Fermate la “secessione dei ricchi”, non conviene nemmeno al Nord

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Il Sottosegretario alla Presidenza minaccia che se il 15 febbraio prossimo non si firmerà l’intesa fra il Premier e i governatori richiedenti, il Governo centrale cade. Al di là del fatto che, nel caso, non ci strapperemmo i capelli, credo invece che se passa la riforma delle autonomie (una vera secessione mascherata) a cadere potrebbe essere il Paese!

Condivido l’accorato appello del Presidente degli industriali napoletani e campani affinché tutti i parlamentari eletti nel Mezzogiorno si ricordino delle terre che li hanno eletti. Non solo da meridionale ma da cittadino italiano resto molto preoccupato. La spinta secessionistica va rimandata al mittente perché ingiusta e inefficace.

Non vogliamo elargizioni benevoli e/o caritatevoli, ma il riconoscimento che molta parte della ricchezza del Paese ci appartiene. E poi, lo stesso “ultrà milanese”, oggi alla guida degli Interni, nel suo intento di “nazionalizzare” la Lega Nord, non penso sia molto più interessato, visto l’obiettivo di radicarsi, ahimè con successo, nel Centro-Sud.

Regionalizzare servizi pubblici basilari e vitali, come scuola e sanità, nonostante il Titolo V, è inaccettabile per la coesione e l’unità costituzionale di tutti gli italiani. E comunque, non si può decidere una cosa di tale portata attraverso procedure e accordi ristretti fra la signora Erika Stefani e pochi “intimi”. Nel caso va resa oggetto di un’ampia discussione a livello sia parlamentare e sia popolare.

Consiglio a tal proposito il vice-Premier, nato ad Avellino e vissuto a Pomigliano d’Arco, di ricorrere anche in questa circostanza al pulsante “I like” della famosa piattaforma Rousseau per una stima di gradimento interno fra accoliti e discepoli.

I pericoli di una operazione affrettata e non concordata sono stati ben circostanziati dallo SVIMEZ. Numeri alla mano, l’autonomia è da promuovere se opportunamente argomentata e se aumenta l’efficacia e l’efficienza nell’uso delle risorse, senza compromettere il requisito della solidarietà nazionale.

“Cost & benefit analysis”, come sanno anche al Nord, non conviene. Finanche da un punto di vista delle prospettive economiche soltanto. Salvo, ovviamente, non prevalga l’egoismo territoriale per un’inquietante secessione subdolamente non dichiarata! Siamo prigionieri degli egoismi e/o del pressappochismo in cui si rifugia anche il “partito del PIL”:  gli imprenditori del “TAV-TAP”, i “dodici apostoli” della Confindustria  e le “Madamine”. Magari offrono anche argomentazioni condivisibili, non tutte, ma con un orizzonte di chi guarda avanti fino alla punta del naso. O di chi pretende di sollevarsi da terra tirando le stringe delle scarpe, come con brillante arguzia ha detto di recente il nostro Pierluigi.

Certo il Mezzogiorno non ha brillato per la “governance” della sua classe dirigente, ma non ho sentito parlare, in questa modesta sessione di bilancio, della centralità della questione industriale e degli investimenti pubblici, con una visione però programmatica e futura.

Due sfide assolutamente decisive per la riduzione del divario socio-economico e per la stabilizzazione delle prospettive di crescita del Sud e dell’intero Paese. Il disegno di legge, se mai sarà presentato, ritengo faticherà non poco a raggiungere la maggioranza assoluta richiesta delle Camere. A prescindere però vi prometto che quando verrete a trovarci qui a Napoli, ci faremo trovare lavati e profumati; e sempre pronti ad offrirvi con piacere pizzette e sfogliatelle, ricce e frolle!

Rosario Muto

Laureato in Ingegneria Elettrotecnica c/o Politecnico di Napoli. Lavora nel Settore Aeronautico di Leonardo-Finmeccanica c/o Stabilimento di Pomigliano d’Arco (NA). Si interessa di Business Development & Program Management nell’ambito delle nuove iniziative industriali. Autore di studi su “Programmazione Industriale nell’area metropolitana di Napoli tra suggestione e realtà”. Esperienze maturate anche nelle Istituzioni Locali.