Articolo Uno dopo il congresso di Bologna: verso una nuova forma partito

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L’assemblea congressuale di Bologna ha approvato, oltre ad alcune limitate modifiche statutarie, il percorso proposto dalla assemblea regionale della Campania tramite un ordine del giorno, che porterà Articolo Uno a rivedere dalle fondamenta la sua forma partito, attraverso il coinvolgimento delle strutture territoriali con la creazione di forum di discussione, la creazione sul sito web nazionale di un “topic” per dare visibilità e discutere le varie proposte e infine una conferenza di organizzazione entro l’autunno per fare sintesi del lavoro svolto a livello regionale.

Un’Assemblea nazionale sarà chiamata poi a decidere sulle proposte di modifica statutaria.

Giova ricordare che l’articolo 24 dello Statuto consente alle strutture territoriali di avanzare proposte di modifica dello Statuto alla segreteria nazionale, che le recepisce rimettendole, con parere motivato, al giudizio della Assemblea nazionale.

La proposta della Campania ha inteso favorire il più ampio coinvolgimento delle strutture del partito innescando un processo di elaborazione collettiva “dal basso verso l’alto”, utilizzando vecchi e nuovi strumenti di comunicazione (i gruppi di studio; il forum sul web; la conferenza di organizzazione).

Il congresso di Bologna ci ha consegnato la consapevolezza della necessità di radicare e organizzare Articolo Uno come partito e non più come movimento, per poter svolgere con efficacia un ruolo di riorganizzazione e ripensamento del campo socialista in Italia all’interno del difficile periodo di transizione cominciato all’indomani delle elezioni politiche del 4 marzo 2018.

La complicata vicenda della presentazione delle liste per queste elezioni europee, tuttora in corso, e le perduranti contraddizioni interne al Partito Democratico a guida Zingaretti, ne sono la riprova.

Ma il nostro contributo non può essere di sola elaborazione politica o affidato alla sola iniziativa parlamentare. Abbiamo bisogno di costruire un partito vero, anche se con criteri nuovi. Dobbiamo puntare con convinzione a radicarci nei territori e a promuovere un nuovo volontariato politico. Da questo punto di vista le prossime elezioni amministrative non sono meno importanti delle elezioni per il Parlamento europeo.

La nostra stessa capacità di elaborazione politica non può essere concepita esclusivamente come un processo appannaggio di élite politiche, avanguardie del pensiero di sinistra provenienti dal mondo della cultura o dalla politica “professionale”, ma deve essere ripensata come un processo di elaborazione collettiva che coinvolge il partito, i militanti e i mondi vitali con i quali il partito intrattiene relazioni feconde di scambio.

Di qui, quindi, l’importanza di una nuova forma partito che superi i limiti del classico partito ottocentesco. Diciamo subito che non stiamo pensando al “partito che vive nei social media e si riproduce esclusivamente attraverso i social media”. Pensiamo a un partito reale con sedi fisiche, oltre che “elettroniche”; sedi frequentate da persone in carne e ossa che discutono e fanno iniziative pubbliche insieme e per altre persone in carne ed ossa.

Ci riferiamo a una struttura di partito più orizzontale, ma non priva della necessaria verticalità; che valorizzi e garantisca una equilibrata rappresentanza territoriale; che ripensi la sua articolazione territoriale per aderire meglio alla realtà economica e sociale del paese; che valorizzi i militanti che si organizzano in gruppi tematici o che sono espressione di realtà produttive; che innovi la modalità di selezione dei quadri dirigenti; che stabilisca regole e procedure per promuovere e garantire la massima partecipazione possibile dei militanti alla definizione delle linee politiche e dei programmi; che stabilisca chiare incompatibilità tra ruoli nel partito e ruoli nella pubblica amministrazione, salvaguardando l’autonomia politica del partito; che faccia eleggere le leadership dagli organismi dirigenti e non gli organismi dirigenti dalle leadership.

Ma di tutto questo ragioneremo insieme. 

W Articolo Uno, W l’ecosocialismo!

Giovanni Marino

Napoletano, imprenditore agricolo e operatore sociale, già presidente del "Consorzio di tutela del pomodorino del piennolo del Vesuvio dop" dal 2013 al 2017. Nel 2010 fonda il Movimento "Cittadini per il Parco", che unisce associazioni, imprese, privati cittadini accomunati dall'idea di ridare centralità politica all'Ente parco nazionale del Vesuvio e contribuire a realizzarne le finalità istituzionali. Oggi è tornato a occuparsi professionalmente di politiche sociali e in particolare di politiche attive del lavoro.