Articolo Uno Rai: siamo in crisi? Tagliamo Rai sport

Politica

Un tempo si diceva che gli assetti della Rai anticipavano quelli del governo, col tempo li hanno seguiti sempre più da lontano. Adesso la politica è diventata sempre più determinante nelle nomine ma il paradosso è che l’assetto di governo e l’assetto della Rai hanno preso strade diverse.

Qualcuno interpreta questa circostanza come il segno premonitore della fine. L’interesse dei partiti si è attenuato, non quello delle lobby, delle correnti, e delle cordate. Il che finisce per dare l’idea che sia tutto allo sbando, senza guida, senza iniziative e decisioni coerenti. Se a questo aggiungiamo la grave crisi economica e finanziaria in cui versa l’azienda, il quadro diventa, se possibile, ancora più fosco.

Il fatto che il governo non dia alla Rai i soldi dell’extragettito che le spettano la dice lunga sulla considerazione che ha per questo servizio pubblico, al netto della crisi pandemica.

In altri tempi il sistema economico avrebbe finanziato la Rai per tirarla fuori dalle secche, almeno le avrebbe dato ciò che le spetta. Adesso non sembra aria, mentre l’azienda se ne va dritta verso il baratro senza fare nulla di ciò che sarebbe necessario fare: una drastica revisione delle spese e una sana politica del personale.

E come si reagisce ad una crisi tanto grave? Da una parte si assumono centinaia di giornalisti e dall’altra si pensa al taglio di rami d’azienda. Con la regolarizzazione di più di 230 giornalisti precari e con l’assunzione di altri 90 per le sedi regionali, il numero complessivo di giornalisti, per la prima volta nella storia dell’azienda sfonderà il tetto dei 2000.

Dall’altra parte si prospetta un taglio di alcune attività, se è vero quel che denuncia Michele Anzaldi segretario della Commissione di Vigilanza, secondo cui al settimo piano starebbero pensando alla cancellazione del nuovo canale in inglese, alla cancellazione di Rai Sport e all’accorpamento di Rai5 e Rai Storia.

Niente da dire sugli accorpamenti ma sul taglio di Rai Sport altroché se c’è da dire! Ovviamente, sempre secondo Anzaldi, il progetto dei tagli sarebbe stato affidato ad una società esterna. Che te lo dico a fa’?! (espressione gergale romanesca).

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