Speranza: il Paese cresce solo se cresce il Mezzogiorno

Politica e Primo piano

Intervento su Il Quotidiano del Sud

di Roberto Speranza

Il titolo scelto dai sindacati confederali per la manifestazione di oggi a Reggio Calabria, “Ripartiamo dal Sud per unire il Paese”, non poteva essere più adatto. Sono anni che l’Italia e gli Italiani appaiono sempre più divisi su tutto e da tutto. Il nostro Paese ha subito un arretramento economico e sociale spaventoso dagli anni della crisi in poi. Purtroppo, in questi casi, sono le zone più fragili a pagare il prezzo più alto. E così è stato anche per la nostra penisola che ha perso, ricordiamolo, il 20% della sua produzione industriale. Siamo il paese con uno dei tassi più alti di disoccupazione giovanile, attorno al 32%, che nelle regioni del Sud tocca il 50%. Il Pil per abitante nel 2017 è risultato pari a 35,4mila euro nel Nord-ovest, a 34,3mila euro nel Nord-est e a 30,7mila euro nel Centro. Il differenziale negativo del Mezzogiorno è consistente: il livello del Pil pro capite si attesta a 18,5mila euro, inferiore del 45% rispetto a quello del Centro-Nord (del 44,1% nel 2016). Sono dati impressionanti. Il Sud torna ad emigrare verso Nord, con milioni di nostri concittadini costretti a lasciare le proprie città per cercare fortuna nelle regioni settentrionali; un fenomeno che si pensava relegato ad alcuni decenni fa. Un famoso statista austrico, Klemens Von Metternich, nel 1847 disse: “l’Italia è una mera nozione geografica”. Non vorremmo che una frase del genere, pronunciata però quando l’Italia si doveva ancora fare, fosse buona anche per l’oggi. Ecco perché questa manifestazione assume un valore ancora più importante. C’è bisogno di riscatto per le regioni meridionali. E la partecipazione dei lavoratori, dei giovani, delle donne rende questa meta più raggiungibile. Il governo finora non solo ha fatto poco, ma con una serie di provvedimenti sta mettendo a rischio la nostra unità politica e sociale. C’è bisogno di avvicinare i due poli non di fotografarne la distanza.

Il decreto Sanità Calabria, approvato in Parlamento, invece, svela già i limiti di quel regionalismo differenziato tanto caro alla Lega e a molte regioni del Nord. Altresì è figlio di una logica di continuismo e sostituismo di potere scevro dagli interessi dei cittadini calabresi che reclamano diritto alla salute. Su questa vicenda nei prossimi giorni avanzeremo una proposta che misurerà chi sta dalla parte dei cittadini e chi dalla parte della malasanità. Noi oggi siamo qui perché crediamo nella necessità di riunire questo Paese.

Unire il Paese che al suo primo articolo si dichiara fondato sul Lavoro. Il governo deve capire che i tanti Sud d’Europa si salvano se si rilanciano gli investimenti e si danno prospettive, futuro e speranza alle nuove generazioni.

Riconnettere il Paese vuol dire diritto alla mobilità. L’alta velocità è un diritto che spetta anche a tutto il Sud. Perciò occorre puntare sugli investimenti nella logistica, nei trasporti, nelle manifatture; da programmare in tutto il Paese. La lotta alla ndrangheta e alla corruzione devono diventare la vera priorità della politica; la sanità deve occuparsi del diritto alla salute di tutti. Per questi obiettivi occorrono classi dirigenti all’altezza delle sfide e dei compiti del tempo. Vanno messi in campo interventi a sostegno della tutela dell’ambiente e della forestazione, in un’ottica di cura e manutenzione del territorio contro i rischi del dissesto idrogeologico.

Oggi, infine, siamo in piazza per dire che il Paese cresce se cresce il Mezzogiorno, per dire no ad un progetto di autonomia differenziata che viola i principi costituzionali di sussidiarietà e solidarietà. Noi non ci rassegniamo, serve una grande stagione di politiche contro la precarietà, per il lavoro e la sua dignità, di investimenti per la crescita e infrastrutture per lo sviluppo. Noi di Articolo Uno siamo in piazza per dare supporto alle ragioni di questa manifestazione promossa dai sindacati e per dare sostegno alle lotte dei tanti giovani, lavoratori, pensionati e donne oggi presenti qui.