Congo: Panzeri, le autorità locali facciano chiarezza e giustizia

Esteri

Esprimo ferma ed intransigente condanna al vile attacco armato in cui ha perso la vita, l’ambasciatore italiano nella Repubblica Democratica del Congo (RDC), Luca Attanasio, oggi, 22 febbraio 2021, nei pressi della città di Goma, nella provincia del Nord Kivu della RDC. Il convoglio del Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite (PAM) su cui viaggiavano l’ambasciatore, la sua guardia del corpo e l’autista del PAM, che sono stati uccisi, ha subito un’imboscata alle 10 del mattino mentre la delegazione era in viaggio per visitare i programmi del PAM a Rutshuru. La strada su cui viaggiava il convoglio, nel parco nazionale di Virunga, è stata spesso teatro di attacchi da parte di gruppi armati e milizie con la conseguenza che un alto numero di civili e centinaia di ranger del parco sono stati sfollati e uccisi.
Gli ultimi tre decenni della storia della RDC sono caratterizzati da violenza e instabilità a causa della presenza di un alto numero di gruppi armati soprattutto nell’est del paese. Secondo il Kivu Security Tracker nel 2020 c’erano 120 gruppi armati nelle province congolesi del Nord Kivu, Sud Kivu, Ituri e Tanganica. L’instabilità e la violenza, insieme al malgoverno, agli alti livelli di corruzione e all’impunità diffusa, contribuiscono a creare un contesto in cui il rispetto dei diritti umani, l’istituzione dello stato di diritto e le autorità statali rimangono sfide enormi. In un contesto di impunità dilagante per i crimini e le violazioni dei diritti umani, con un settore della giustizia gravemente disfunzionale, lungi dall’essere indipendente e troppo corrotto, la presenza e la persistente attività dei gruppi armati contribuiscono a grandi crisi di sicurezza e a una profonda instabilità. Milioni di persone sono state sfollate e uccise durante decenni di violenze e conflitti e la situazione umanitaria rimane critica ancora oggi.
L’attacco contro il convoglio del WFP non è purtroppo un evento isolato. Agguati e attacchi a convogli di ONG locali e internazionali sono avvenuti regolarmente, e le vittime raramente sono state in grado di chiedere giustizia. Il 12 marzo 2017, due investigatori delle Nazioni Unite – Zaida Catalán (Svezia) e Michael Sharp (USA) – sono stati giustiziati mentre cercavano prove e documentavano massicci abusi dei diritti umani nella regione del Kasai. Il processo iniziato nel giugno 2017 non ha contribuito a chiamare in causa i veri responsabili del crimine. Le ONG internazionali, tra cui Human Rights Watch e Fight Impunity, hanno denunciato il “ruolo critico che gli agenti statali congolesi hanno avuto negli omicidi” e il fatto che non c’è ancora stata giustizia per le vittime.
La ricerca insoddisfacente di verità e giustizia è purtroppo una realtà troppo comune per le vittime nella RDC. Le conseguenze drammatiche di decenni di violazioni dei diritti umani, la ricerca di giustizia e l’impunità dilagante fanno della RDC uno dei paesi più instabili e insicuri di tutto il continente.
La lotta contro l’impunità dovrebbe essere la priorità del governo congolese e le autorità dovrebbero mostrare una chiara volontà politica in questa direzione. Il neo nominato primo ministro congolese, Sama Lukonde, nella sua prima dichiarazione ha rassicurato la popolazione congolese che avrebbe dato priorità alla sicurezza nel Congo orientale. L’attacco al convoglio del PAM è solo l’ultimo di una serie di crimini che hanno generato vittime che si aspettano di vedere queste promesse mantenute. Alla luce di ciò, è più che mai urgente, che le autorità congolesi facciano chiarezza sulla vicenda e perseguano con solerzia e i responsabili di questo crimine.

Pierantonio Panzeri
Presidente di Fight Impunity
Responsabile nazionale Esteri, politiche europee e relazioni internazionali di Articolo Uno.