Visco: la riforma del catasto, vincitori e vinti

Politica e Primo piano

Pubblicato su InPiù.net

di Vincenzo Visco

La guerra sul catasto sembra essersi conclusa, e ci si può chiedere quali sono stati i risultati della contesa. Ora, non c’è dubbio che sul piano politico (e anche ideologico-culturale) abbiano vinto le destre, la Confedilizia e soprattutto il suo (ex) Presidente Sforza Fogliani. Il governo infatti rinuncia ad un catasto in base ai valori patrimoniali di mercato su cui da molto tempo era impegnata l’amministrazione e verso cui si orientava anche il dibattito scientifico e accademico, dal momento che il mercato immobiliare funziona in base al valore per metro quadro e le imposte che si applicano agli immobili (Imu, Successione e Registro) sono imposte patrimoniali, per rimanere su un catasto reddituale da cui pervenire ai valori patrimoniali mediante un’operazione di capitalizzazione, come accade adesso. Questo obiettivo viene raggiunto in modo abbastanza pasticciato prevedendo la permanenza delle rendite attuali, di nuove rendite che ad esse si affiancano, ma anche il riferimento ai valori immobiliari ricavabili dall’Osservatorio sul mercato immobiliare (che opera su base patrimoniale) con una funzione sostanzialmente di “testimonianza”. Si tratta di una posizione di natura ideologica con cui la destra evita che venga formalmente stabilito che la base imponibile per l’imposizione immobiliare possa essere il patrimonio anziché il reddito. Una sorta di esorcismo e di messaggio autoconsolatorio, ma di forte appeal politico.

Dal canto suo, il governo può sostenere che comunque la riforma del catasto si farà, che le rendite verranno aggiornate e che le attuali disparità di trattamento verranno superate, e che quindi nella sostanza ha vinto lui. Dimenticando che in politica spesso la forma è sostanza. Tuttavia la scelta ha anche conseguenze economiche non trascurabili, dal momento che i valori reddituali (i fitti) sono relativamente più elevati per gli immobili di piccole dimensioni (e valore) rispetto agli altri, e che i valori patrimoniali incorporano progressivamente anche l’incremento di valore patrimoniale dei cespiti, cosa che gli affitti non fanno. Ne deriva un beneficio per i contribuenti più ricchi, che è poi l’obiettivo effettivamente perseguito. Naturalmente sia il Governo che le destre sono consapevoli che l’obiettivo reale della riforma, al di là delle rassicurazioni che vengono fornite, è quello di razionalizzare la tassazione immobiliare cambiando l’attuale distribuzione del prelievo (eventualmente anche aumentandola) e riportando a tassazione anche la casa di abitazione. Ma questi obiettivi vengono spostati su un futuro non prossimo e soprattutto incerto. Quello che comunque Sforza Fogliani e i suoi seguaci trascurano, è il fatto che se i valori patrimoniali sono stabiliti in base ad un tasso di capitalizzazione che può essere deciso dal Governo con un decreto in modo più o meno arbitrario (oggi, per esempio essi sono diversi per Imu, Registro e Successioni), la tutela dei contribuenti risulta molto più debole di quella che garantirebbe un catasto basato su valori patrimoniali trasparenti e non manipolabili a piacimento. Ancora più netto appare il cedimento del governo sul sistema duale che viene di fatto abbandonato, a favore del mantenimento del regime forfettario e della cedolarizzazione esistente per i redditi di capitale che si intendeva superare.