Conte: il Recovery fund va usato per colmare il gap Nord-Sud

Politica e Primo piano

Intervista a Il Quotidiano del Sud

di Mi. In.

“C’è un regionalismo malato, c’è un’esigenza di un sistema sanitario che recuperi il rapporto con le persone. Il Sud? Oggi per quelle terre si presenta un’occasione storica”. Legge di Bilancio 2021, Recovery fund e Mezzogiorno: Federico Conte, deputato di Liberi e Uguali, ha le idee chiare sull’Italia che è e che verrà.

La pandemia è diventata anche un fenomeno sociale. Indietro non si torna, bisogna adeguarsi, adattarsi e riproporre nuovi modelli di comunità, di società…

La pandemia ha messo in crisi il sistema sanitario, impropriamente detto nazionale ma di fatto regionale, quindi diverso e diseguale. Il ministero della Salute, che era stato ridimensionato con la regionalizzazione della sanità, a fronte del Covid 19 si è riproposto, anche grazie all’interpretazione che ne ha dato Roberto Speranza, come un dicastero della società, del vivere in comune la propria e l’altrui salute. Occorre, ora, una riforma. che consolidi e regoli questa trasformazione, per il tempo dell’emergenza e per il domani. I fondi del Recovery da destinare alla sanità vanno quantificati e parametrati a questo obiettivo: il passaggio dall’emergenza all’organizzazione di un nuovo sistema che non riguarda solo la sanità ma il modo di produrre, consumare e vivere.

Secondo lei come va gestita questa enorme quantità di fondi dei piani europei?

A mio avviso è necessario che la enorme disponibilità finanziaria che verrà dai piani europei collegati e interconnessi non sia gestita separatamente su due linee diverse, quello del bilancio dello Stato e quello del Recovery plan, occorre una visione organica che è politica prima che organizzativa.

Da dove ripartire e come ripartire?

La prima scelta da fare è la definizione degli obiettivi che si intendono perseguire (salute, ambiente, digitale, uguaglianza, Mezzogiorno) e ad essi destinare risorse e progetti.

Il tutto non può essere affidato all’improvvisazione, è necessario ricorrere a grandi competenze per raggiungere gli obiettivi. 

È evidente che l’ideazione e l’elaborazione progettuale per realizzare gli obiettivi dati non possono prescindere dalle grandi competenze tecniche e da professionalità che nella nostra pubblica amministrazione mancano, come i fatti dimostrano impietosamente. E che è uno dei temi centrali del rilancio del nostro sistema paese.

Il modello Genova può essere preso in considerazione?

Ritengo che per la fase attuativa debba affermarsi il modello Genova, per realizzare il quale è indispensabile il supporto di strutture organizzative straordinarie, la cosiddetta task force, cui l’Italia ha fatto sempre ricorso, nel dopoguerra e dopo eventi straordinari come terremoti e alluvioni. Una scelta inevitabile, se si pensa che entro il 2023 l’Italia dovrà stanziare 135 miliardi (il 70% del totale, pari a 45 miliardi l’anno) e farsi approvare progetti per il restante 30%.

Quali sono i nodi da sciogliere per fare concretamente ripartire l’Italia e il Mezzogiorno?

A fini della prospettiva, i nodi da sciogliere compiutamente, coniugando bilancio dello Stato e Recovery fund, sono essenzialmente tre. Uno di carattere generale, che riguarda la necessità che l’Italia utilizzi la disponibilità di circa 209 miliardi con un piano organico di qualità e di efficienza che, medio tempore, sarà decisivo per superare la crisi e per delineare, a lungo termine, una prospettiva nuova per il Paese. La crisi pandemca sta ponendo problemi straordinari, extra sistemici e la risposta non può essere ordinaria, deve essere ispirata a un nuovo paradigma, un nuovo modello di redistribuzione della ricchezza che coniughi uguaglianza e libertà, una nuova visione della società. E due di carattere più specifico, che rappresentano due legature del Paese. Il primo riguarda la salute, il cui significato è stato profondamente trasformato dal Covid 19, tanto da determinare un cambiamento della governance politica del ministero della Salute che, di fatto, si è conformato, anche per l’interpretazione virtuosa che ne ha dato Speranza, come ministero della società, ovvero del vivere in comune. Un ruolo che dovrebbe essere disciplinato e stabilizzato con il Recovery fund. E il secondo riguarda il Sud, perché è principalmente per colmare il suo  divario dal resto dell’Italia che nel piano di ripresa e resilienza europeo ci sono stati assegnati 209 miliardi, la quota più significativa tra i paesi dell’Unione, per la cui quantificazione sono prevalsi parametri come il reddito pro capite, il tasso di disoccupazione, le diseguaglianze sociali, il tasso di coesione del Paese.

In questo scenario il Sud sembra non godere, nuovamente, di un ruolo di primo piano. 

Appare incoerente che il piano di utilizzo del Recovery fund, approvato dalla Camera nella seduta del 13 ottobre, nella quale si individua come prioritaria la  prospettiva di trasformare il Mezzogiorno in una grande piattaforma capace di rappresentare il vero “porto dell’Europa”, sia scomparso nella bozza del piano circolata in cui, nel generico capitolo “parità di genere, coesione sociale e territoriale”, troviamo un paragrafo finanziario del tutto inadeguato all’obiettivo dichiarato.

Nel Mezzogiorno le infrastrutture sono una missione strategica per una vera svolta. La deriva regionalista può essere un limite per la gestione delle risorse?

Gli investimenti nel Mezzogiorno non possono essere solo una posta del piano, peraltro del tutto inadeguata, né tantomeno ritenersi assorbiti dalle linee di intervento generali che riguardano la digitalizzazione e l’ambiente, che hanno carattere orizzontale e riguarderanno tutto il territorio nazionale, né soddisfatti dal finanziamento di opere già in corso, come ad esempio l’alta capacità ferroviaria Napoli-Bari, imprimendo alle risorse un carattere sostitutivo e non aggiuntivo, come si è finora fatto per i fondi strutturali europei con i risultati che conosciamo. E tanto meno può risolversi in un mero trasferimento di risorse alle singole regioni come enti di gestione, che ha rappresentato il limite e la causa della deriva regionalista, emersa prepotentemente durante la pandemia. L’infrastrutturazione del Mezzogiorno deve essere una missione strategica di un piano complessivo che coordini i fondi del bilancio europeo e del Recovery plan e quelli nazionali inseriti nella legge di bilancio.

Per il Sud oggi c’è un’occasione storica  da non sprecare…

Il Consiglio europeo del primo trimestre del 2021 si appresta  a varare un nuovo “Piano di vicinato meridionale”, che riconosce la centralità  del Mare Nostrum nella prospettiva socio economica del continente finora sbilanciata verso Est: un’occasione storica per il Sud, per l’Italia, per l’Europa.