Parole e non solo: qualche riflessione per rigenerare la sinistra

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Proprio sul finire di questa calda e, per più aspetti, tormentata estate serve una riflessione che, come acqua di sorgente, possa donare nuova energia alla cultura politica della sinistra. Così da essere rigenerati, rinunciando sia pure a qualche convinzione o pregiudizio, per tornare nuovamente a riflettere su questioni fondamentali che troppo a lungo abbiamo dato per scontate. Infatti, dal linguaggio e dell’uso che ne facciamo deriva il modo di intendere il mondo e la possibilità di trasformarlo; ora più che mai è utile un’accurata ristrutturazione di alcune parole fondamentali.

Stimolando così un ripensamento della cultura politica a sinistra, più ambizioso e accurato degli assemblaggi con finalità esclusivamente elettorali, per recuperare quanto ogni giorno, consapevolmente o meno, viene perduto. Partendo dall’assunto che tutto ciò che esiste si modifica, ed è destinato a divenire qualcosa di più, se non vuole degenerare in qualcosa di meno.

Dobbiamo sempre più tornare a parlare con le persone per evitare di richiuderci dentro uno spazio angusto e autoreferenziale. E anche, guardare in un’altra direzione, distante dalle politiche che producono crescente disuguaglianza, per costruire una società che si sviluppi nell’uguaglianza, nella sicurezza sociale, nel coinvolgimento di tutti, e che non consenta gli incredibili livelli di povertà e diseguaglianza che stanno diventando sempre più diffusamente intollerabili.

La sinistra è il campo dove far germogliare il cambiamento. Quindi, bisogna aver chiaro cosa bisogna coltivare con dedizione: l’uguaglianza contro le diseguaglianze, i diritti contro i privilegi, la giustizia contro le ingiustizie, la libertà contro ogni forma di autoritarismo, la pace contro la guerra, l’ambiente contro la sua riduzione (diretta o indiretta) a semplice merce, il welfare contro la sua trasformazione in mercato, i beni comuni contro le privatizzazioni. Alcune di queste posizioni chiamano in causa anche la dimensione locale, il territorio, come principale volano della democrazia e delle politiche: così da configurare una nuova nervatura orizzontale della politica in opposizione ai processi di verticalizzazione. L’opinione pubblica, infatti, non si governa con ruggiti di opinione personale, ma con strutture e strategie ben articolate. Alcuni temi tradizionali, indubbiamente, vanno accuratamente aggiornati e adeguati avendo come fine una società che punti al benessere condiviso, alla giustizia per tutti, e per evitare il paradigma sfrenato del controllo e della guerra per garantire solo i privilegi dei pochi.

Consapevoli peraltro che la nostra identità primaria è ecologica, dobbiamo saper coltivare e trasmettere la responsabilità verso il luogo particolare da cui proveniamo e, insieme, la consapevolezza di essere parte di un’umanità comune, che condivide lo stesso pianeta.

Coerenza, chiarezza, storia, comprensione, identità. Questi alcuni suggerimenti per un pensiero strategico e di prospettiva, che consenta di fare politica rappresentando una parte ma avendo a cuore gli interessi generali. Poiché le parole sono veicoli del pensiero e strumenti di azione è necessario infondere fiducia mediante la nostra politica e impegnarsi sempre più a cambiare il modo in cui facciamo le cose per cambiare il nostro Paese. Anche mediante una politica che sia più gentile, più inclusiva, verso una società più premurosa e cordiale.

Che fare, allora? Soprattutto di fronte alla crescita diffusa dei movimenti cosiddetti populisti, xenofobi e nazionalisti che oggi sembrano prefigurare la soluzione più efficace alle trasformazioni. Non negando che: la globalizzazione non controllata, le guerre, i flussi migratori, le trasformazioni del lavoro provocano paura e insicurezza; proprio per questo il compito della sinistra dovrebbe essere di trasformare anche le molteplici paure in una spinta verso il cambiamento positivo. Questo implica anche la capacità di farsi capire e di trovare una sorta di legame sentimentale con le profonde speranze delle persone e le loro intense aspirazioni. Riscoprendo, così, un modo di parlare diretto e onesto. Avendo come bussola l’uguaglianza che è a fondamento della nostra Costituzione (articolo 3) e dovrebbe caratterizzare ogni proposta e progetto: strutturando ogni ambito – economico, sociale, politico e giuridico – della nostra convivenza civile.

Diamoci da fare, pertanto, per riportare i valori nella politica. Tornando a riempire di significati puntuali quelle parole che sono diventate opache visioni lessicali. Non soltanto parole parole tra noi… ma lottando, in prospettiva, anche in nome di un’Europa sociale, di un’Europa dell’unità e della solidarietà. Ritrovando il consenso e la condivisione di quelle persone che avvertono fortemente la necessità di liberare se stesse e il Paese dalle persistenti ingiustizie  e dalle continue lacerazioni e cui porta l’attuale assetto della società. Concludo con le parole di Berlinguer che nel 1975 affermava che: «Non vi sono facili scorciatoie, ne serve alcuna fuga dalla realtà. Ma non è certo il tempo, non è mai il tempo per rinunciare alla lotta, per chiudersi nel proprio particolare. È più che mai il tempo invece per riprendere fiducia e coraggio, per impiegare l’una e l’altro razionalmente, usando le armi della conoscenza storica e scientifica e lottando in modo organizzato».

Fosco Taccini

Pensatore innovativo e lettore onnivoro (a volte con sottofondo rock), scrive per riflettere in profondità e con creatività. Adora immergersi nella natura e nella politica per osservare e comprendere con attenzione ogni dettaglio. Social, grafica. Responsabile Cultura di Articolo Uno Umbria.