Impensabile Inps, lo Spid e il cartone (e lo stipendio di Tridico non c’entra)

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Ricordo bene il presidente Conte giustificare INPS per i ritardi nell’erogazione degli aiuti: “In due mesi è stato fatto il lavoro di cinque anni!”. Capisco il surplus di lavoro di quei mesi. E comprendo anche l’iperbole di Conte. Iperbole per iperbole mi sia concesso il commento che allora feci: “Sfido chiunque a fare in due mesi il lavoro di cinque anni. Non è che nella routine della normalità si faccia pochino?!”.

Non mi arruolo nella folta schiera dei detrattori a prescindere, e sul sito dell’INPS trovo un’interessante presentazione del contact center dell’INPS: “La prossimità, l’ascolto e lo snellimento delle procedure per l’erogazione dei servizi al cittadino diventano sempre più prioritari per enti nazionali come l’INPS, sempre più spesso accusato di essere nient’altro che vecchi dinosauri burocratici, lenti e inefficienti…”. Benissimo! Ma quanto c’è di vero? È proprio così?

Ancora una volta evito di allinearmi con le facili critiche non sempre giustificate e provo a guardarci dentro, anche perché qualche intoppo l’ho incontrato. Capita che una stagionale del turismo, una delle categorie più colpite, riceva il bonus da 600 euro di marzo e aprile, ma niente 1.000 euro a maggio. Perché? Tre telefonate, tre risposte: “Tranquilla signora, tutto a posto, abbia solo un po’ di pazienza”, “Non posso darle queste informazioni senza tutti i riferimenti”, “Lei ha un contratto di lavoro a maggio”, “ma io non ho nessun contratto a maggio!” “faccia ricorso!”.

Certo che si ricorre, sperando che i tempi non siano scaduti. Ancora una volta: perché tre risposte diverse? Perché informazioni errate? Perché un errore non viene risolto senza dover confidare in un ricorso di cui chissà se e quando sapremo qualcosa?

Capita che due soci della stessa ditta percepiscano l’indennità di marzo e aprile, il terzo no. Come mai? Impossibile prendere la linea per i primi mesi. Vabbè si può anche capire, erano i due mesi in cui c’era da fare il lavoro di cinque anni. Finalmente il contatto, anche se ormai è agosto. Il gentile funzionario riferisce di un errore nell’IBAN. Come rimediare? Semplice, basta inviare una mail all’indirizzo “riesamebonus60…”. Fatto! “Indirizzo non trovato”, la risposta che segue. Ci sarà un errore. Nuova chiamata e immediata risposta: “Non si può comunicare con una mail, occorre entrare con lo SPID nel sito e compilare l’apposita pagina”. Resa incondizionata, meglio passare il tutto al patronato che ha fatto la domanda. Perché due risposte così diverse a poche ore di distanza?

Scopro casualmente la possibilità di un appuntamento alla locale sede INPS. Serve un documento riguardo la pensione percepita da una persona residente all’estero deceduta lo scorso dicembre. Dopo innumerevoli telefonate a vuoto si scopre l’esistenza di un numero per le chiamate dall’estero. In effetti la telefonata da Ginevra riceve risposta immediata e l’appuntamento è fissato per l’indomani! Il problema potrebbe risolversi, sempre che il PIN generato al momento funzioni per i tre giorni che ci separano dal mese di ottobre quando occorrerà (secondo l’informazione data, contraria a quella indicata sul sito) accedere al nuovo SPID.

L’accesso agli uffici, chiusi da sei mesi, è però di una tristezza infinita: uffici deserti, il solo funzionario dell’appuntamento dietro a una barriera di plexiglass che non trovi nemmeno in ospedale… Disarmante l’ingresso, ovviamente chiuso, presidiato da una guardia giurata che agli ignari utenti indica una scatola di cartone: “Metta lì la richiesta, qualcuno la chiamerà!”.

Gli strumenti tecnologici per avere risposte ci sono, sta scritto nel comunicato INPS. Piccoli disguidi, percentualmente irrilevanti. Ma non è irrilevante non ricevere i 1.000 euro che ti spettano perché hai perso il lavoro. Disavventure evidentemente diffuse se persino Tito Boeri si è visto richiedere dall’Agenzia delle Entrate un pagamento di 30.000 euro che l’istituto aveva dimenticato di versare al proprio presidente. Saranno i soliti strumenti informatici.

In questo desolante panorama, in attesa che uno SPID ci identifichi con più precisione di tessere sanitarie, codici fiscali, carte d’identità elettroniche, passaporti, IBAN, password, impronte digitali… la telenovela dell’aumento di stipendio a Tridico. Giusto? Meritato? Con o senza arretrati? Deciso da chi? Non mi interessa lo stipendio di Tridico, vorrei solo che INPS funzionasse, e mi chiedo come mai la famosa busta arancione che mi avrebbe dovuto informare su tempi e ammontare della mia prossima pensione senza ricorrere ai soliti strumenti informatici non sia mai arrivata. Magari metto la domanda nella scatola di cartone all’ingresso. Forse qualcuno mi risponde.

Diego Brignoli

Diego Brignoli 60 anni artigiano di Verbania. Ex parecchio: Consigliere Comunale dal 1999. Presidente Consorzio Servizi Sociali. Consigliere Provinciale. Coordinatore mozione Bersani alle primarie. Perde le primarie per sindaco di Verbania (la vincitrice è oggi Sindaco PD). Capolista elezioni amministrative, risulta il più votato. Presidente Consiglio Comunale. Si dimette da Consiglio e PD nel 2015. Segue Articolo Uno da prima che nascesse: era a Roma all’incontro al Frentani nel dicembre 2016. Non si perde nessun incontro successivo benché Roma sia lontana. Coordinatore verbanese di ArticoloUNo. Candidato all’uninominale ottiene un buon ancorché inutile risultato personale soprattutto in città (5,18). Non si arrende.