Scuola, grave estromettere il Consiglio superiore della pubblica istruzione

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Ci auguriamo che la bozza che sta circolando del decreto legge di prossima emanazione sulla scuola venga profondamente modificata, altrimenti rappresenterebbe un gravissimo colpo alla dimensione partecipativa della nostra democrazia, già fragile.

Vi si legge che a decorrere dal giorno successivo alla sua entrata in vigore il ministro dell’istruzione non avrà più l’obbligo di sottoporre alcun atto al Cspi, Consiglio superiore della pubblica istruzione, e potrà prescindere dal richiedere il suo parere. In pratica si delibera la sua cancellazione per tutta la durata dell’emergenza.

È una scelta necessaria per velocizzare l’iter dei provvedimenti? No, perché è già prevista nello statuto del Consiglio la possibilità di richiedere la procedure d’urgenza, pratica peraltro già applicata nel passato molteplici volte, quasi sempre per tamponare ritardi nella stesura dei testi che impiegano mesi per attraversare tutti i corridoi ministeriali.

Il Consiglio ha più volte dato risposte, anche su provvedimenti complessi, nell’arco di dieci giorni. Non può certo essere questo il problema.

Allora quali conseguenze può avere una scelta del genere? Solo di affiancare all’emergenza sanitaria un’emergenza democratica che rischia di avere conseguenze nel tempo ancora più persistenti e gravi.

Il Cspi è il massimo organo collegiale del nostro sistema d’istruzione, non un mero organismo tecnico. Se si vanno a leggere i suoi pareri ci si accorge facilmente che, accanto all’analisi specifica dei testi sono sempre presenti suggerimenti e indicazioni sulla funzionalità dei provvedimenti rispetto ai bisogni reali della scuola.

Non potrebbe essere altrimenti, vista la sua composizione che vede una componente direttamente eletta nelle scuole di ogni ordine e grado e una paritetica di esperti nominati dal ministro: non esiste altro organismo che abbia formalizzato a livello istituzionale un tale confronto. Privarsi del suo contributo sarebbe gravissimo, anche a livello di efficacia dei provvedimenti.

Certo nel mese di marzo l’emergenza coronavirus ha messo in grave difficoltà il Consiglio superiore che aveva già tutte le bozze di pareri preparate per l’approvazione. La plenaria non ha raggiunto il numero legale per l’assenza di molti consiglieri provenienti da regioni già bloccate, ma non si può non segnalare che il supporto ministeriale garantito per far partecipare a distanza i consiglieri, nonostante fosse già chiaro che sarebbe stato un problema la presenza fisica di tutti, è stato inadeguato e sinceramente imbarazzante.

Chi doveva fornire tutte le strumentazioni e le istruzioni necessarie a consiglieri che per età ed percorsi professionali possono non essere esperti di connessioni se non il ministero stesso, sede peraltro designata delle adunanze?

Il sospetto che si sia voluto prendere la palla al balzo per attribuire al Consiglio la responsabilità del mancato parere, e giustificare così i “pieni poteri” è tanto forte quanto inquietante.

Per rimuovere il sospetto la Ministra Azzolina ha una strada molto semplice: tornare sui suoi passi e cambiare il decreto.

Giuseppe Bagni

Membro elettivo del Consiglio superiore della Pubblica istruzione. Ha scritto vari manuali, saggi e volumi sulla scuola tra cui con Rosalba Conserva, “Insegnare a chi non vuole imparare”.