Tra le pagine chiare e le pagine scure, viaggio tra le parole di De Gregori

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C’è voluto il tempo suo però che godimento. Settecento pagine di full immersion nelle canzoni del Principe, che notoriamente non ce le canta mai alla stessa maniera. E quindi leggi ascolta riascolta rileggi. Ringrazi YouTube che ricorda e conserva e di nuovo ritorni tra le pagine tante dove qualcuno si è preso la briga di raccontarti il perché e il per come, com’è andata davvero, cosa c’è dietro davanti di lato.

Questo fa Enrico Deregibus in Francesco De Gregori. I testi. La storia delle canzoni, un volumone davvero prezioso recentemente pubblicato da Giunti, da leggere senza fretta, distillando le pagine, magari accompagnati da una ‘moviola’. Una cosa da tenere lì come un buon capitolo di enciclopedia musicale, da consultare agilmente ogni volta che ascoltando o sentendo en passant o canticchiando una canzone del Principe ti viene voglia di sapere qualcosa di più.

L’autore, di De Gregori, è quel che si dice un esperto. Già suo biografo nel 2015 con Mi puoi leggere fino a tardi, a sua volta riedizione aggiornata del precedente Quello che non so, lo so cantare, qui ripercorre l’intero repertorio dagli esordi fino a oggi. Il che significa mezzo secolo di canzoni, anzi, di testi delle canzoni perché è l’autore stesso a mettere le mani avanti: “I testi senza musica non sono canzoni”.

Certo. Però a forza di leggere e leggere ti viene la voglia. La voglia di andare di testo in testo a riascoltarle, quelle canzoni. Di cui si racconta la genesi e i tanti satelliti che ruotano intorno. I suoi ‘monumenti’, il suo Dylan e il suo De André, Lucio Dalla, Paolo Conte, Caterina Bueno, Giovanna Marini, Ron, Vasco, Zucchero e tanti altri ancora; i luoghi fisici della memoria e i luoghi spirituali di creazione; le madeleine (tante) che non sono solo ricordo ma sorgente di ispirazione, gli incontri felici, estemporanei o destinati a durare, i suoi musicisti, le storie piccole e grandi di complicità e amicizia, le fortunate coincidenze e le collaborazioni fruttuose. Insomma pezzi di tempo che si affacciano attraverso le quinte a far rivivere, con devozione, la carriera di uno degli artisti più riservati e amati.

Il risultato, quando hai tra le mani il libro con la sua immagine che occupa tutta la cover, mezzo profilo occhiali scuri e bocca pensante, è una specie di effetto Stendhal che si ripresenta nel momento in cui devi scegliere almeno da dove partire. Dall’inizio, dividendo i giochi con il Venditti di Theorius Campus o dalla fine, improvvisando un percorso a ritroso non senza capricci? Oppure è meglio fare un tuffo nel mezzo e poi nuotare un po’ avanti un po’ indietro, seguendo la corrente dei tuoi ricordi, disordinati e illogici, senza criterio se non quello fondato sulla passione curiosa ravvivata ogni volta che un nuovo album sta per uscire?

Difficile è trovare un bandolo per raccontare come si deve questo intreccio fittissimo di parole e di vita a cui invece il libro rende giustizia. Difficile suggerire un approccio al lettore. Se non di  procedere random e affidarsi a ricordi anche molto lontani che vengono a galla.

A dare una mano provvede l’indice degli incipit, che è una gran bella trovata. Se non fosse che il più delle volte cominci a canticchiarti tutta quanta la canzone o anche solo a lasciarla correre nella tua mente.

E se sei un lettore, ci sta. Se ti sei impegnato a raccontare ai lettori, dovresti invece una mossa.

D’altra parte chi vuoi che non raccolga la strofa ogni volta che sente ‘E qualcosa rimane’, ‘Alice guarda i gatti’, ‘Generale dietro la collina’, ‘Viva l’Italia’? Sì vabbè ma questo è repertorio, memoria collettiva. Persino emancipata dallo stesso De Gregori. Nello stesso alveo di  ‘Caro amico ti scrivo’, ‘Luci a San Siro’, ‘Non so che viso avesse’. D’accordo, però ci sono anche i malati di brutto, quelli che se sentono dire accidentalmente ‘Bene’ sono in grado di seguitare ‘se ci trovi anche dei fiori in questa storia: sono tuoi’. E di fronte a un certo ‘lui (che) vive ad Atlantide’ il pensiero va immediatamente a ‘quella ragazza di Roma la cui faccia ricorda il crollo di una diga’. Il crollo di una diga. Come dimenticare una faccia così. Come dimenticare uno che ‘se fosse Abele sarebbe Caino, antidoto senza veleno, alibi senza assassino’. Ma battute a parte, ci sono associazioni irresistibili, immagini così nitide, epiche, liriche, paradossali che ripercorse tutte insieme altro che crollo di una diga. E quando te le ritrovi sotto mano ecco che ti sorprendi a esibirti tra te e te o almeno a raccontarti che certa memoria è indistruttibile. Le cose imparate da giovani.

Al lettore suggerirei un approccio emotivo che si abbandoni a ricordi anche molto lontani. I primi concerti, le gite scolastiche, gli amori e i dolori, la chitarra suonata maluccio da autodidatti ispirati. Aprite il libro a caso, come i libri degli angeli, e lasciatevi navigare nella corrente. Sarà difficile uscire dall’acqua, e sarà bellissimo.

Del lavoro di Deregibus va invece ribadita la compiutezza che unisce aneddotica autografa e analisi critica, non solo propria: sono infatti molteplici le voci di artisti e intellettuali che si sono fatti sentire nel corso degli anni, qui riportate in nota. Per simpatia mi piace citare Roberto Vecchioni, il cui pensiero è ripreso più volte.

 

Francesco De Gregori. I testi, la storia delle canzoni. A cura di Enrico Deregibus, Giunti, 28 euro

Alessandra Bernocco

Giornalista, laureata in filosofia, ama scrivere e cucinare. Da sempre appassionata di teatro, ha insegnato storia del teatro e collaborato come critico a vari periodici tra cui Europa, L’Unità.tv, Multiversi, Dramma e Oltrecultura. Ha pubblicato Suite Bohémien (Robin) e Bip. Il rumore del tempo sospeso (Dialoghi) Si sfoga sul suo blog, Verba manent.