Speranza: Lotti si dimetta e il governo vada avanti, sgomenta questa gestione del potere

Politica
Intervista a Roberto Speranza

La Repubblica

ROMA. Luca Lotti lasci l’incarico di ministro. E nessuno leghi la vicenda Consip alla stabilità del governo. Così sostiene Roberto Speranza, impegnato in queste settimane nella costruzione del movimento “Democratici e progressisti”.

Partiamo dal cuore del problema, Speranza: Lotti si deve dimettere?

“Per me si deve dimettere. Mi lasci fare una premessa, però”.

Dica.

“Di fronte alle vicende giudiziarie serve il massimo del garantismo e vale la presunzione d’innocenza, prevista dall’articolo 27 della Costituzione. Questa storia, però, sta scuotendo l’opinione pubblica. Esiste un tema di opportunità politica: la concentrazione enorme del potere in una ventina di chilometri, da Rignano a Firenze. È qualcosa che lascia sgomenti”.

Sostengono i renziani: se cade Lotti, cade il governo.

“Irricevibile, un errore. Bisogna distinguere i due destini, legarli è una follia. Una cosa è l’esecutivo, altro la vicenda di un singolo ministro. È sbagliato mettere in discussione il governo. Noi siamo contro l’avventura: Gentiloni deve andare avanti, naturalmente correggendo la rotta sulle politiche sociali”.

Senza un passo indietro di Lotti, voterete la mozione di sfiducia al ministro presentata dai grillini?

“Si riuniranno i gruppi e decideranno. Non mi convince l’idea di dare vento alle vele di chi su questa vicenda vuol fare solo propaganda. È un errore arrivare fino a quel punto. Ritengo che il problema vada risolto politicamente, non si può andare avanti scrollando le spalle o mettendo la testa sotto la sabbia”.

“Se papà è colpevole, pena doppia”: cosa ha pensato sentendo Renzi pronunciare queste parole?

“Delle pene nei processi si occupano i magistrati. Noi affrontiamo il dato politico: serve un segnale di rigore, per questo Lotti faccia un passo indietro”.

Lei indica Renzi come responsabile politico di questa concentrazione di potere. Considera conclusa la sua parabola politica?

“È stato creato un sistema di controllo troppo stretto, un Giglio magico con finestre chiuse: un errore storico di Renzi. Io comunque rivolgo la mia critica sulle scelte politiche fallimentari del renzismo”.

A cosa si riferisce?

“Alla buona scuola. Alla rottura con il mondo del lavoro, provocata dal jobs act. Ad alcune politiche fiscali sbagliate. Al referendum sulle trivelle, con quel drammatico “ciaone”. Scelte in continuità con una lettura sbagliata della globalizzazione. È un problema che non nasce oggi, ma risale a Blair e Clinton: abbiamo dato una interpretazione troppo ottimista di questo fenomeno epocale, dimenticando così i ceti medi e bassi”.

Un sondaggio di Diamanti vi accredita al 4,2%. Poco, non le pare? Segnala anche il sorpasso del M5S sul Pd. Divisi si perde?

“Intanto penso che il Pd sia sovrastimato in questi sondaggi, mentre noi ancora non possiamo essere valutati: esistiamo da una settimana, non abbiamo ancora un simbolo… E comunque, con la nascita di Mdp il centrosinistra cresce. E lo sa perché? Con il Pdr – il partito di Renzi – milioni di elettori sono finiti o finiranno nell’astensionismo, oppure voteranno forze sovraniste e populiste. Ma se noi saremo capaci di costruire una forza di centrosinistra larga – non certo una “cosa rossa” – saremo un argine a questa deriva”.

In futuro tornerete alleati del Pd?

“Per me il Pd non è il nemico. Non c’è solo Renzi, ma una comunità politica straordinaria. Auspico che ci sia un futuro di dialogo. Ma in questo momento il Pd corrisponde al Pdr”.

Avreste potuto candidarvi per sfidare il segretario uscente. Ora potreste comunque votare Orlando o Emiliano, per favorire un riavvicinamento.

“Noi siamo andati via perché si è trasformato il congresso in un plebiscito del capo. E comunque, pensi ai candidati in campo: Renzi, un ex ministro del suo governo sempre in linea con lui, un ex renziano… Non può più essere questo il terreno di azione”.

Lei sta guidando il Mdp. A proposito, pensa sempre che la leadership del partito e il candidato premier non debbano coincidere?

“Sono sempre di questa opinione”.