Guerra: sconcertante silenzio media sullo sciopero, il Paese va ascoltato

Politica e Primo piano

Intervista a Il Fatto quotidiano

di Carlo Di Foggia

Maria Cecilia Guerra (LeU), sottosegretaria al Tesoro, lei è stata la prima esponente di governo a non dirsi stupita per lo sciopero di Cgil e Uil. Non hanno peccato di lesa maestà?

Lo sciopero è un segnale forte che il governo deve ascoltare. Non capisco lo stupore né il fastidio verso un atto fisiologico di conflitto sociale. I sindacati rappresentano larghi strati della popolazione, chiedono attenzione su temi importanti e intercettano un malessere diffuso – precarietà, delocalizzazioni, disuguaglianze – che non nasce con la pandemia e sta crescendo.

Condivide le ragioni dello sciopero?

Le comprendo anche se non condivido la valutazione complessiva della manovra. Gli aspetti positivi superano quelli negativi: è espansiva, aumenta il welfare in molti campi, dai fondi per la sanità all’ampliamento del finanziamento del Reddito di cittadinanza all’intervento sulle bollette per le fasce più deboli. Su molti temi non dà risposte, ma la legge di Bilancio non può raddrizzare tutte le storture della società.

Sul Fisco il governo ha indirizzato il taglio delle tasse ai redditi medio-alti.

Personalmente non avrei ridotto l’Irap, avrei concentrato lo sforzo nel ridurre il cuneo fiscale con uno sgravio contributivo, come chiedevano i sindacati. Bisognava puntare all’equità del prelievo, invece ridurre gli scaglioni porta al rischio che il taglio si concentri sulle fasce medio-alte. Così non c’è un effetto redistributivo, ottenuto solo con la decontribuzione sotto i 35mila euro che però è temporanea. Cgil e Uil hanno ragione sul tema dell’evasione fiscale. Un vera riforma deve allargare la base imponibile e far pagare tutti allo stesso modo a parità di reddito. Qui risposte non sono state date.

La maggioranza ha respinto persino il rinvio di un anno del taglio delle tasse sui redditi oltre 75mila euro contro il caro bollette.

Non c’era alcuna ragione di ridurre le tasse a redditi di quella fascia. Draghi ci ha provato, eravamo d’accordo con Pd e 5Stelle, ma il centrodestra ha fatto muro.

I sindacati sono stati isolati. La grande stampa li ha prima attaccati e poi ignorato la manifestazione.

Ieri i giornali, tranne rarissime eccezioni, hanno aperto senza dare la notizia del primo sciopero generale da 7 anni. Prima che inaccettabile lo trovo sconcertante. Questa protesta segnala che serve un confronto vero con chi rappresenta il mondo del lavoro.

Landini ha detto che aumenta la distanza del “Palazzo della politica” dalla società.

Non condivido la generalizzazione, non siamo tutti uguali. La maggioranza comprende il centrodestra che ha visioni opposte su precarietà e disuguaglianze. Loro, per dire, reintrodurrebbero i voucher subito e ora spingono per un altro condono sulle cartelle fiscali.

Considerati anche il blocco dei licenziamenti e il decreto Delocalizzazioni sparito, la politica economica non è a destra?

Ripeto, il governo non è formato da una sola parte, non è di sinistra, ma ha mostrato sensibilità sociale sotto molti profili. Poi ci sono risposte non date e scelte a cui guardo con molta preoccupazione, come le norme sui servizi pubblici locali del disegno di legge sulla concorrenza.

I sindacati accusano il governo di non averli coinvolti né sulle pensioni né sul Fisco.

C’è un problema di metodo, non c’è stato dialogo vero, però il governo ha convocato il tavolo sulle pensioni nonostante lo sciopero. Lo trovo un atto di rispetto e attenzione, un segnale da cui ripartire.

Ma nessuno della sinistra di governo era in piazza.

Ci sono compiti diversi. Chi è al governo ha un altro ruolo ma il mio partito, Articolo Uno, ha detto chiaramente come la pensa sui temi sollevati dai sindacati.

Eppure gli attacchi sono stati molti.

È inaccettabile rifiutarsi di ascoltarli e accusarli di irresponsabilità. I soggetti intermedi sono fondamentali, i rapporti nel mondo del lavoro sono squilibrati a sfavore dei lavoratori, lo vediamo su salari e tutele sociali. Il conflitto che si esprime in una grande manifestazione sindacale è salutare, non c’è da averne paura.