Roma: perché Articolo Uno vota NO alla privatizzazione del trasporto pubblico locale

Roma

Il prossimo 11 novembre si terrà il referendum, proposto dal partito Radicale, per la liberalizzazione del trasporto pubblico locale di Roma. Se venisse approvato dal voto popolare si aprirebbe definitivamente la strada alla privatizzazione del trasporto pubblico.

Articolo Uno – Mdp ha deciso di votare NO perché l’argomento della liberalizzazione è un imbroglio nei confronti dei cittadini. La volontà di coloro che sostengono la scelta di mettere a gara il trasporto è, in realtà, quella di passare dal servizio pubblico a un monopolio privato.

I promotori del referendum per raggiungere il loro obiettivo alimentano una propaganda di stampo neoliberista fuori dal tempo ed estranea al panorama europeo e sono sostenuti in questo tentativo, non a caso, dai maggiori organi di informazione locale e nazionale.

A tale potenza di fuoco mediatica non corrisponde, però, una eguale forza degli argomenti. Essi, infatti, non possono citare alcun esempio significativo di grandi capitali europee dove il trasporto pubblico sia affidato ai privati: solo a Londra è stata perseguita questa strada e, come è noto, è in atto un ripensamento di quella scelta.

Dispiace constatare che al carro referendario si sia agganciato, sia pure all’ultimo momento, il Pd di Roma compiendo una scelta che li colloca dal lato sbagliato del campo di gioco e li allontana sempre di più dalle esigenze di larga parte dell’elettorato popolare e di sinistra.

Sbaglieremmo però ad affrontare la consultazione referendaria esclusivamente sul piano ideologico poiché la partita in corso ha evidenti ragioni economiche e politiche.

Il valore economico complessivo del trasporto pubblico di Roma è di oltre un miliardo di euro, tutti soldi pubblici, ed è il più rilevante d’Italia e tra i maggiori in Europa. Atac gestisce l’80% del servizio mentre il restante 20% è affidato da anni ad una azienda privata, Roma TPL SCARL che, attraverso finanziamenti pubblici, gestisce prevalentemente le linee su gomma delle periferie romane.

Con il nostro NO al referendum vogliamo impedire che questa enorme massa di denaro pubblico venga trasferita a un soggetto privato, mentre i debiti pregressi rimarrebbero in capo al Comune e quindi a tutti i cittadini di Roma. Vogliamo combattere contro l’ennesimo processo di socializzazione delle perdite e di privatizzazione dei profitti. E’ ormai lungo l’elenco di casi analoghi il più celebre dei quali è, senza dubbio, quello dell’Alitalia.

Le prestazioni di Atac sono certamente insufficienti ma quelle della ditta privata che gestisce il 20% del T.P.L. sono ancora peggiori: il taglio delle corse provoca attese lunghissime alle fermate e i tempi di vita e di lavoro di centinaia di migliaia di persone vengono così condizionati in modo intollerabile dai disservizi. Inoltre i lavoratori dell’azienda sono sottoposti a una pesante precarietà contrattuale e vengono pagati a singhiozzo.

Questo è un nodo centrale. Il trasporto pubblico corrisponde a un diritto fondamentale dei cittadini: il diritto alla mobilità che non a caso viene finanziato dalla fiscalità generale attraverso dei trasferimenti dello Stato alle Regioni e ai Comuni.

La scelta di effettuare il servizio di trasporto attraverso aziende pubbliche è motivata dal valore sociale del diritto alla mobilità, anche considerando che gli utenti principali sono lavoratori, studenti e persone con reddito medio-basso.

Il trasporto pubblico locale e le infrastrutture viarie, inoltre, chiamano in causa l’idea stessa della città, la sua forma e vita concreta e per questo devono essere intimamente connesse alla programmazione e allo sviluppo urbanistico in una visione di scala regionale e di area metropolitana.

Infine, un moderno ed efficiente sistema della mobilità risponde a una visione sostenibile del pianeta e della qualità delle relazioni tra le persone.

Ecco perché un soggetto privato, che ha nel profitto il proprio scopo fondamentale, è inadatto e inadeguato a svolgere un servizio di tale rilevanza in una grande città come Roma e ciò è dimostrato dal disastroso servizio offerto dalla società RomaTpl.

Diritto alla mobilità, crescita della città e sviluppo sostenibile sono tre elementi che rimandano a funzioni pubbliche fondamentali e richiamano la politica all’esercizio delle proprie responsabilità.

Questo è il secondo nodo fondamentale che il referendum affronta. La classe dirigente di questa città e quella politica in primis, salvo rare e lodevoli eccezioni, ha avuto con Atac un rapporto distorto rinunciando alla programmazione del servizio e al ruolo di controllo stabilito dalla legge e dal contratto di servizio che viene approvato dal Consiglio comunale. Ha preferito una relazione di scambio nel quale ha ottenuto voti e preferenze delegando la gestione quotidiana ad un management scelto per fedeltà e non per merito. Le vittime di questo intreccio perverso sono state e sono i cittadini di Roma.

Oggi è tempo di cambiare.

La sinistra che vogliamo costruire ha tra le sue priorità quella di dimostrare che è possibile avere servizi pubblici di qualità. Abbiamo difeso l’acqua pubblica e abbiamo vinto.

La sfida è più difficile perché lo stato del trasporto pubblico locale è davvero drammatico ma possiamo farcela.

Occorre mettere in campo una visione della città e della sua relazione con il tessuto regionale e metropolitano e una conseguente concezione della mobilità. Dobbiamo individuare, a partire da FS, dei partner strategici allo scopo di costruire un sistema integrato e cambiare l’assetto di funzionamento del trasporto pubblico puntando ad una azienda unica regionale. Occorre riformare Atac chiedendo il conto ai dirigenti incapaci che hanno prodotto il collasso dell’azienda e individuando le responsabilità del passato, premiando i pochi capaci e meritevoli e chiamando dall’esterno le competenze che mancano.

Infine Roma non è stata capace, al contrario di Milano con l’Expo, di fare sistema. Si è divisa sistematicamente su tutti gli investimenti e le opere strategiche necessarie affinché la capitale del Paese fosse anche una moderna capitale europea. L’incapacità della classe dirigente di fare squadra e le vicende di Mafia capitale hanno prodotto un ritardo pesantissimo: abbiamo perso capacità contrattuale con il Governo centrale e le risorse e gli investimenti sui trasporti e la mobilità sono andati altrove.

Noi siamo pronti a fare la nostra parte.

Lo dimostra l’atteggiamento di apertura che abbiamo mantenuto sulla vicenda del concordato con il Tribunale di Roma e auspichiamo che la procedura si chiuda con successo. Atac, così, potrebbe chiudere con la sua fase più buia e ripartire tornando ad essere una grande azienda al servizio della città.

Saremo inflessibili nella difesa del diritto alla mobilità attraverso una azienda pubblica. Saremo altrettanto inflessibili nel chiedere un cambio di gestione in Atac e nel pretendere, innanzitutto dall’amministrazione Raggi, un cambio di passo sulla qualità del servizio di trasporto e un cambio di atteggiamento sul piano dei rapporti politici per consentire una azione di sistema al servizio della nostra città.

Vincere questa battaglia referendaria significherebbe respingere il tentativo di privare Roma della propria azienda di trasporto e avviare su un terreno politico più avanzato la costruzione del cantiere per l’alternativa di sinistra, civica e democratica alla giunta Raggi e alla maggioranza pentastellata in Campidoglio.

E’ questa la posta in palio domenica 11 e la sfida dei prossimi mesi.

Mercoledì 7 novembre alle ore 16.00 presso la Sala stampa della Camera dei Deputati verrà presentata la campagna “Roma dice NO” in vista del referendum dell’11 novembre. Interverrà Nico Stumpo, membro della commissione trasporti della camera. Sarà presente il coordinatore nazionale di Articolo Uno Roberto Speranza.