Se la scuola insegna anche a diventare cittadini. Grazie ad Aldo Moro

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Tempo di maturità. Bene intesa: vale a dire una meta verso cui tendere, non già un approdo definitivo. In questi giorni, gli orali. Tra le novità, Cittadinanza e Costituzione. Recita il comma 10 dell’articolo 17, Prove d’esame, del decreto legislativo n. 62 del 13 aprile 2017: “Il colloquio accerta altresì le conoscenze e competenze maturate dal  candidato nell’ambito delle attività relative a Cittadinanza e Costituzione…”.

Non solo: la stessa valutazione del comportamento, dal punto di vista del rispetto delle regole, deve riferirsi “allo sviluppo delle competenze di cittadinanza” (così spiega sempre il decreto 62/2017).

Cittadinanza e Costituzione, da quest’anno, assume un ulteriore rilievo, non solo per il suo intrinseco valore, ovvero per l’attesa di una migliore formazione degli studenti nei principi della convivenza civile e dei comportamenti autonomi e responsabili, di cui, come sappiamo, c’è un grande bisogno; ma anche perché questo momento di verifica comporta un’esplicita programmazione, a cui ha dovuto attenersi ogni istituzione scolastica, nella secondaria superiore attraverso la Relazione del 15 maggio.

Sempre in ordine alla diffusione di un’idea di cittadinanza, nella scuola è bene ricordare il Regolamento sullo Statuto delle studentesse e degli studenti, emanato con il D.P.R. 24 giugno 1998, n. 249, nel quale trova espressione una rinnovata concezione dei rapporti tra studenti e comunità scolastica; aggiornato dal D.P.R. 21 novembre 2007, n. 235, e da ulteriori funzioni attribuite agli organi collegiali con l’introduzione del Patto educativo di corresponsabilità.

Linserimento di Cittadinanza e Costituzione nella “maturità” conferisce indubbiamente all’insegnamento un carattere di maggiore concretezza. Ma bisogna sapere che tale insegnamento, nella scuola italiana, esiste da più vent’anni, grazie al decreto legge 1° settembre 2008, n. 137, convertito dalla legge 30 ottobre 2008, n. 169, non senza un forte accento trasversale, impegnando, in tal modo, tutta la filiera dell’offerta formativa.

D’altra parte un’attenzione al tema risale ancora più indietro nel tempo, a oltre sessant’anni fa, grazie ad Aldo Moro, in qualità di ministro della Pubblica Istruzione, tra il 19 maggio 1957 e il 15 febbraio 1959, con il D.P.R. n. 585 del 13 giugno 1958.

Prima Educazione civica, poi Cittadinanza e Costituzione, ora di nuovo Educazione civica. Un pendolo, almeno sul piano lessicale. Solo che invece di riconoscere un debito che risale ad Aldo Moro, si tende ad accreditare lo schema della tabula rasa, come se l’innovazione non fosse il frutto di una tradizione, per cui tutto deve sempre ricominciare daccapo, per apparire come l’esito estemporaneo di una novità assoluta, senza radici.

In un mondo che tende a trascurare il fertile valore della memoria, è importante sapere che non si è mai all’anno zero. Neanche in questo caso. L’insegnamento esiste da più di sessant’anni, ha avuto sviluppi, nell’ultimo decennio, nei Piani dell’offerta formativa, diventati poi triennali, in qualche caso, da ultimo, anche facendo ricorso al potenziamento, senza clamori, con risultati non meno rilevanti.

Il segno lasciato da Aldo Moro è significativo proprio a favore di una disciplina che intendeva proporsi di avvicinare la scuola alla vita, alla sua dinamica sociale, tutelando il valore della convivenza, attraverso la Costituzione.

Sì, Educazione civica è stata una felice intuizione di Aldo Moro. Nella premessa, nel corpus della legge, alcune paginette illuminanti nelle quali si spiegava che: “Se l’educazione civica mira, dunque, a suscitare nel giovane un impulso morale, ad assecondare e promuovere la libera e solidale ascesa delle persone nella società, essa si giova, tuttavia, di un costante riferimento alla Costituzione della Repubblica, che rappresenta il culmine della nostra attuale esperienza storica, e nei cui principi fondamentali si esprimono i valori morali che integrano la trama spirituale della nostra civile convivenza”.

Sin da allora il tentativo di collegare Educazione civica non solo ma soprattutto allesperienza storica, come itinerario verso un più solido senso civico, nella trama spirituale della nostra civile convivenza, fondata sulla centralità della Costituzione.

Questo interesse per la competenza civica e civile è un acquisto per tutto il sistema scolastico italiano, arricchito dalle sollecitazioni europee: dapprima la Raccomandazione del 18 dicembre 2006, in riferimento alle Competenze sociali e civiche, poi la Raccomandazione del 22 maggio 2018, a proposito della Competenza in materia di cittadinanza.

Insomma, se il legislatore ritiene di rendere l’Educazione civica e/o alla cittadinanza un insegnamento meglio precisato, ampliando in tal modo il ventaglio delle discipline e stanziando le risorse necessarie per farlo, ciò, sotto il profilo didattico e occupazionale, è una buona cosa. Possibilmente evitando la settorializzazione di una competenza che non può che essere pluridisciplinare e mostrando, al contempo, coscienza della contraddizione tra il configurarsi di tale nuovo insegnamento nel curricolo nazionale e i rischi di una regionalizzazione differenziata del sistema scolastico.

Marco Macciantelli

Allievo di Luciano Anceschi, dottore di ricerca in Filosofia, già coordinatore della rivista “il verri”, agli studi e alla pubblicazione di alcuni libri ha unito l'impegno politico di amministratore pubblico.