“Per tutto questo, anche noi ci siamo!”. Risposta, militante, a Pietro Grasso

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Domenica a Roma, in una sala conferenze così grande che finalmente son riusciti a entrare tutti, si è tenuta l’Assemblea Nazionale di Liberi e Uguali. Delegati da ogni parte d’Italia e del mondo (solo quelli dall’estero erano alcune decine) sono tornati nella capitale per discutere e votare qualcosa di più grande e impegnativo di una mera proposta elettorale. Abbiamo discusso di quell’ “Italia migliore” che ancora non è realtà e che pure vediamo brillare come possibilità concreta per l’avvenire. Abbiamo messo cuori e menti al lavoro, ponendoci il tema di come creare benessere per tutti e di cosa sia veramente il ben-essere personale e collettivo. Siamo partiti dai valori che ci guidano e dalla riscoperta del carattere programmatico della nostra meravigliosa Costituzione, per arrivare poi a definire proposte concrete d’intervento politico (ovvero azioni da promuovere tanto attraverso lo Stato, quanto a partire dalla società civile) che ci siamo tutti impegnati a realizzare. Tutti vuol dire tutti, dai leader a me, l’ultimo degli ultimi degli iscritti.

Tra i militanti questo è chiaro, e ben rappresentato dalle parole di Luciana Castellina: non siamo solo uno sforzo elettorale, e neppure l’ultima delle “reincarnazioni del PCI”. Ci impegniamo a dare avvio a un “processo reale che unifichi culture in una forza politica organizzata”, attiva a tutti i livelli e in ogni momento. Da oggi tutti e ciascuno, anche in base ai propri talenti e possibilità, sappiamo chiaramente qual è la direzione: la Costituzione, applicarla tutta e in modo organico; l’Europa, ridare potere ai popoli europei dicendo basta a un’Europa che non garantisce i diritti; sviluppo sostenibile e transizione energetica; superamento della distinzione fra profit/no profit valorizzando la cittadinanza attiva e l’imprenditoria responsabile; una scuola che si rinnovi nel riscoprirsi “comunità educante”; solidarietà sociale verso chi ha bisogno di cure e assistenza con “un piano nazionale di cura”; valorizzazione del patrimonio culturale italiano e dei beni comuni con una strategia nazionale che promuova “le pratiche di cogestione con le comunità e i portatori d’interesse, volte a socializzare i benefici e creare valore condiviso”. Questi solo per citare alcuni dei nostri punti.

Avendo vissuto per intero questa giornata, son restato basito a leggere, sui giornali di oggi, che: “Poche idee, nessuna empatia: Grasso, rosso antico senza cuore”. Forse le “fake news” non sono sempre scritte in malafede. Magari questo “Sondaggista, pubblicitario, spin doctor, coach e autore cinematografico” davvero non ha capito nulla. La realtà era: tante idee e vera empatia. Intendiamoci, ricordare a chiunque (che sieda sul palco, come pure vicino a me in penultima fila) che il telefonino va usato con moderazione, e che se si hanno deficit di attenzione carta e penna aiutano; questo è sacrosanto. E si può anche condividere la valutazione che, se a dicembre Grasso sembrava Messi nel 2012 coi suoi cinque goal contro il Bayern, domenica ha preso un paio di traverse. La Montalcini però ce lo ricorda in “Elogio dell’imperfezione“: la bellezza dell’essere umano sta nella sua imperfezione e nella capacità di riconoscere e imparare da essa; se cerchi la performance standard e uniforme devi orientarti verso gli insetti.

Dire che non c’erano idee è falso. Al massimo ce n’erano troppe, e troppo buone per essere comprese pienamente da chi non ha avuto occasione di approfondire quei temi specifici (come monopoli naturali, efficienza economica dei regimi proprietari, psicologia sociale, etc.) che per capirli bisogna applicarsi; ma se lo fai, poi ascolti la Muroni e ti ritrovi in “comunità empatica” con lei, nel senso inteso da Edith Stein (per i credenti: Santa Teresa Benedetta della Croce- Compatrona d’Europa). Prima della conversione, la Stein, ebrea e agnostica, scrisse la sua tesi di dottorato sul concetto di empatia, ritenendo che un gruppo si distingua da una comunità in quanto quest’ultima si fonda sul sentimento di empatia come riconoscimento – nell’altro – di quello stesso “fuoco” per un medesimo patrimonio valoriale che arde in noi. Di questa vera empatia era piena l’aria, un incendio che non brucia ma scalda il cuore e chiarifica la mente.

Non si può esprimere a pieno quest’esperienza preziosa, che rende il rinunciare alle prossime vacanze estive pur di pagarsi la trasferta, o la lontananza dai figli, un prezzo che si paga con letizia. Ciascuno riporterà questa fiamma sui propri territori, fra quei militanti e simpatizzanti che hanno discusso, proposto temi, circolato questionari, criticato costruttivamente i documenti preparatori del programma. Vogliamo dar vita a un fiume di luci teso a creare quel “pezzo italiano” di un movimento mondiale che ragionevolmente spera di vincere le tenebre della crisi umana, sociale e poi economica che stringe all’angolo milioni di famiglie e di persone. Le elezioni sono una prima tappa in questa direzione.

Lo ha detto bene la Muroni: “Il pieno sviluppo della persona umana è il nostro faro”. E noi questo intendiamo fare: creare una rete di fari che permettano alla nostra società e al mondo di togliersi dalle pericolose secche di un futuro senza orizzonti, dove tutto è merce di cui disporre a proprio capriccio. Da chiunque, però, si può trarre una lezione; anche da chi, abituato forse al buio, non riesce a vedere per eccesso di luce. Forse noi dobbiamo alzare le nostre lampade più in alto, far sentire più chiaramente la voce di tutti e ciascuno di noi. Dobbiamo dirlo forte, “stando in casa o andando per via”, in pubblico e in privato: con Liberi e Uguali “anche noi ci siamo!”.

Fatto questo, sarà la vera empatia a fare il resto, a motivare gli altri a contribuire al nostro programma, a diffonderlo spiegandone la bellezza e la lungimiranza e così conquistando gli altri alle idee che ci hanno conquistato. Dobbiamo far emergere con chiarezza che quando pensiamo a un “piano nazionale di cura” o alla “scuola comunità educante” non abbiamo in testa solo numeri o decreti. Abbiamo nel cuore gli occhi di chi non può curarsi, chi per assistere una madre o un figlio deve rinunciare a tutto; abbiamo nel cuore la dignitosa rassegnazione di chi sognava di andare all’università nonostante la dislessia e ti dice che è felice di fare il lavapiatti, perché serve a dare un futuro ai suoi fratelli più piccoli.

Poi potremo migliorare la comunicazione, potremo fare del nostro “esserci” una campagna mediatica (magari sull’esempio di un noto canale televisivo nazionale); ma questo viene dopo, serve per le elezioni. Ciò che conta è che abbiamo una visione bella di un mondo possibile, che siamo preparati su come concretamente realizzarla, che abbiamo costruito questa preparazione facendo vera partecipazione, valorizzando la discussione aperta a tutti, mettendo insieme i bisogni delle persone alle competenze degli esperti, che ci spendiamo tutti affinchè la politica sia “un lavoro ben fatto”. Siamo tanti, pieni di idee, di competenze, di passione, e ciascuno con le proprie azioni risponde a Pietro Grasso dicendo: “Per tutto questo, anche noi ci siamo!”.

Gabriele D'amico

Torinese, avvocato, appassionato di diritto ed economia della cultura, dottorando fra Berlino e Gerusalemme in diritti umani e diversità culturale. Consapevolmente olivettiano, credo nella capacità umana di superare la gregarietà del sistema limbico e ragionevolmente spero in un futuro di sviluppo umano integrale.