Sindaci metropolitani, un buco democratico dopo la riforma Delrio

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Dunque, pandemia permettendo, le rimandate elezioni locali si terranno nel prossimo autunno e saranno chiamati al voto gli elettori di importanti città e metropoli per decidere il futuro dei prossimi cinque anni.

Ancora una volta, la terza, nelle città metropolitane ai cittadini e alle cittadine che sono residenti nei comuni al di fuori del “capoluogo” è negato il diritto di voto e devono accettare un Sindaco metropolitano che sarà scelto solo da una parte, a volte minoritaria come nel caso di Milano, del corpo elettorale; è questo un vulnus creato dalla pessima riforma Delrio che ha abolito le province mandando nel caos interi, importanti, territori del nostro Paese che oggi si trova con istituzioni che non sono né carne  né pesce (i Consigli metropolitani) elette con elezioni di secondo grado dove il corpo elettorale è composto esclusivamente dai consiglieri comunali dell’area metropolitana e dove gli eletti sono dei dopolavoristi in quanto già impegnati come consiglieri nei propri comuni o addirittura come sindaci.

Se la prima volta si poteva anche capire che in via provvisoria il Sindaco del “capoluogo” diventasse Sindaco metropolitano, alla terza non si può non vedere un vero e proprio buco democratico che non può e non dovrebbe più essere tollerato, anche perché di fatto i Sindaci “metropolitani” molto difficilmente varcano i confini del proprio comune; questa cosa si chiama sospensione del suffragio universale.

Porre rimedio e regolamentare seriamente la questione dovrebbe essere all’ordine del giorno, dovrebbe…

In ogni caso in queste settimane si stanno decidendo le candidature e i programmi e come spesso accade alcune parole d’ordine diventano trasversali e tutti da destra a sinistra se ne riempiono la bocca con il risultato spesso di farle diventare solo slogan di fatto vuoti di contenuti concreti e soprattutto realizzabili e di prospettive sulle quali lavorare. Una di queste parole d’ordine è la “svolta green” di cui nessun candidato si priva salvo poi continuare a non riempirla di proposte reali e di andare avanti ad emanare delibere di consumo di suolo, di “stradificazione” continua, ovvero il costruire nuove strade ovunque facendo dell’asfalto la componente più presente nella nostra vita, magari poi però si disegnano strisce bianche su strade ad alto traffico e ci si mette la medaglietta delle piste ciclabili mentre in tutto il Paese continua un forsennato taglio di alberi in ogni città e in ogni paese da nord a sud.

Un’altra parola d’ordine, partita dal campo progressista, ma che si sta ahinoi trasversalizzando è quella della “città a quindici minuti”, ovvero della possibilità di avere servizi alla portata di tutti senza essere costretti ad un viaggio verso il “centro” delle città; è una parola d’ordine corretta e lungimirante che però richiede una visione assolutamente nuova delle città e dovrebbe portare a concezioni nuove lontane dal concetto del “portiamo alcuni servizi anche in periferia”; innanzitutto se si vuole davvero costruire una nuova concezione delle città il termine periferia non andrebbe mai utilizzato anche se non c’è candidato sindaco che non spergiuri che le ha a cuore.

La “città a quindici minuti” non può significare solo avere anche in quartieri “decentrati” servizi comunali, non può significare poter fare un certificato anagrafico senza doversi sorbire mezzora di tram o di metropolitana, deve voler dire che nella città sono diffusi i servizi di medicina del territorio, le scuole, le attività culturali, le biblioteche, i servizi alla persona, la cura e la cultura.

La moderna città, soprattutto nelle realtà davvero metropolitane non può che essere vissuta e costruita come realtà policentrica, come insieme che riesca a raccogliere e unire differenze e stimoli, come insieme di realtà, a volte anche apparentemente diverse che formano un insieme, senza andare in questa direzione continueranno ad esistere le periferie e gli hinterland e continueranno ad essere presenti le diseguaglianze. Le città moderne non si costruiscono con i boschi verticali, ma con la paziente cura per il progresso della dimensione orizzontale.

Giampaolo Pietra

Nato il 1/10/1955, fondatore di Articolo Uno a Sesto San Giovanni, membro della segreteria metropolitana di Milano. Membro del comitato di presidenza dell'Anpi cittadino.