 13 miliardi di dosi nel mondo. Cioè si occuperanno di Conte, di Speranza, dell’Ema e poi di quello che è successo in Cina, ma non di ciò che è stato fatto a Milano, Roma o Palermo… Devo aggiungere altro?».

Aggiunga.

«Sarà singolare vedere parlamentari vagliare il lavoro di autorevoli scienziati a livello europeo sui vaccini. Chiaro che si vuole ancora accarezzare il pelo ai no vax. La scelta è politica. E miserabile».

Le sembra una ritorsione.

«Mi sembra abbiano gettato la maschera».

Dalla maggioranza sospettano che lei insista sull’indagare anche l’operato delle Regioni per coprire i suoi errori.

«Ci mancherebbe. Con le Regioni abbiamo lavorato fianco a fianco. E credo che dell’esperienza italiana, in un contesto difficilissimo, dobbiamo essere orgogliosi: il Paese ha retto. I risultati sono patrimonio non di un governo, ma dell’Italia tutta. Se però fai una commissione sul Covid ed escludi le Regioni, dimostri palesemente che il tuo unico obiettivo è colpire i tuoi avversari politici».

Lei, a posteriori, si rimprovera qualcosa delle decisioni prese durante il Covid?

«Io penso, in coscienza, che abbiamo fatto tutto il possibile per difendere il diritto alla salute delle persone, seguendo le evidenze della comunità scientifica che evolvevano giorno per giorno. E mi dispiace che questa commissione non abbia alcuna possibilità di portare verità alla luce. Getterà solo fango sul Paese. Che non lo merita. Papa Francesco, allora, in una piazza San Pietro drammaticamente vuota, ha detto: “Peggio di questa crisi c’è solo il rischio di sprecarla”. Pare che non abbiamo imparato la lezione».

In questi giorni si è riacceso lo scontro tra politica e toghe: sui casi Delmastro e Santanché, fonti di palazzo Chigi hanno parlato di magistrati che vogliono fare politica. Che ne pensa?

«Chi governa ha la responsabilità di non innescare mai questa dinamica di scontro tra politica e magistratura. Le affermazioni e i toni emersi da Palazzo Chigi sono gravi. Sono stato indagato anche io, sul Covid, prima che le ipotesi di reato venissero definite in sentenza “totalmente infondate”. Non è stato facile trovarsi sotto indagine. Ma, tanto più nel ruolo che ricopriamo, abbiamo il dovere di rispondere all’opinione pubblica e rispettare il lavoro dei magistrati. Ci si difende con gli argomenti non attaccando in modo sguaiato».