La polizia è dei cittadini. Gabrielli dica a Salvini di togliersi quella divisa

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Ci vorrebbe un sussulto. Una protesta cortese, eppure scritta, solenne, formale. Mi accontenterei persino di un tweet. Tanto ormai butta così. Ma assistere ogni giorno a un Ministro degli Interni che va in giro per l’Italia – e adesso persino all’estero – con le insegne delle forze dell’ordine comincia a far emergere qualche cattivo pensiero.

Chi dirige il Viminale non è il Capo della Polizia, ha un’altra funzione. Per quello esistono i concorsi pubblici: vieni nominato dal Governo se sei stato almeno un Prefetto o un Questore. E, a mia memoria, non si è mai visto un Capo della Polizia circolare con la divisa. Eppure in questo disgraziato paese continua a farlo ripetutamente chi non è titolato.

Dubito che Salvini abbia difficoltà economiche a  permettersi una giacca calda, un montgomery casual, persino un loden un po’ montiano. E non credo nemmeno che sia un problema di gusto estetico. Almeno spero. Penso invece che dietro ci sia un preciso messaggio propagandistico. Cari poliziotti, cari vigili del fuoco, cari finanzieri: io sono uno di voi, io sono tra di voi, io sono come voi. Ma questo è falso.

Si tratta di una maldestra operazione demagogica che fa leva su un presunto corporativismo delle articolazioni del nostro stato democratico. Un Ministro non pattuglia le strade, non arresta i criminali, non fa indagini, non spegne un incendio. Un Ministro ha il compito di governare, proporre le leggi, coordinare la macchina civile dello Stato. Un Ministro è espressione di una maggioranza di parte, ottiene la fiducia in Parlamento, ma non da tutto il Parlamento. La divisa appartiene invece ai cittadini italiani nella loro interezza, perché chi si occupa di sicurezza protegge tutti noi.

Dunque, qualcuno che appartiene a quel mondo dica chiaramente a Salvini che il giubbotto se lo deve togliere. Che non è uno di loro. È un eletto del popolo che soltanto temporaneamente avrà a che fare con loro. Parli il Capo della Polizia Gabrielli – dopo le prese di posizione di alcuni sindacati – con l’autorevolezza che tutti gli riconoscono. Dica chiaramente che quelle che possono apparire “carnevalate”, non sono consentite in un paese che ha una storia difficile come la nostra. Dove troppe volte si sono imbrogliati i fili quando gli avventurieri hanno confuso il ruolo di governo con il bastone del comando.

Arturo Scotto

Nato a Torre del Greco il 15 maggio 1978, militante e dirigente della Sinistra giovanile e dei Ds dal 1992, non aderisce al Pd e partecipa alla costruzione di Sinistra democratica; eletto la prima volta alla Camera a 27 anni nel 2006 con l'Ulivo, ex capogruppo di Sel alla Camera, cofondatore di Articolo Uno di cui è coordinatore politico nazionale. Laureato in Scienze politiche, ha tre figli.