Il “Macron italiano” e le stralunate narrazioni dei leader copia-incolla

| L_Antonio

Era inevitabile. Prima o poi qualcuno avrebbe invocato un Macron italiano. Confalonieri, per dire, dopo l’intervento in Confindustria del ministro Calenda ha detto: “Complimenti. Abbiamo il nostro Macron”. Non meravigliamoci. In fondo siamo in linea con una tradizione fittissima, che ha già invocato un Obama bianco, uno Zapatero de noantri, un Sanders o un Corbyn italiani, e su altre sponde un Renzi di centrodestra, oppure un Berlusconi di sinistra. Ricordo persino, anni or sono, chi ritenne di individuare il Kennedy italiano! Qui a Roma, d’altronde, aspettiamo da decenni un Petroselli del 2000. Poteva mancare, quindi, il Macron italico? No, non poteva, era solo questione di giorni. Laddove, poi, non si adotti un rozzo copia-incolla, i meccanismi si fanno più sfumati e subliminali, non imitazione ma contiguità fisica. Ricordate le cinque camicie bianche stese sul palco di una Festa dell’Unità tempo or sono? I cinque leader europei di centrosinistra messi uno in fila all’altro come cinque tenori? Anche lì, anche in quel caso, assistemmo a un tentativo di ‘riproducibilità tecnica’ à la Benjamin. Presa una camicia ne riproduci cinque. Ne prendi uno, ne copi quanti vuoi. Ma il tentativo non andò benissimo.

Noi definiremmo questo fenomeno: ‘serializzazione dei leader’. Che non è solo una specie di copia-incolla umano, ma una tendenza della politica contemporanea. Quella di riprodurre il modello senza più alcuna considerazione dei limiti geopolitici e nazionali. Una specie di ‘globalizzazione’ dei leader, per la quale dato uno, purché vincente!, si tenta di riprodurne altri a immagine e somiglianza, come tante copie ‘tecniche’. Nella speranza che la cosa funzioni sempre e ovunque. Ovviamente eludendo i caratteri tipici della politica nazionale, il contesto locale, i caratteri storico-sociali, e dunque l’originalità di questo o quel Paese. Come se la politica fosse solo fatta di ceto politico e leader carismatici sospesi nel vuoto, e tutto il resto non andasse nemmeno considerato. Un fenomeno non solo ‘politico’. Pensate alle grandi metropoli internazionali: gli stessi architetti costruiscono le stesse cose ovunque, serializzando gli skyline. Risultato: non ti ci raccapezzi e non sai più dove sei. E così: l’ondata ‘seriale’ avanza, ma poi scopri che è la storia e la sua gelosa custodia che fanno ancora la differenza.

Si diffonde, in sostanza, una concezione della politica dove si immagina un leader copia-incollato. Ma incollato a cosa? A quale cultura politica, a quale ‘base’, a quale partito, a quale schieramento parlamentare? Capisco che si tratti di semplificazioni politico-giornalistiche. Dire Macron italiano è tanto per capirsi, è come dire: un leader che non sia espressione di partiti, ma galleggi ‘tecnicamente’ sulle istituzioni e si riferisca a strati sociali ‘vincenti’. Fateci caso, tuttavia, non si semplifica mai così, tanto per semplificare. Lo si fa anche per ‘imporre’ questa semplificazione, magari dall’alto, a una società riottosa e molto articolata, assediata da ‘perdenti’ e magari dilaniata dalla crisi. Nulla accade a caso, nemmeno l’invocazione di un modello da Oltralpe. Anche perché si cerca solo di ‘vincere’, si cerca solo il successo elettorale, e quindi una vittoria rapida, sicura, dall’oggi al domani. Una bella e veloce scorciatoia. E cosa c’è di meglio di un vincente da imitare, di un vincente che faccia da modello, anzi da ‘stampino’? Il difetto di questo ragionamento è nella convinzione che un leader sia tutto e che basti serializzarlo ‘tecnicamente’ per cavare il ragno dal buco. Ma non è così, non funziona così, lo sappiamo tutti che la cosa è un po’ più complicata che ‘narrare’ di un ‘Macron italiano’ (o svizzero o turco o andaluso). Restando vittime, persino, delle proprie stralunate narrazioni.

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Alfredo Morganti Giorgio Piccarreta

Alfredo Morganti è da sempre appassionato di politica e di sinistra. Ama scrivere. Suona la batteria. Da qualche tempo si è scoperto poeta. Giorgio Piccarreta è funzionario del Comune di Roma. Coltiva orti, letture, l’amore e, fin da piccolo, la passione per la politica. Di sinistra.