Vanda Bouché: la nostra ambizione necessaria. #ricominciodatre

#ricominciodatre

di Vanda Bouché

Fattori soggettivi e oggettivi, in una situazione di debolezza, incertezza e mancanza di coraggio che ha investito tutta la sinistra hanno determinato la sconfitta di LeU: si è sperato che con la formazione di LeU l’entrata in campo di un gruppo dirigente autorevole che aveva una sua storia, che aveva avuto ruolo di governo nel paese, che aveva in tempo, con il programma Italia bene comune, compreso la necessità di una svolta programmatica nel paese e si era inutilmente opposto alla deriva del partito democratico nel renzismo, potesse recuperare la moltitudine di elettori e militanti della sinistra che uscivano in maniera silenziosa e disordinata. 

Forse troppa fiducia in sé stessi. Speranza risultata vana perché al vaffa di Grillo che coinvolgeva tutto il sistema politico coinvolto nelle politiche degli ultimi venticinque anni, si univa la rottamazione di Renzi, tesa a rottamare tutto il sistema di intermediazione della sinistra italiana, a gridare la necessità di una svolta negli uomini più che nei programmi; è stato facile per Renzi far apparire la rottura come una rottura tesa alla salvezza di un gruppo dirigente, tutta dirigistica, mentre Articolo 1 si formava con pezzi sparsi della sinistra Pd che abitavano circoli che non avevano più vita e avevano ormai già rotto i ponti con militanti ed elettori dispersi; il Pd, diventato soprattutto un partito istituzionale di eletti e/o eleggibili, senza discussione interna, senza collegamenti con il mondo del lavoro e con il territorio, non poteva che partorire nella spaccatura  un gruppo autoreferenziato, il tutto aggravato dalla mancanza di sedi proprie.

Dove il Pd è rimasto forte, si sono avute pertanto le migliori performance di LeU; dove il Pd è crollato, LeU non è partito. Se la spaccatura fosse stata verticale, capace di coinvolgere tutte le varie anime della sinistra Pd, Sinistra Italiana, Ulivo, associazionismo vario, forse, ma solo forse, le cose sarebbero andate diversamente, ma comunque non è stato così anche perché molti non hanno capito cosa stava succedendo; la speranza di un più ampio coinvolgimento ci ha anzi fatto perdere tempo e ha portato alla costruzione frettolosa di una lista e di un programma formalmente democratici, in realtà calati dall’alto, risultato di discussioni e mediazioni interne, con un metodo accettato da tutti in quanto consci della necessità di presentarsi all’elettorato in tempi brevissimi. Ma questa fretta non poteva non avere come conseguenza l’incapacità di presentare lista e programma adeguati alla gravità del momento insieme all’incapacità di portare avanti una rappresentanza femminile. 

La stesura finale del programma è stata costruita in maniera confusa, con continui ripensamenti e aggiustamenti che non lo hanno reso chiaro, su tutte le tematiche, a partire dalle misure fiscali, con limiti all’interno dei quali non entro perché richiedono un approfondimento fatto di studio, tempo e dibattito sulle singole questioni. Sono convinta comunque che se si fossero meglio valorizzate le leader femminili, e se insieme a queste si fossero anche meglio espresse le nostre politiche per le donne, la nostra lista sarebbe apparsa più credibile e il nostro risultato elettorale sarebbe stato meno negativo; è stato difficile, durante la stessa stesura del programma, riuscire a esprimere politiche per le donne, e queste hanno necessitato dell’intervento diretto delle donne atto a modificarlo, approfondirlo e metterlo in evidenza.  Sembra niente, ma badate bene, questa mancanza ha concorso non poco a dare a LeU un sapore di vecchio, di nostalgico, di quella vecchia sinistra sessantottina fatta di capi e capetti rigorosamente maschili.

La comunicazione del programma è stata delegata ai volantini, ben scritti, ma per forza di cose parziali e parzialmente distribuiti, al sito web, che sicuramente pochi hanno visionato, e agli interventi televisivi che non riuscivano a parlare se non in termini molto generali, a causa della natura delle interviste e del mezzo televisivo. Tutta la campagna elettorale dei partiti e nei media è stata marcata dalla discussione sui gruppi dirigenti, sul vecchio e sul nuovo da portare avanti, nuovo caratterizzato dalla novità degli uomini più che dei programmi;  anche se noi avessimo elaborato il miglior programma del mondo, questo sarebbe caduto nel vuoto, in un dibattito che parlava di tutt’altro. 

Ciò che mi pare più grave è che è mancata una contestazione puntuale di quello che volevano gli altri, una battaglia anche culturale sui programmi degli altri. In una situazione nella quale il nostro intento era portare a noi il voto Pd in uscita, era necessario avere un atteggiamento diverso verso i 5 Stelle. La campagna contro di loro da parte dei giornali, di Renzi e di Berlusconi è stata quella di guerra ai barbari, agli incompetenti, agli ignoranti: campagna che si è andata a infrangere su candidati parlamentari e ministri fatti da donne, giovani, laureati, professori universitari, anche se di università private o straniere. Da parte nostra si è contestato tale modo di procedere del Pd verso i grillini, ma siamo parsi ambigui, oscillanti tra un atteggiamento quasi di simpatia e attesa nei loro confronti, dialogante, che poteva essere di disponibilità a collaborazioni su questioni particolari, senza spiegare quali, e un atteggiamento che li giudicava negativamente, come formazione di destra non democratica; era un atteggiamento non sbagliato in linea di principio, data la natura ambigua del movimento, ma che mancava della necessaria contestazione del merito del loro programma. Entrare nel merito del loro programma, contestandone in maniera specifica i contenuti e indicandone invece gli elementi interessanti sui quali una discussione era possibile, contrapporre in maniera esplicita al reddito di cittadinanza un piano del lavoro di rooseveltiana memoria associato a un salario minimo, avrebbe chiarito meglio il ruolo dei 5s, evitando che qualcuno li indicasse come la nuova sinistra del paese, forte del voto degli elettori e capace perciò con la sua forza, di imporre cambiamenti salutari al paese; e dall’altra avrebbe dato maggiore visibilità al programma LeU e forza al suo ruolo, come forza capace, se forte, di imporre cambiamenti che né 5s né il Pd avrebbero portato avanti da soli.  

Contrapporre in maniera forte ed esplicita una chiara tassazione progressiva alla flat tax e al generico discorso di abbassamento delle tasse avrebbe potuto chiarire meglio la nostra alternativa  e avrebbe dato maggiore credibilità alle nostre proposte. I grillini hanno saputo usare e imporre una egemonia culturale fatta di microintellettualità presente nel mondo dello spettacolo e nella rete, capace di condizionare e penetrare l’intera società; individualismo liberista prodotto di venti anni di berlusconismo mescolato in uno strano amalgama a spinta a forme di solidarismo e di socializzazione fisica e digitale di origine giovanile di sinistra, ambedue uniti dalla categoria dell’antipolitica: questo è l’humus culturale su cui è fiorito il m5s.  

Su questo punto bisogna ora rimediare senza indugi. Per quanto riguarda la Lega c’è da pensare a quanto la cultura americana sia penetrata in Italia e quanto la vittoria di Trump abbia permesso lo scioglimento dei cani, la libera uscita di posizioni che si sarebbero vergognate ad uscire. 

Anche se LeU non ha la forza che speravamo, è necessario continuare come se stessimo in campagna elettorale, portando avanti e chiarendo meglio le nostre proposte, in contestazione con quelle dei 5s sui quali non deve passare né l’abbraccio mortale e fatale con la Lega né l’operazione di farli passare per la nuova sinistra del paese. Per impedire l’abbraccio mortale con la Lega è naturalmente necessario riuscire a entrare nelle loro contraddizioni, costringendoli a prendere posizione su questioni poste da noi e dialogando con loro su questioni sulle quali una convergenza è possibile, come le questioni ambientali, investimenti sul territorio antisismici, economia circolare o problemi della corruzione e della legalità. Vista la nostra scarsa forza in Parlamento, e la nostra scarsa visibilità nei media, le questioni devono essere poste non solo in Parlamento con proposte di legge, come si è cominciato a fare (ius soli, abolizione dell’articolo 18, abolizione dei superticket sanitari e lo stop al consumo di suolo, insieme a un piano del lavoro), ma direttamente nel paese.

Questo deve essere parte del processo di costruzione del nuovo soggetto politico, da fare immediatamente, accompagnato da un lavoro di molto più ampio spettro, di definizione del suo carattere programmatico e organizzativo che superi i limiti di questa tornata elettorale. Per prima cosa bisogna avere bene in mente che è in crisi l’intero centro-sinistra e che un processo di sua ricostruzione deve coinvolgere tutti: noi non siamo l’unica sinistra di questo paese, la sinistra non è ridotta al 3,5% dell’elettorato italiano e neppure al 5%, ma che gran parte del Pd ne è a buona ragione parte. Nostro compito è tentare un processo di costruzione di un soggetto politico nuovo, con la consapevolezza che in parallelo un analogo processo di ripensamento si avvierà all’interno del Pd e in quella parte delle forze dell’Ulivo che sono rimaste nell’ambito del centro-sinistra. 

Su questi processi di ripensamento dobbiamo pesare, con questi deve essere permanente un dialogo costruttivo, avendo come obiettivo una convergenza della cui natura per ora non si può dire nulla. Con questo spirito bisogna muoversi anche nel Lazio e nei municipi. Pertanto accanto al processo congressuale sarebbe necessario promuovere o partecipare a discussioni più di fondo su questioni generali alle quali partecipino tutte le forze variegate della sinistra. In questo il contributo delle fondazioni culturali (NeNS, fondazione Basso, Italianieuropei) e dei sindacati può essere importante, anche se non sufficiente.

C’è da tener conto che quel milione e passa di elettori di LeU non coincidono con il milione di voti che erano stati della sinistra Arcobaleno, perché un rimescolamento delle carte è avvenuto, con un passaggio di elettori e militanti SEL in parte verso il Pd o in collaborazione con questo, in parte verso 5s, mentre al contrario elettori ex Pd sono confluiti su LeU, oltre che in 5s o addirittura alla Lega. Quell’operazione che in campagna elettorale non è riuscita a convogliare verso LeU l’elettorato in uscita dal Pd, può essere ritentata ora mettendo a nudo il carattere non di sinistra dei 5s e costruendo un programma alternativo che parta dai bisogni reali della gente, avendo come base di partenza il programma che abbiamo presentato agli elettori, ma reso più chiaro e incisivo.

Detto questo, c’è da definire quale soggetto politico, quale programma, come costruirlo, partendo dal come conoscere i bisogni reali della gente e ricordando che tra un anno ci saranno, comunque vadano le cose, le elezioni europee e che pertanto deve essere ben definito l’ancoraggio europeo di questo partito. Da evitare la chiusura in sé stessi, nell’accordo programmatico tra le tre forze politiche e i loro gruppi dirigenti. Facile a dirsi, ma come? Una modalità tesa ad allargare l’orizzonte è quella di mappare l’associazionismo presente territorio per territorio, stabilendo contatti con questo e facendo di alcune delle componenti di questo la base per la creazione di una base locale del nuovo partito, una base che è rappresentativa del territorio e delle realtà lavorative e quindi dei suoi bisogni, capace di coinvolgere la persona della strada. La apertura, territorio per territorio, al contatto e al dialogo con tutte le forze più o meno organizzate della sinistra o di chi sta tentando di trovare la strada della sinistra devono essere la regola, sapendo che la situazione è difficile e nessuno può pensare di avere la verità in tasca. Contemporaneamente condurre una battaglia culturale, che investa i nostri intellettuali attraverso la nostra radio, l’ingresso nelle biblioteche locali, i teatri, il web e i social sulle questioni della democrazia e della diseguaglianza sociale, preparazione di feste nei territori, magari collegate con la radio e con i web.

Ma attenzione, perché l’Italia è molto lontana dall’essere digitalizzata, è fortemente affetta da analfabetismo informatico oltre che da analfabetismo di ritorno; non solo ma viviamo un epoca nella quale abbiamo da tempo perso la battaglia culturale dopo aver volutamente abolito gli intellettuali organici e  dopo che Gramsci e la nozione di egemonia culturale, abbandonata da noi, è stata ripresa dalla destra che cita Gramsci attraverso Sarkozy e Macron in Francia; pertanto la classe intellettuale non è più nostra, ma in gran parte anche questa è ora simpatizzante per i 5s: non ci sono i Pasolini o i Vittorini, ci sono i Fruttero Lucentini e i De Masi; la battaglia culturale deve essere  perciò capacità di esprimere nuovo senso comune nel mondo di oggi.

Sto sognando, ma il problema della fondazione di un giornale accanto al partito dovrà essere posto; magari un giornale on line stampabile localmente e distribuibile. Votando 5s la gente esprime un voto di protesta contro l’establishment e in favore di una visione romantica di democrazia diretta considerata possibile con la piattaforma digitale, in nome della accresciuta volontà di contare in un mondo nel quale è in crisi la democrazia rappresentativa e i poteri sono talmente lontani che ognuno ha la sensazione di non contare più nulla. Riuscire con i fatti a mostrare la possibilità di una vita democratica che coinvolga nelle decisioni, che dia ad ognuno la sensazione di contare qualcosa e di poter incidere attraverso l’intreccio di forme di rappresentanza e di democrazia diretta su tematiche che toccano i bisogni della gente è essenziale: costruire perciò un partito orizzontale e verticale, fatto di gruppi di lavoro permanenti, locali e tematici, collegati a rete, modulabili su più scale, con responsabili eletti democraticamente, creati sulla base delle necessità e del momento politico, e fatto di circoli territoriali capaci di ascolto e di analisi del territorio e di concorrere alle decisioni politiche nazionali, regionali e cittadine attraverso il loro voto  su questioni importanti e quando richiesto da un certo numero di militanti; creare  canali informativi a doppio senso, verso l’alto di conoscenza della realtà locale e verso il basso di conoscenza  dell’azione dei livelli superiori. Questo contatto diretto con la vita della gente non può essere in alcun modo trascurato, perché se la conoscenza delle statistiche sono fondamentali, queste sono manipolabili e comunque fredde: è solo la conoscenza diretta e il contatto diretto con la realtà che può suggerire la strada da seguire.

Quando Marx elaborò le sue teorie e i primi movimenti socialisti si formarono, non c’erano le statistiche e Marx non viveva solo nell’Accademia, ma la conoscenza diretta del lavoro nelle fabbriche e nei campi furono la base per il loro sviluppo. Ora la globalizzazione rende difficile tale conoscenza diretta, ma non si può fare a meno di tentare di averla con tutti i mezzi che il sistema dell’informazione permette, anche fisica nel contesto locale. 

Ma per questo obiettivo è necessario cominciare bene e non attraverso la convocazione della assemblea dei delegati formata in maniera così frettolosa e poco trasparente creata prima delle elezioni. E’ necessario ricominciare daccapo con discussioni che partono dalla base e scelgono dirigenti e delegati, senza naturalmente la volontà artificiale di sostituzione e rovesciamento di classe dirigente. Europa, Fisco, welfare, il lavoro nell’era digitale e dei robot, le vecchie e le nuove diseguaglianze di potere e di ricchezza indotte dall’economia della rete e dalla share economy, ambiente, ricostruzione dei territori abbandonati e questione meridionale, ricerca, innovazione, cultura, donne sono i temi che devono essere tutti approfonditi, ma gli approfondimenti devono essere fatti contestualmente a livello che possiamo chiamare accademico, con gli esperti, e a livello microscopico di conoscenza territoriale dei problemi della gente comune attraverso la vicinanza con questa.

Il processo costituente deve pertanto avere un profilo che tenga in sé gli elementi che possano condurre a una forma partito, non liquida e neppure rigida, ma modulabile, non gerarchica, anche se con responsabilità individuabili e democraticamente definite, con la consapevolezza che questo partito è solo una tappa di un  processo di ricostruzione della sinistra in Italia che assumerà, in tempi indefiniti ma che si auspica possono essere anche brevi, forme e modi per ora imprevedibili.  Per uscire dal dilemma: prima l’uovo o la gallina? proporrei che centralmente dalle direzioni riunite attuali venga proposto un regolamento costituente da discutere localmente; approvato questo, si sciolgano i tre gruppi politici e le loro dirigenze, si istituisca un registro di persone interessate alla costituzione del nuovo soggetto politico, e si faccia partire il processo dai territori e i luoghi del lavoro con formazione dei gruppi e dei circoli che eleggono dirigenti e delegati ai livelli superiori ecc. fino alla definizione del gruppo dirigente, dello statuto e della carta dei valori.

Le questioni dei vecchi e nuovi poteri, della democrazia economica e del controllo delle nuove diseguaglianze informative e di ricchezza nel mondo globalizzato, è un tema di difficilissima soluzione che non può essere sciolto solo da noi in Italia, ma che necessita del contributo di pensiero dei partiti europei organizzati della sinistra; ma questo vuol dire anche relazione diretta con le forze della sinistra europea, di conoscenza reciproca e di discussione dei problemi globali, con dialoghi diretti attraverso web tra territori, non solo tra dirigenti. 

Sarebbe suicida considerare solo velleitario internazionalismo uno sforzo di collegamento tra movimenti e partiti di sinistra europei e l’ambizione di costruire partiti europei, che superino i limiti del PSE ma non lo escludano a priori, visto che il Labour party di Corbyn fa parte del PSE. Capisco che sto parlando come se fossi ancora in un grande partito come il Pd, ma l’ambizione deve essere comunque necessaria per qualunque processo politico, anche partendo dal 3,5%.