Il Pnrr, il Mezzogiorno e il dibattito sulla scuola nelle Agorà democratiche

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A gennaio, insieme con amici e compagni di varie città d’Italia, in accordo con il nostro Dipartimento Nazionale Scuola Università Ricerca, abbiamo organizzato una Agorà (nell’ambito appunto del percorso delle Agorà democratiche) sui temi propri del Dipartimento. Le 5 proposte scaturite da tale discussione sono state pubblicate e aspettano il sostegno di tutti quanti voi, interessati e consapevoli, vogliano contribuire al “successo” di queste proposte. (Scuola, Università, Ricerca, settori strategici per lo sviluppo; Università. Diritto allo studio; Scuola. Retribuzioni (adeguamento stipendiale); Scuola. Radicale revisione dell’Invalsi; Scuola. Inclusione)

Un’altra agorà, organizzata da altri amici e compagni in prevalenza casertani, a partire dai temi dell’Istruzione, ha toccato il tema del Pnrr e del suo “dispiegamento” nel Mezzogiorno per ridurre il gap scolastico ed educativo che attualmente esiste tra Sud e Nord d’Italia.

Ebbene, l’ascolto di queste due discussioni mi ha spinto ad alcune riflessioni

 

Il tema della cosiddetta “istruzione differenziata”, intrecciata con il Pnrr e la questione meridionale, è sicuramente un argomento di estrema attualità ed importanza. Non a caso molti sono d’accordo nel ritenere l’istruzione (scuola e università), insieme con la ricerca, settori strategici di sviluppo del Paese, che non si può permettere che i divari su questi aspetti tra vari territori si accrescano (o si creino) specie adesso, per “colpa” del regionalismo differenziato, e degli ingenti investimenti del Next Generation EU, che noi decliniamo con il nostro Pnrr. Autorevoli esponenti, anche del Pd, hanno affermato, con naturalezza e con coraggio (non è sempre così, non tutti hanno questa naturalezza e coraggio), che bisogna aumentare i finanziamenti in questi settori. “Non si tratta di soldi…”; “non basta aumentare i finanziamenti…”; “… eh, i soldi ci sono, ma poi… restano inutilizzati…”. Quante volte abbiamo sentito queste parole. Il tema del sottofinanziamento cronico, per anni davvero imbarazzante, dell’intero settore Istruzione e Ricerca, va con forza denunciato, per rivendicare, al di là di finti moralismi e preoccupazioni (bisogna saper spendere i soldi), che prima di tutto si finanzino in maniera adeguata Scuola, Università, Ricerca. Certo, i finanziamenti, poi, vanno “ben spesi”!

Io vorrei chiedere a tutte le forze di sinistra, Articolo Uno in primis (ma lo fa già, attraverso la riflessione e l’azione politica, del Dipartimento Nazionale e dei suoi parlamentari), ma anche al Pd e ad altre forze e movimenti, e a tante autorevoli personalità indipendenti, che hanno a cuore la scuola, l’istruzione pubblica in Italia, l’impegno di stabilizzare almeno sul 5% o poco più del PIL l’investimento per la Scuola; sullo 0,75-0,80% del PIL quello per il FFO degli Atenei, come all’incirca è in Spagna, senza voler pensare (almeno per adesso; magari… in prospettiva a medio termine, 3-5 anni) di arrivare all’1% o ancora di più, di Francia e Germania; sul 2-2,3% del PIL per la Ricerca, grosso modo come la media europea. “Non basta dare soldi”. Ma cominciamo a riservarli, in maniera sicura e significativa, a temi centrali e strategici come questi per lo sviluppo del Paese.

Il dover ancora oggi discutere per affermare la necessità di un riequilibrio Sud-Nord, lungi dall’essere una sorpresa, dimostra purtroppo come sia difficile, anche a sinistra, convincersi del fatto che il Paese cresce se il Sud cresce; e che solo visioni davvero miopi e di corto respiro, che vedono la fine nell’espace d’un matin, possono pensare di non essere accorti e solidali e coesi, come paese intero, e non guardare solo al proprio particulare, al proprio territorio, ancorché, ancora per poco temo, in vantaggio economico e di sviluppo rispetto ad altri.

Io credo che compito nostro sia finalmente di farla finita, mediante dichiarazioni e prese di posizione, e conseguenti azioni, precise, significative, pubbliche e spettacolari, in parlamento, al governo, nel paese, con il regionalismo differenziato, la cosiddetta secessione dei ricchi, idea che, sia pure con qualche distinguo minore, alberga in molte organizzazioni politiche di sinistra, in molte organizzazioni sindacali, in molti dirigenti di quelle organizzazioni in tutto il Nord, anche ad esempio di Articolo Uno, non solo del Pd, che pure porta, però, per essere la maggiore forza dello schieramento progressista, il peso e responsabilità maggiore di queste “oscene” posizioni.

Come molti sostengono, con diverse sfumature (in questi giorni, con dichiarazioni e/o articoli vari, lo hanno fatto ad esempio Marco Esposito, Gianfranco Viesti, Peppe Provenzano, Federico Conte), il sistema dei bandi, con cui per la stragrande parte si assegnano fondi derivanti dal Next Generation EU, non è sempre la scelta migliore, e comunque va attentamente gestito e monitorato. E, addirittura a monte, sarebbe necessario, se proprio non si vuole usare la parola “centralizzazione” (peraltro non una “brutta” parola, in questo contesto!), un coordinamento nazionale tra ministeri, regioni, comuni, per individuare i fabbisogni locali, razionalizzare gli interventi, in modo che i bandi NON contengano errori, trucchi, artifizi che penalizzino il Mezzogiorno. Sono stabiliti i criteri di massima (condivisibili, nell’ottica di un riequilibrio Sud-Nord), poi… si fanno i bandi. Va bene, ma chi scrive, e chi poi controlla, i bandi? Per dirla con Giovenale, quis custodiet custodes?

E ancora: con il sistema dei bandi siamo sicuri che si abbia l’intenzione di far arrivare i soldi a chi ne ha più bisogno? O invece (anche in maniera non dolosa, mi sento di ammettere) si finisce di fatto con il valutare la capacità di scrivere un progetto, e quindi poi “premiare” non chi ha maggiore necessità di rigenerazione urbana, di attenuazione di disagio sociale, di asili nido, di impianti idrici, ecc …, ma … chi lo sa dire meglio?

In definitiva, bisogna denunciare con forza il rischio di una “istruzione differenziata”, dove per il combinato disposto di regionalismo differenziato e finanziamenti da Pnrr,
– si riducano le classi-pollaio aumentando il numero di insegnanti e magari riattrezzando o costruendo nuove aule e scuole;
– si faccia in modo che dal 1° settembre di ogni anno gli insegnanti siano già al proprio posto, e si possa quindi iniziare l’anno scolastico senza ritardi, senza successivi trasferimenti in corso d’anno, eccetera;
– mense e trasporti scolastici siano sufficienti a gestire e soddisfare un sempre più alto numero di studenti;
– finanziamenti, per lo meno nei 5 anni successivi, siano garantiti in modo da consentire una corretta e sicura programmazione ad esempio nel campo dell’edilizia scolastica;
– si aumenti fino al 33% e oltre la percentuale di bambini in età di asilo-nido che possano usufruire di questo servizio; 

ma, tutto questo in una sola o solo in alcune regioni.

Credo che sia arrivato il momento di avere il coraggio, tutti, almeno a sinistra, di rispondere a chi chiede: “ma se chiedo tutte queste cose [prima elencate, ndr], significa che voglio spaccare l’Italia?”: SI, vuoi spaccare l’Italia, perché queste cose (sacrosante peraltro), le chiedi, egoisticamente, per la tua sola regione. 

il divario Nord-Sud è uno dei principali freni allo sviluppo dell’Italia e dobbiamo continuare a batterci perché venga da subito ridotto e poi eliminato del tutto.

Giuliano Laccetti

Laurea in Fisica. Ordinario Università di Napoli Federico II. In segreteria regionale Articolo Uno Mdp Campania, ha responsabilità sui temi Università, Scuola, Cultura. Presidente Comitato Scientifico Associazione politico-culturale 
“e-Laborazione”. Si interessa di politica universitaria e della ricerca; è appassionato (ed esperto) di anni 60, libri, calcio, western, fantascienza, serie TV poliziesche e giudiziarie americane.