Dopo il virus il mondo sarà diverso. Lavoriamo per essere noi a cambiarlo

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Rimanere in casa è un dovere civico di ogni cittadino, solo così possiamo contenere al massimo il diffondersi del CoronaVirus”. La voce che esce dagli altoparlanti della macchina della Polizia Municipale è quella del Sindaco. In una domenica mattina silenziosa come un pomeriggio di ferragosto in città, sono queste parole a dare il senso della straordinaria situazione che stiamo vivendo. Sembra impossibile che ciascuno di noi rinunci alle proprie attività, alle proprie abitudini, a tutto ciò che fino a pochi giorni fa sembrava irrinunciabile. Eppure è così.

Questo strano Governo, nato da una operazione parlamentare improvvisa quanto provvidenziale, si trova adesso a fronteggiare la situazione più difficile che il Paese ha dovuto affrontare dalla fine della Seconda guerra mondiale. Un Governo sulla cui durata tutta l’opinione pubblica non avrebbe scommesso un soldo, accentuandone anzi le difficoltà come per un inspiegabile masochismo anche da parte della stampa cosiddetta progressista. Un Governo, invece, che dimostra sul campo capacità, fermezza, nervi saldi e che passo dopo passo, ci sta accompagnando in una battaglia difficile e incerta, cercando di ponderare misure drammatiche per tutelare la salute dei cittadini con la necessità di non fermare definitivamente l’economia del Paese.

Una classe dirigente che si sta formando sul campo e può uscirne rafforzata solo se dimostrerà la propria capacità. La sta dimostrando il ministro della Salute Roberto Speranza, così come la sta dimostrando il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Non sarà un personaggio di passaggio Conte, lo ritroveremo nel campo progressista nel Mondo successivo al CoronaVirus. Perché ci sarà un Mondo successivo al CoronaVirus. Anche se si dice che non sarà più lo stesso. Io lo spero. Spero che il mondo saprà imparare da questa emergenza imprevista e saprà trarre gli insegnamenti necessari a non proseguire su strade che, proprio in questo periodo così difficile, si sono rivelate quanto mai sbagliate. Proviamo a vedere alcuni scenari che potrebbero cambiare se almeno l’Italia sapesse trarre lezione da questa triste vicenda.

Primo. Mai come adesso si è reso evidente che occorre investire sulla Sanità Pubblica. E che il sistema privato può solo affiancare, ma mai sostituire il servizio pubblico. I numerosi tagli al personale e la razionalizzazione dei servizi operati negli ultimi lustri, solo in parte temperati dagli investimenti previsti nell’ultima legge finanziaria, hanno creato un Servizio in forte difficoltà nel far fronte all’emergenza. Ciò non dovrà essere più tollerato, ne va della nostra salute. Investire nel Servizio Sanitario Nazionale quindi, e assumere medici ed infermieri (che, per inciso, scarseggiavano anche prima dell’esplosione dell’emergenza).

Secondo. La politica sanitaria deve tornare interamente nelle mani dello Stato. E’ evidente che di fronte a una situazione come quella che stiamo vivendo ci vogliono decisioni accentrate e non è possibile pensare che ogni Regione decida per conto proprio. La riforma del Titolo V della Costituzione fu un errore drammatico e il dibattito sul regionalismo dovrà ripartire dall’esigenza di porre rimedio ai suoi effetti più distorti. Una Regione può decidere dove costruire un ospedale, ma le politiche sanitarie non possono che essere nelle mani dello Stato, perché solo così si può garantire l’uguaglianza di tutti cittadini indipendentemente da dove vivono.

Terzo. Occorre ristabilire un rapporto forte e continuativo tra il Governo e le parti sociali. Organizzazioni sindacali e Associazioni di categoria sono i soggetti con i quali le misure drammatiche di questi giorni sono state concordate. Senza questo confronto non sarebbero state sostenibili poiché incideranno in modo profondo sul tessuto economico e sociale del Paese. Ed è il Governo, lo Stato, che deve tornare ad essere protagonista dell’economia, almeno nei settori strategici. Uno Stato programmatore della produzione in ragione delle effettive necessità del Paese, sia nelle fasi recessive come, a maggior ragione, nelle fasi di rilancio e di espansione.

Quarto. L’Unione Europea si è ancora una volta dimostrata un soggetto debole e contraddittorio. Alle parole condivisibili della Presidente della Commissione sono seguite quelle disastrose della Presidente della BCE. Fortunatamente le misure che si intendono adottare sono adeguate alla gravità della situazione. Il quantitative easing da 750 miliardi e la possibilità di spendere in deficit non debbono certo diventare la normalità, ma forse si può pensare a una UE che sappia farsi carico delle esigenze sociali dei Paesi membri e non solo dei bilanci in pareggio. Un’altra idea di Europa, insomma, che torni a essere culturalmente egemone ed avanguardia di un’altra idea di Mondo.

Solo se sapremo trarre questi insegnamenti la drammatica situazione che stiamo vivendo non sarà passata invano. Ci vorrà quindi un soggetto politico nuovo per lavorare in un Mondo nuovo. Un soggetto politico progressista, socialista ed ecologista, che elabori una nuova visione della Società; che rifiuti i dettami neoliberisti per tornare a essere critico verso un mercato che continua a considerare il Lavoro, la Salute e l’Ambiente come elementi da sacrificare al Denaro. Nel nuovo Mondo, quando il CoronaVirus sarà sconfitto, spetterà a noi, e ai molti che pensano come noi, costruire questo Partito.

Simone Bartoli

Segretario regionale di Articolo Uno Toscana