Maggioranza nel caos, Gotor: “una slavina prodotta dall’arroganza di Renzi”

Politica
Intervista a Miguel Gotor

Monica Rubino, La Repubblica

ROMA – “Il Pd dice che siamo un’inedita ammucchiata? Si vede proprio che hanno nostalgia di Verdini”. Miguel Gotor, senatore Mpd, respinge con sarcasmo al mittente le accuse di tradimento rivolte al suo partito dai democratici, dopo l’elezione di Salvatore Torrisi a presidente della commissione Affari Costituzionali della Camera. E afferma perentorio: “I miei due colleghi in commissione hanno votato entrambi per il candidato Pd Giorgio Pagliari, non hanno tradito la maggioranza”.

Allora il Pd i traditori ce li ha in casa, come ha detto anche Pier Luigi Bersani?

“La matematica non è un’opinione. A Pagliari, persona che conosco e stimo, sono mancati cinque voti. Dunque il Pd, prima di alzare inutili polveroni che sono un prodotto della frustrazione, guardi a casa sua e consideri anche il fatto che è sotto congresso e con una vivace dialettica fra le correnti. Trovo sbagliato che i democratici scarichino sull’esterno delle questioni e dei problemi che, fino a prova contraria, potrebbero trovarsi proprio al loro interno”.

Quindi il problema è politico?

“Indubbiamente c’è stato un crollo della maggioranza. Questa è una slavina prodotta dall’arroganza di Renzi e dalla dialettica interna al Pd. Non gli è mancato un solo voto, come la volta in cui fallirono l’elezione del loro candidato in commissione Trasporti. Quindi invece di fare la caccia al traditore, facciamo la caccia alla buona politica. Qui c’è una lezione da trarre”.

E sarebbe?

“Su materie di carattere istituzionale, come la legge elettorale che stabilisce le regole del gioco per tutte le forze del Parlamento, non è possibile proseguire a spallate, con colpi di mano. Serve un bagno di umiltà e un po’ più di realismo: il tempo della presunta onnipotenza è finito la sera del 4 dicembre”.

Che ne pensa dell’incontro dei vertici del Pd con Paolo Gentiloni?

“La visita al premier di Matteo Orfini e Lorenzo Guerini rivela un vizio di origine e di grammatica democratica. La legge elettorale non è pertinenza di un governo ma del Parlamento. E non si può imporre con la fiducia come avvenuto con l’Italicum. Evidentemente il frontale politico e costituzionale fatto con l’Italicum non ha insegnato nulla”.

Ritiene che sulla legge elettorale il Pd stia prendendo tempo?

“Senza dubbio i democratici stanno facendo melina in attesa della conclusione del congresso e alla Camera stanno impedendo di fissare un testo base realistico”.

Il Pd vi accusa di aver fatto asse con il fronte dei “proporzionalisti puri”. Qual è vostra posizione sulla legge elettorale?

“Stiamo ai principi di fondo, quelli già presenti nella proposta presentata da alcuni di noi nel luglio 2016, quando eravamo ancora nel Pd. Anzitutto bisogna rispondere all’esigenza del Capo dello Stato di armonizzare due monconi contrastanti di leggi elettorali consegnati dalla Consulta in due momenti diversi”.

Ce li spieghi meglio.

“Per prima cosa diciamo no ai capilista bloccati: vanno aboliti per recuperare un rapporto fra cittadini e istituzioni sul versante della rappresentanza. Poi vogliamo collegi medio-piccoli per avere candidati riconoscibili. Ora abbiamo collegi molto grandi alla Camera e abnormi al Senato, per di più con le preferenze. Senza finanziamento pubblico significa mettere i nuovi parlamentari in mano ai finanziatori privati che li sostengono, accentuando una deriva plutocratica della democrazia italiana, o peggio nelle grinfie della criminalità organizzata. Infine è necessario mantenere un incentivo alla governabilità per evitare l’eccesso di frammentazione di un quadro esclusivamente proporzionale”.

Che cosa intende per “incentivo alla governabilità”?

“Un premio a chi vince, ma contenuto, non potenzialmente sproporzionato come nell’Italicum”.

Nel complesso siete su una linea comune anche ad altre forze di opposizione.

“Siamo vicini a una linea di saggezza e di responsabilità nazionale. Ricordo che noi non votammo la fiducia sull’Italicum e Roberto Speranza si dimise da capogruppo del Pd alla Camera. Già allora stavamo dalla parte giusta come ha dimostrato la Consulta. Altri invece, che continuano a stare col ditino alzato, erano dalla parte sbagliata. Questo ci dà credibilità”.

A proposito di programmi per il futuro. Ieri avete firmato il contratto di affitto della nuova sede nazionale di Mdp?

“Sì, è in via Zanardelli, tra il Museo Napoleonico e Castel Sant’Angelo, a due passi dal Senato. Almeno i luoghi direi che suggeriscono che abbiamo qualche ambizione”.