Intervista a Il Corriere di Bologna
di Sara Forni
Il Governo è pronto ad aprire un tavolo nazionale sul caso che ha coinvolto decine di lavoratori del magazzino Logista/Metra. Se dal tavolo regionale e metropolitano non arriveranno soluzioni “si potrà aprire un tavolo nazionale. Ma non ce lo auguriamo perché significherebbe che questa crisi assumerebbe una veste ancora più drammatica”. Parola di Maria Cecilia Guerra, sottosegretaria al ministero dell’Economia, che garantisce che il Governo è pronto ad intervenire su casi come questo e simili.
Si augura che tutto possa risolversi a livello locale?
“Il Governo può agire sul caso specifico in un secondo momento. Fa la differenza il fatto che questo sia accaduto in Emilia-Romagna, una regione in cui istituzioni e parti sociali hanno siglato un importantissimo Patto del lavoro che non ammette licenziamenti unilaterali, e che si sia quindi attivato immediatamente il Tavolo di Salvaguardia metropolitano”.
Cosa ne pensa dei licenziamenti, seppur informali, comunicati via WhatsApp?
“Al di là del fatto che il licenziamento sia stato o non sia stato formalizzato con un WhatsApp, siamo davanti a una decisione unilaterale e imprevista che coinvolge più di 80 lavoratori. E’ una situazione gravissima al di là del fatto che sia stata comunicata per un sms, per mail o con una carezza…”.
Quali fragilità mostra questo episodio?
“Questo episodio segue quelli analoghi di altre multinazionali e ci deve far riflettere su questi lavoratori considerati come merce usa e getta. Se lo sblocco dei licenziamenti potrà solo peggiorare la situazione, il problema è in realtà più serio e legato a due elementi”.
Quali?
“Prima di tutto, l’azienda Logista per sua dichiarazione ha detto di voler ambire e raggiungere ulteriori profitti sfruttando l’innovazione tecnologica e in effetti l’impresa ha fatto degli investimenti in tecnologie più avanzate in altri stabilimenti, investimenti che si traducono in una minore necessità di impiegare forza lavoro. Dobbiamo allora chiederci, verso quale innovazione tecnologica stiamo andando? C’è un cambiamento tecnologico molto ampio e profondo, che avrà conseguenze sulle possibilità e sulla qualità del lavoro, a cui non possiamo pensare di rispondere solo con una, pur doverosa, maggiore formazione dei lavoratori, per favorirne la ricollocazione”.
Il secondo tema invece?
“L’altro elemento, ancora più inquietante, è l’ipotesi che l’azienda possa avere deciso di spostare l’attività di Bologna perché lì, in quella sede, i lavoratori avevano contratti regolari, in linea con le norme nazionali del settore. Quindi si creano e si incentivano condizioni di lavoro dove invece i contratti non sono rispettati”.
Come ci si può difendere?
“In generale, per ora, non ci sono grandi strumenti normativi di difesa sul primo tema, perché la libertà di chiudere un’azienda è uno strumento riconosciuto all’imprenditore. Sicuramente, nell’ambito del Pnrr è bene impostare delle azioni di programmazione territoriale per uno sviluppo industriale che tenga conto anche degli effetti di queste trasformazioni”.
E sul rispetto del contratto nazionale?
“Su questo è da tempo che come Articolo Uno, insieme a Liberi e uguali, ci battiamo per fare in modo che si possa arrivare ad una legge sulla rappresentanza per essere sicuri che i contratti collettivi siano firmati e accompagnati dai sindacati più rappresentativi in materia, per garantire ai lavoratori le giuste tutele”.