Chiuso lo spoglio, per quanto riguarda il referendum confermativo della legge costituzionale che prevede il taglio del numero dei parlamentari il compito della politica è ora mettere mano con attenzione, ma con solerzia, ad una riforma complessiva che tuteli la rappresentanza e il funzionamento delle camere legislative.
E’ un compito che la politica avrebbe avuto come assolutamente irrimandabile tanto se avesse vinto, come è stato, il sì, tanto se avesse vinto il no.
Archiviare il referendum e mettere mano ad una riforma organica deve anche voler dire chiudere una volta per tutte la stagione dei tentativi, nella maggioranza dei casi non riusciti, di portare modifiche pasticciate e parziali alla Costituzione, di aprire un fase di necessaria revisione del ruolo delle camere e del loro funzionamento, di attenta tutela della rappresentanza tanto rispetto ai territori quanto rispetto alle forze politiche presenti nel Paese.
Il referendum, impossibile negarlo, consegna al Paese un orizzonte di rappresentanza mutilata in particolare per quanto riguarda il Senato dove stando così le cose se si votasse domani ci sarebbero regioni fortemente penalizzate e forze politiche impossibilitate ad accedere agli scranni di Palazzo Madama con una soglia di sbarramento che viene di fatto fissata attorno al 15% dei voti espressi.
Il referendum consegna al Paese un divario tra eletto ed elettore che senza un ragionato ridisegno dei collegi elettorali sia per la Camera che, soprattutto, per il Senato rende davvero mutilata la rappresentanza territoriale.
I tanti no che sono stati depositati nelle urne del referendum avevano questa preoccupazione, il timore di una brutta riforma parziale che nella sua rappresentazione ha più che altro puntato sui benefici di un irrisorio risparmio solleticando la pancia dell’ “anticasta” e sono stati in larga parte dei no assolutamente sinceri, dei no che si ponevano e pongono ancora una domanda: perché non si è arrivati prima, come del resto era negli accordi, ad una riforma complessiva evitando uno scenario davvero pericoloso e infausto si dovesse votare domani?
Il compito della politica dovrebbe anche essere quello di saper esercitare la lungimiranza, di prevedere gli scenari, di evitare di lasciare il Paese sull’orlo di un baratro; questo non è stato e oggi o si tira su le maniche, davvero, o il rischio è la vittoria prima che politica culturale del populismo più privo di cognizioni democratiche.
La democrazia è qualcosa di prezioso e di molto fragile, se si rompe è difficile trovare la colla che la ripara, ed è a volte difficile ritrovarne tutti i frammenti.