Intervengo nel dibattito del fine settimana sul bonus cultura per sostenere una posizione che forse potrà sembrare “controcorrente”, ma della quale sono assolutamente convinto. Sono per l’abolizione immediata del provvedimento noto come “bonus cultura”. Fosse per me, sarebbe una decisione da prendere subito.
Come assessore alla Cultura della mia città, Pavia, ho conosciuto in questi anni gli sforzi che le amministrazioni locali affrontano ogni giorno per sostenere i servizi culturali pubblici, in condizioni di assoluta difficoltà e precarietà. Da questo punto di osservazione ho maturato la mia convinzione, che spiego.
Primo. La misura è destinata a tutti i diciottenni senza nessun parametro di accesso che tenga conto della condizione economica del destinatario. L’anno scorso sarebbe stato utilizzabile anche, esempio di fantasia, da un giovane ma già miliardario portiere del Milan che avesse voluto trascorrere una serata al cinema. Non mi si dica che ci sono ipotesi più edificanti. Ce ne saranno senz’altro, ma una misura che astrattamente permette questo deve essere contestata. È inaccettabile che anche un solo euro della comunità possa essere speso così. E non me ne voglia ovviamente Gianluigi Donnarumma, ottimo calciatore che spero negli anni possa fare la fortuna della nostra Nazionale ma che si trova a rappresentare un caso assolutamente emblematico.
Secondo. Il “bonus” esprime un concetto sbagliato di rapporto tra pubblica amministrazione e cittadini, che oltretutto è profondamente diseducativo vista l’età dei destinatari della misura. Lo Stato non deve pagare al posto dei singoli il prezzo di singoli beni, per quanto di nobile categoria. È compito della progressività fiscale mettere chi fa più fatica in condizione di acquistarli. La pubblica amministrazione deve incentivare la propensione alla cultura delle nuove generazioni sostenendo e potenziando i servizi che sono in grado di generarla. Tenendo il Museo aperto un’ora in più. Comprando più libri per la biblioteca pubblica. Sostenendo il costo di attività promozionali rivolte ai giovani. Eccetera.
Lancio dunque una proposta. Lo faccio nell’anno in cui con fatica, facendo e rifacendo i conti ogni singolo giorno, stiamo ristrutturando il bilancio del Settore Cultura per sostenere i nostri servizi territoriali. Si lascino i 290 milioni del bonus al Ministero dei beni culturali. Si costituisca per la medesima cifra un fondo dedicato al sostegno degli istituti di cultura retti dalle amministrazioni locali. Faccio un esempio così, “a spanne”. Pavia ha circa lo 0,12% della popolazione nazionale, mi sbaglio? Ecco, con lo 0,12% di quell’importo credo che saremmo in grado di sostenere adeguatamente i servizi culturali pubblici della nostra città per un anno intero. Sto volutamente semplificando al massimo, ma credo di rendere bene l’idea.
Basta bonus, basta. Investimenti sui servizi pubblici che sostengono il diritto universale alla cultura e alla conoscenza. E dico anche, sul piano più squisitamente politico, che se la sinistra vuole ricostruirsi questo per me è uno dei punti di partenza.