La straordinaria “scorta civile” che ha accompagnato Liliana Segre, stringendosi attorno a lei a Milano, è un segnale forte e bello.
Oltre seicento sindaci in rappresentanza delle proprie città e dei propri paesi, centinaia di cittadini partiti dalla vicina piazza Mercanti hanno accolto sotto la Galleria Liliana e l’hanno accompagnata in piazza della Scala, scorta democratica alla memoria e al monito, presidio vivente della volontà di sconfiggere l’odio, di ristabilire valori condivisi di pace e convivenza.
Una bellissima pagina, che unita alle piazze che si riempiono una dopo l’altra in queste settimane in tutto il Paese dà il segno di un’Italia che non è fatta solo di intolleranza e di chiusura, un’Italia che chiede di riprendere un cammino di democrazia, di crescita civile quale condizione indispensabile per il miglioramento delle condizioni quotidiane di vita, di lavoro, di studio.
Oggi Liliana Segre è divenuta un simbolo e un’icona delle aspirazione di larga parte di cittadine e cittadini e il fatto che in prima fila finalmente ci siano ragazze e ragazzi, gli stessi che il venerdì scendono in strada per rivendicare la necessità di invertire il rapporto con il pianeta che ci ospita, è un segnale che dà speranza e che deve spronare la politica a dare le risposte che in questi giorni le piazze piene chiedono, con i loro silenzi, i loro canti e la loro presenza.
Liliana Segre è una signora che camminando in punta di piedi riesce a far udire la sua voce gentile ma ferma, una voce che indica il futuro raccontando un passato oscuro tragicamente vissuto in prima persona; il suo racconto non è uno sguardo all’indietro, è un luminoso guardare il futuro che dobbiamo costruire ricacciando i rigurgiti pesanti che oggi risalgono dalle viscere della parte più tetra della storia dell’umanità.
Non facciamo di Liliana, come lei stessa giustamente chiede, una bandiera contesa tra mani che la vogliono innalzare e mani che la vogliono strappare, non facciamone strumento di guerra perché è uno strumento di pace, una pace che va seminata, coltivata e accudita, lasciamo che continui, in punta di piedi come sempre, a far sentire la sua voce e accompagniamo e soprattutto comprendiamo il suo racconto lieve e forte al tempo stesso, doloroso, ma sereno.
Liliana Segre non vuole essere una torcia, piuttosto una fiammella, non vuole essere torrente impetuoso, ma sorgente dove ognuno di noi possa attingere anche solo una goccia per contribuire a costruire un grande mare, oggi non va portata sugli scudi, ma rispettata e ascoltata, coperta calda per il freddo di questi tempi e insieme orizzonte indicato da costruire.
Oggi Liliana Segre è nostra madre, nostra sorella, nostra figlia, nostra compagna alla quale si deve rispetto e deferenza, oggi, eccezione in una laica Repubblica democratica è la nostra “principessa”, espressione unica nel senso più alto, di nobiltà.
Facciamone tesoro.