Riformisti che non si salvano. I Giorni sbagliati di Jacopo Tondelli

| Cultura

“Devo scrivere a te per avere almeno un testimone libero e prossimo, che possa aiutarmi a rispondere all’unica domanda che conta: mi sono perso o, solamente, ho perso?”. Un romanzo che comincia come nei peggiori incubi della cronaca contemporanea, con un attentato di matrice islamica che trasforma in tragedia una delle tante maratone primaverili di Milano, il primo fatto del genere su territorio italiano; diventa il racconto intimo e crudele di una generazione di ragazzi prodigio di sinistra (anzi: della sinistra riformista, come probabilmente si definirebbero da bravi prodotti politici degli anni ’90) e corre verso un finale che è un affresco possibile sull’Italia di oggi, in cui tutto si spiega e al tempo stesso tutte le domande restano senza risposta.

“Compagno di scuola, compagno di niente, ti sei salvato dal fumo delle barricate”: non sono più i fragorosi anni Settanta quando era più facile distinguere giusto e sbagliato, e decidere cosa fare per resistere o sputtanarsi. Sono i “Giorni sbagliati” del primo romanzo di un brillante giornalista quarantenne, Jacopo Tondelli, cofondatore e direttore de Gli Stati generali, giornale online dalla forte impronta milanese. Un amaro racconto che Paolo Bonomelli, già parlamentare di carriera in corsa lanciata verso la segreteria del partito (inutile specificare quale), scrive dall’abisso in forma di lettera al suo “compagno di scuola” Alessio Piccoli, senza sapere se e come riuscirà a farglielo leggere.

Nessuno davvero si salva e nessuno è del tutto perduto in questa vicenda: non la politica, non l’amicizia, non il giornalismo, non l’Italia. Non fatevi illusioni su nessuno, non deponete le speranze su nessuno: fino all’ultima pagina. Un po’ come nella vita, anzi forse è proprio così che si diventa adulti: rinunciando a un po’ di speranza (sul partito, sul giornale di riferimento, sulla famiglia, sulla magistratura, sulla professione), perdendosi un po’ di vista, accontentandosi qualche volta, facendo qualche compromesso di troppo. Ma non smettendo in fondo, da qualche parte e forse senza ricordarselo sempre, di essere quello che si era, e di sapere cosa si voleva diventare.

Sono così i quarantenni di sinistra? Non tutti, forse. I migliori, probabilmente. Non c’è traccia nel romanzo di Tondelli della generazione rapace e disinvolta che ha sequestrato e brutalizzato le sorti della sinistra (riformista) in questo paese da un certo momento in poi. C’è quella che era forse la realtà di un attimo prima, il terreno fertile di quell’opa ostile: gente che ci aveva creduto, ma forse non abbastanza. Che ci aveva provato, ma forse ci era riuscita troppo facilmente. Che aveva avuto padri ed esempi, ma forse non abbastanza generosi ed esemplari. E poi c’è l’Italia, che è sempre la stessa che nei giorni dei padri e dei nonni. C’è sempre un mondo che è ancora tutto da cambiare, e c’è sempre quel bisogno di ragazzi di sinistra con la voglia, il cuore e la testa che servirebbero per farlo. Che forse ci sono ancora, ma la politica li ha persi: frase che è vera sia in un senso, che nell’altro.

Jacopo Tondelli, I Giorni sbagliati. Laurana editore, 16,80 euro

Chiara Geloni

Giornalista mai neutrale, per passione e per scelta. Onestà verso il lettore è dichiarare il proprio punto di vista. Dirige questo sito. Apuana.