Il tasso di occupazione dei neodiplomati, in età compresa tra i 20 e i 34 anni, in Europa all’80,2%; in Italia al 55,2%. La Strategia “Europa 2020” – Consiglio Europeo del 17 giugno 2010 – ha fissato l’asticella degli abbandoni scolastici al 10%; l’Italia è tuttora sopra il 14%. Vantiamo un triste primato per numero di ELET (Early Leaving from Education and Training) o NEET (Not in Education, Employment or Training), giovani inattivi nella fascia di età 15-29 anni che non studiano, non si formano, non lavorano. Sono 2.116.000, il 23,4%; in Europa circa la metà, il 12,9%. Con queste cifre l’Italia si colloca al primo posto, seguita da Grecia (19,5%), Bulgaria (18,1%), Romania (17%) e Croazia (15,6%). Non senza una certa tendenza all’abbandono dell’Italia. Nell’ultimo decennio sino a circa 180.000 giovani laureati. Cala l’immigrazione, permane l’emigrazione.
Nel 2016 la spesa pubblica per l’istruzione, sia in rapporto al PIL (3,9% rispetto alla media UE del 4,7%), sia alla spesa pubblica complessiva (7,9% Italia; 10,2% UE), tra le più basse dell’Unione Europea. Secondo il rapporto Istat 2018, notevole la disparità tra regioni, scuole, classi, maschi e femmine, un fenomeno strettamente connesso alle condizioni socio-economiche familiari e a una strutturale diseguaglianza.
Tutto questo prima della pandemia. Bisogna non solo evitare che, a causa dell’emergenza indotta dal Covid-19, questi dati si aggravino; bisogna correggere, senza improvvisazioni, con un progetto serio, strategico, di lungo periodo, le distorsioni che contribuiscono a determinare questa situazione.
Scuole al lavoro
Una precisazione. La scuola non ha chiuso. Ha potuto proseguire il suo impegno grazie a due risorse: il lavoro agile e la didattica a distanza. Cosa sarebbe stato del diritto all’apprendimento di oltre 8,5 milioni di alunni, per non dire del milione di docenti e degli oltre 100.000 ATA, se non vi fossero state queste risorse? Non senza un duplice effetto scialuppa: se ti ritrovi su una nave che sta affondando in un mare in tempesta, è saggio utilizzarla, magari evitando di denigrarla.
Attenzione agli invisibili
Certo, tra mille limiti, specie per le difficoltà degli alunni di minore età e per l’esigenza di porre tutti in equivalenti condizioni di connessione. La didattica a distanza comporta attenzioni, come del resto quella in presenza, per evitare che a distanza siano tenuti gli alunni più bisognosi e fragili, deprivati, meno integrati, marginali, creando, così, nuovi invisibili. Mai dimenticare il bene più prezioso, il fattore umano. La scuola non è un algoritmo, ma un organismo, un ecosistema, che va incessantemente accudito, anche a distanza, specie a distanza.
Teste bene fatte, non teste piene
È stato fondamentale creare un clima, una socialità, una relazione, provarci e riprovarci, non sul piano informatico, su quello formativo. Non si tratta solo di digitare tasti, ma anche di accendere una curiosità. Tenendo a mente l’esortazione di Edgar Morin, sulla scia di Michel de Montaigne: teste ben fatte, non teste piene.
Raccogliere l’appello
L’appello e la mobilitazione dei genitori di questo fine settimana con tante manifestazioni, da Torino a Firenze, da Cagliari a Bologna e Milano, meritano ascolto. Autonomia non significa autosufficienza, ma relazione con il contesto sociale a partire dagli studenti e dalle loro famiglie. Non si tratta solo di riprendere lo spirito degli organi collegiali di quasi cinquant’anni fa, ma di immaginare le nuove forme di partecipazione per i prossimi cinquant’anni.
Molti documenti
Stanno uscendo molti documenti. Sugli esami di Stato tra Ministero e OO.SS., giustamente, o anche tra Ministero e Croce Rossa. Per le misure di contenimento del contagio, quello dell’INAIL, del Comitato Tecnico Scientifico, dell’ANQUAP. Poi i Protocolli per la salvaguardia di salute e sicurezza. Il rischio è la ridondanza, come già è accaduto, sul piano normativo, per la moltiplicazione di Decreti-Legge e DPCM e a seguire le ordinanze regionali e poi quelle comunali, comuni non capoluogo compresi. Oltre un certo limite non si può invocare la semplificazione senza praticarla. È auspicabile un indirizzo del Ministero dell’Istruzione con linee-guida esplicative e chiare.
Preparare il 1° settembre
Le scuole riapriranno il primo settembre: domattina. Non c’è un istante da perdere. Alcune tra le questioni da considerare.
Sulla base dell’emergenza Covid-19, potenziare i team digitali in ogni scuola mettendo insieme Animatore digitale, RPD (Responsabile per la Protezione dei Dati), dove c’è il responsabile del sito e gli Assistenti tecnici, dopo la saggia decisione di portare anche nelle scuole del primo ciclo 1.000 Assistenti tecnici (a seguito del comma 4 dell’articolo 120 del Decreto-Legge 18 del 17 marzo 2020), per i quali è necessario superare quel “limitatamente all’anno scolastico 2019/2020”.
Contestualmente, rafforzare il team per la salute e la sicurezza: RSPP (Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione), Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS), Medico Competente (MC).
È bene che i due team battano pari, sono due strumenti fondamentali in questa fase. Salute, sicurezza e competenza digitale i tre aspetti sui quali la scuola, alla luce della pandemia, può attrezzarsi meglio.
Là dove ci sono progetti pronti di manutenzione ordinaria o straordinaria, specie se collegati al risparmio energetico, alla transizione ecologica, all’infrastrutturazione informatica, al potenziamento del connubio salute-sicurezza, bisogna procedere speditamente e aprire i cantieri, sviluppando una collaborazione con gli Enti locali, Comuni, Province o Città Metropolitane. Per la crescita e per il benessere delle nostre scuole. Non farlo sarebbe un imperdonabile spreco di tempo, energie, aspettative. Le scuole del prossimo anno scolastico devono essere ancora più ospitali di quelle precedenti.
Si annuncia una crisi delicata. Le previsioni danno l’Italia con una riduzione del PIL 2020 tra il 9 e il 10%, il rapporto deficit/PIL al 20%, un calo dell’occupazione superiore al 6% e una perdita del reddito disponibile complessivo di oltre il 10%, con l’apertura di una questione sociale preoccupante.
Tra gli interventi considerati dal governo per promuovere la ripresa, dai bonus per bici e monopattini alle vacanze low cost, tutte cose ottime, forse sarebbe il caso di dedicare una sensibilità ulteriore all’esigenza di uno stanziamento, non particolarmente oneroso, qualitativamente significativo, per sussidi didattici, specie se in formato digitale, a favore di quelle famiglie che il prossimo anno scolastico faranno fatica a garantire l’acquisto dei libri di testo adottati in questo anno scolastico, prima e dopo l’ordinanza n. 17 del 22 maggio.
L’accordo raggiunto domenica notte sulla procedura concorsuale per i docenti merita ulteriori precisazioni; stando a quanto si è appreso, tutto sommato, risulta equilibrato, visti i tempi proibitivi da ora al 1° settembre, in un passaggio ancora segnato dalla pandemia. Potrà avere un tempo congruo per essere espletata senza quiz. Piuttosto bisogna vigilare attentamente sul regolare avvio del nuovo anno scolastico. In ogni caso, anche qui, non c’è un minuto da perdere.
Portare a termine rapidamente il corcorso per DSGA, figura indispensabile nelle scuole affinché vincitrici e vincitori entrino in ruolo puntualmente dal 1° settembre, anche se probabilmente non basteranno.
Per i dirigenti scolastici, l’INPS deve fornire tutti i dati relativi ai pensionamenti, in modo da definire con precisione il quadro dell’organico e delle sedi vacanti. Quindi occorre mettere mano ad una sequenza ordinata, nelle modalità e nella tempistica, tra mobilità interregionale, mobilità regionale, scorrimento della graduatoria di merito, dai vincitori agli idonei, in relazione al numero dei posti realmente a disposizione. Il prossimo non può essere un altro anno di reggenze.
Infine i dirigenti tecnici: il Ministero lo scorso anno è stato autorizzato a bandire un concorso per l’assunzione da gennaio 2021 di 59 dirigenti tecnici e, dal 2023, di ulteriori 87 dirigenti tecnici.
Un grande piano di piccole opere
Un messaggio sbagliato è che la scuola sia un pezzo del welfare familiare. Gli insegnanti non sono badanti. La scuola deve tornare alla didattica in presenza semplicemente perché è giusto. Per il diritto all’apprendimento degli studenti. E per questo serve, sì, un grande piano, ma di piccole opere. Con radici nelle comunità. Partendo concretamente dalla logistica degli spazi a disposizione, dalle planimetrie, spiegandole su un tavolo e verificando cosa si può fare e dove e quando, per il rispetto delle regole, nell’aula di quella scuola dell’infanzia, di quell’istituto comprensivo, di quella secondaria superiore.
L’autonomia come risorsa organizzativa
Le soluzioni dall’alto sono destinate a creare illusioni e quindi disillusioni. Il problema va affrontato scuola per scuola e tra reti di scuole. La task force insediata dal Ministero – sui cui orientamenti circolano indiscrezioni sulle quali è opportuno attendere atti formali – concluderà il suo lavoro entro il 31 luglio, ma le scuole, se vogliono essere pronte il 1° settembre, devono lavorare soprattutto nel mese di luglio. A giugno ci sono gli esami di Stato. Agosto può essere utile per la realizzazione di quanto impostato, per le verifiche, per gli aggiustamenti. Saranno comunque benvenute idee e proposte, ma poi è nelle scuole che occorre trovare le soluzioni, condividerle con le famiglie, gli Enti locali, la RSU (rappresentanza sindacale unitaria), le OO.SS. provinciali. Una chiave, ancora una volta, è nell’autonomia scolastica, nella concertazione, nella partecipazione, nella condivisione. Karl Weick, diventato famoso per la teoria dei legami deboli nella scuola, ha spiegato che: “La superiorità di una mente collettiva rispetto a una pluralità di menti individuali sta nella capacità di affrontare eventi inattesi con molta maggiore efficacia”.
Poche regole chiare
Il distanziamento fisico, i dispositivi di protezione individuale, il rispetto delle norme igieniche, gli ingressi scaglionati, la didattica integrata. Non solo informazione, con avvisi negli spazi appropriati, anche educazione alla salute, nell’ambito del nuovo insegnamento di Educazione civica, introdotta con la legge 91 del 20 agosto 2019, che dovrebbe entrare in vigore proprio da settembre.
Desiderio di ricominciare
Si dice che la mancanza di qualcosa ne accentui il desiderio. Pare che sia così anche per la scuola. Considerata come costrizione, noia, perdita di tempo e trasformatasi, a causa del lockdown, in un oggetto del desiderio. Ho una convinzione: serviranno risorse, tante. Impegni, convinti. Tutto necessario, non sufficiente. Occorrerà altro, qualcosa di più immateriale. Per esempio, quella voglia degli studenti. Quella voglia di tornare, di nuovo, ad esserci. Quella voglia sarà determinante per ripartire col piede giusto. Il tema non è la disputa tra didattica in presenza o didattica a distanza: ma quale didattica possa essere davvero attrattiva e stimolante, al servizio del successo scolastico e formativo di ogni studente. Specie dopo questa emergenza, la scuola deve diventare, ancor più di quanto non lo sia stata in precedenza, la casa, accogliente, di ciascuno di loro.