Mrt. Wolf? No, grazie: i governi non si commissariano

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Sono i giorni del riposo forzato. L’Italia è ferma ed è giusto così. Va apprezzata l’onestà intellettuale di un Governo che ha assunto misure drastiche, sapendo di essere impopolare.
E sapendo di dover fare i conti con un’architettura istituzionale complessa, dove il concorso nelle decisioni riguarda lo Stato centrale, le regioni, gli enti locali.

Altri Governi europei invece appaiono più morbidi, prevalentemente impegnati ad assecondare gli umori mutevoli dell’opinione pubblica. Guardiamo a Germania e Francia, innanzitutto, le belle addormentate del Covid-19.

L’Italia paga un prezzo anche a questa Europa, che nemmeno in questo passaggio drammatico riesce ad essere gigante politico. Ma stringere i denti: limitare socialità e mobilità non significa che lo Stato di eccezione di questi giorni si trasforma in Stato commissariato.

Le decisioni le prende il Governo eletto dal Parlamento, non un leviatano unto dal signore, l’oggetto del desiderio evocato in queste ore da fuori e da dentro la maggioranza dalle destre di ogni ordine e grado, da un pezzo del sistema economico che vuole che il conto lo paghi sempre e solo il lavoro e da una parte rilevante della stampa che ha bisogno come il pane di riempire pagine di retroscena.

La verità è che il paese si ferma, ma un pezzo di politica si muove, cimentandosi con la logica del più uno dall’inizio di questa crisi. Prima minimizzando, ora chiedendo pieni poteri nelle mani di qualcuno. Ovviamente altro rispetto all’attuale compagine di governo. Qualcuno – per fortuna costretto a restare a casa come la maggioranza degli italiani – evidentemente ha rivisto in maniera compulsiva su Netflix “Pulp Fiction” con un memorabile Harvey Keitel che si presenta come “sono Wolf, risolvo problemi”, magari adattandola nella versione italiana a qualche vecchia cariatide protagonista di esperienze fallimentari della storia recente.

Sempre gli stessi nomi quelli che, scampati alla rottamazione della politica o della magistratura, a volte ritornano. Magari per mano dei rottamatori stessi.

Una cosa è gestire l’emergenza, altra cosa è approfittare dell’emergenza per imporre un altro modello di comando istituzionale. Chi in questi giorni sta proponendo questa formula, dovrebbe avere il coraggio di dirlo apertamente. Se il Coronavirus è la chiave per superare Conte e la maggioranza giallorossa meglio che si esca allo scoperto con una proposta, non con un’intervista. Non basta agitare una escalation narrativa che gioca con l’inevitabilità del contagio delle borse, l’emotività delle fughe di massa dalle zone rosse e magari con le drammatiche immagini delle rivolte carcerarie. Tutti ingredienti perfetti per chi dall’anticamera del potere ambisce finalmente a salire o a ritornare sulla tolda di comando.

Dove non sono arrivati i numeri parlamentari rischiano di arrivare le manovre, gli allarmismi, i sabotaggi. La Costituzione non prevede il ricorso alla democrazia surrettizia. I governi non si commissariano.

Arturo Scotto

Nato a Torre del Greco il 15 maggio 1978, militante e dirigente della Sinistra giovanile e dei Ds dal 1992, non aderisce al Pd e partecipa alla costruzione di Sinistra democratica; eletto la prima volta alla Camera a 27 anni nel 2006 con l'Ulivo, ex capogruppo di Sel alla Camera, cofondatore di Articolo Uno di cui è coordinatore politico nazionale. Laureato in Scienze politiche, ha tre figli.