Speranza: Parigi dimostra che insieme si batte la destra

Politica e Primo piano

Intervista a la Repubblica

di Concetto Vecchio

Roberto Speranza, 43 anni, rieletto segretario di Articolo Uno, al congresso finito ieri a Roma ha citato Enrico Berlinguer, Norberto Bobbio, Alfredo Reichlin. «Ma l’assemblea era dedicata a Guglielmo Epifani che ci ha lasciati l’anno scorso».

Segretario, la vittoria di Macron è anche una buona notizia per la sinistra italiana?

«Intanto lo è per l’Italia e per l’Europa. Con Francia e Germania si potrà promuovere una nuova politica economica espansiva. Un nuovo Recovery».

Un nuovo Recovery?

«Un intervento che possa mitigare gli effetti del carovita. Sono molto preoccupato per i prossimi mesi. Le conseguenze della guerra rischiano di essere pesanti per le fasce più deboli e per il ceto medio».

Cosa propone?

«I costi energetici alti rischiano di mettere nei guai anche le aziende, che potrebbero perdere quote di mercato significative con perdite di posti di lavoro. Condivido perciò l’iniziativa di Draghi, condivisa da Macron, di un price cap energetico: una regolazione dei prezzi. E se necessario potremo toccare ancora gli extra profitti».

Cosa insegna il voto francese?

«Che contro il pericolo della destra bisogna unirsi. La vittoria di Le Pen avrebbe rappresentato un danno incalcolabile per l’Europa».

Però la sinistra non è arrivata al ballottaggio.

«Macron è stato ministro di Hollande, e il mio collega alla sanità, Olivier Véran, viene dal partito socialista. Le altre candidature di sinistra arrivano insieme al 30 per cento».

I voti di Mélenchon sono stati decisivi?

«Sicuramente sì. Gli elettori di Mélenchon hanno capito che al secondo turno bisognava evitare la vittoria della candidata di estrema destra».

Però Mélenchon è andato forte nei grandi centri, come avviene in Italia. Non è un limite?

«È la grande questione. La sinistra da troppo tempo rappresenta essenzialmente garantiti, ben istruiti, benestanti. È ora di rompere questo recinto».

Concretamente come?

«Con interventi che cambiano davvero la vita delle persone. Difesa della sanità e della scuola pubblica. Aumento dei salari più bassi. Disboscamento dei contratti precari».

La destra è stata più efficace?

«Sì, nell’uso delle parole d’ordine. Ma poi le politiche effettive messe in campo dalla destra – flat tax, privatizzazione dei servizi sanitari – vanno in una direzione opposta. Anche per questo noi possiamo recuperare il terreno perduto. Dobbiamo parlare a un giovane che non può pianificare la sua vita perché non sa se e quando gli rinnoveranno il contratto di lavoro».

Che farete? Tornate nel Pd?

«Al congresso Enrico Letta ha detto che la frattura del 2017, che poi portò alla scissione, è superata. Mi fa piacere. Ora il punto però è recuperare non la frattura tra noi ma quella con un pezzo largo dell’elettorato che ci ha voltato le spalle».

Che fare?

«Per prima cosa serve elaborare una forte agenda sociale. C’è una domanda di protezione a cui dare risposta, aiutando chi sta ai margini. Serve un partito popolare e socialista».

Vi autosciogliete? Tra un anno si vota.

«No. Articolo Uno lavora per costruire una sinistra più grande. Con questo spirito partecipiamo alle Agorà, che rappresentano un primo passo verso l’unità e verso il necessario cambiamento».

Lei ha parlato di un campo largo. Quanto largo?

«Dobbiamo tenere insieme centrosinistra e Cinquestelle, lanciando un nuovo progetto di Italia dei beni comuni».

Matteo Renzi non sembra il benvenuto.

«Ognuno va dove lo porta il cuore».

Massimo D’Alema è stato molto applaudito.

«Ci mancherebbe. Ha fatto un bellissimo intervento sulla politica estera. La nostra gente nutre molto affetto per lui».

Mario Draghi andrà da Zelensky. Con quale mandato?

«Draghi lavora per la pace. L’Italia ha storicamente sempre costituito ponti di dialogo. Oggi è doveroso sostenere l’Ucraina».

Ma Putin vuole la pace?

«Oggi direi di no. Ma la resistenza ucraina e la durezza delle sanzioni possono costringerlo a fermare l’escalation militare e riaprire le porte alla diplomazia. Il nostro obiettivo è la pace».

Anche il presidente dell’Anpi, Gianfranco Pagliarulo, ha preso molti applausi.

«Stiamo con l’Anpi perché 70 anni di storia a difesa del Paese non si cancellano per un comunicato sbagliato. Su un tema così delicato come quello della guerra è un errore dividere le forze democratiche».

La sinistra si è divisa da sola sull’invio delle armi.

«Ho indicato al congresso le ragioni della nostra decisione, che è stata sofferta».

Come gliel’ha spiegato?

«L’Ucraina si sta difendendo da un’aggressione inaccettabile. Sostenerla significa evitare la sua capitolazione e creare le condizioni perché possa aprirsi una vera trattativa per la pace. Oggi questo è il nostro obiettivo».

Maurizio Landini al congresso ha criticato aiuti militari e aumento dei fondi per la difesa e ha ricevuto un’ovazione.

«È tempo che l’Europa costruisca una comune difesa europea. La corsa nazionale al riarmo è un errore con conseguenze potenzialmente pericolose».

Lei dove sarà oggi?

«Al corteo di Milano. Il 25 aprile è la festa di tutti gli italiani».

Cosa non rifarebbe da ministro della Salute negli ultimi due anni?

«La mia linea è sempre stata la stessa. E non è cambiata neanche adesso: contro il Covid serve ancora prudenza».

Permarrà l’obbligo delle mascherine al chiuso?

«Decideremo la prossima settimana insieme ai nostri scienziati».