Scotto: priorità sanità e bollette. L’Agenda Draghi? Un’invenzione

Politica e Primo piano

Intervista a Il Tirreno

di Luca Gasperoni

“La lista dei democratici e progressisti è la grande novità politica delle prossime elezioni”. Lo afferma in un’intervista al Tirreno, il coordinatore nazionale di Articolo Uno, Arturo Scotto, candidato nel listino plurinominale 03 della Camera in Toscana. In queste elezioni punta a dare risalto, fra l’altro, a una «sinistra che nelle differenze si unisce e prova ad affrontare le grandi questioni del lavoro e della salute». E della sanità pubblica «in contrapposizione alla sanità “privata” che piace tanto al centrodestra».

Scotto, la sanità toscana nella percezione comune è peggiorata. Qual è la risposta al richiamo privato?

«Veniamo da 15 anni di tagli, la tendenza si è invertita quando Roberto Speranza è diventato ministro. Il fondo è passato da 114 miliardi di euro a 124 in due anni. Dobbiamo mantenere questo impianto ed evitare un ritorno alla stagione dei tagli lineari, con il tetto alle assunzioni e la carenza del personale generato anche da quota 100 (sui pensionamenti). Beni pubblici come la salute e la scuola devono essere accessibili a tutti. Invece la destra vuole un modello americano, una privatizzazione strisciante in cui ti curi solo se hai la carta di credito».

Il Covid non ha avuto grande spazio finora nella campagna elettorale. Per Speranza anche per merito della destra che strizza l’occhio ai no-vax.

«I cittadini hanno risposto bene ed è riemersa con forza anche una dimensione di solidarietà non scontata. Purtroppo la destra ha giocato con pregiudizio, superstizione e teorie antiscientifiche, negando l’esistenza della pandemia. O, peggio, combattendo mascherine, vaccini e restrizioni perché per loro il diritto a fare i soldi è più importante della salute dei cittadini».

Sul caro bollette come intervenire e soprattutto quando?

«Bisogna intervenire subito con un provvedimento, anche se il Governo è dimissionario questa è una situazione eccezionale. È una vergogna che le aziende che hanno fatto extraprofitti in questi mesi non restituiscano allo Stato i miliardi con cui si possono alleviare le sofferenze di imprese e famiglie. E poi serve il tetto nazionale sull’energia elettrica. La nostra proposta è un “contratto-luce sociale” che dimezzi le bollette per i ceti più deboli».

Sul tema del rigassificatore a Piombino qual è la sua posizione?

«Le grandi infrastrutture generano paura e timore sul territorio ma la politica non deve agire in maniera impositiva. Quando leggo Calenda che dice che servono i militari a presidiare l’impianto penso abbia preso qualche colpo di sole. Bisogna condividere progetti e prospettive con il territorio. La politica deve scegliere ma poi deve anche offrire risposte alle esigenze dei cittadini, in questo caso prevedere compensazioni adeguate».

La Toscana rossa si è sbiadita in linea con i dem o sono fenomeni separati?

«Rientra nelle tendenze populiste globali con la crescita di una destra che, come nel film “Don’t look up”, invita le persone a guardare in basso, a cedere alle peggiori pulsioni e a rinunciare ai diritti. La sinistra ha delle responsabilità perché ha immaginato per anni che il mercato avrebbe messo in ordine tutto, mentre serve un ruolo del pubblico. In Toscana c’è uno straordinario deposito di valori progressisti che alle elezioni verrà fuori».

L’agenda Draghi, al centro della proposta di Azione-Iv, che valore ha?

«L’agenda Draghi non esiste per sua stessa ammissione, si tratta di un metodo senza formula politica. Renzi e Calenda cercano una collocazione in un centro trasformista che alla fine favorirà solo la destra. Riguardo a Renzi vedo una campagna con troppe sgrammaticature: accusare il Pd di tendenze filosovietiche è ridicolo, soprattutto da chi in questi mesi ha elogiato il “rinascimento saudita”».

Il M5s sta risalendo nei sondaggi, adesso è la terza forza dopo le due coalizioni. C’è un rimpianto per non essere riusciti a coinvolgerla?

«Siamo la forza politica che ha lavorato di più nell’arare il campo comune piuttosto che coltivare l’orticello. Per noi abbattere il muro di incomunicabilità tra Pd e M5s era una precisa strategia politica e rivendichiamo la nostra esperienza insieme. Ma nel momento in cui Conte ha scelto di far cadere il Governo per risalire nei sondaggi sapeva sarebbe saltato l’accordo, scelta legittima, ma secondo me un errore politico».

In futuro c’è la possibilità di riannodare con il M5s oppure la rottura è insanabile?

«In politica “mai più” e “sempre” sono avverbi sbagliati. Oggi abbiamo una battaglia con la destra a cui il M5s si è sottratto, poi è chiaro che dal giorno dopo faremo tante battaglie comuni. Ci sono elementi su cui possono esserci convergenze, c’erano nella scorsa legislatura e ci saranno anche nella prossima».