A letto senza cena. Gli errori, la propaganda e il nervosismo di Giorgia

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Giorgia Meloni si è lamentata platealmente dell’incontro a tre tra Zelensky, Macron e Scholtz a Parigi definendolo “inopportuno” davanti alle telecamere di mezza Europa. Per l’intera giornata di ieri ha tenuto banco una insensata polemica alimentata ad arte, il cui unico scopo era quello di gonfiare le corde della retorica nazionalista di alcuni esponenti della destra italiana. Una nuova pugnalata alle spalle dei cugini francesi, l’ennesimo sgarbo dei parenti tedeschi. E poi il repertorio classico della destra vittimista: vogliono alimentare un isolamento immotivato dell’Italia, magari perché i cittadini hanno scelto un governo non allineato al cosiddetto mainstream europeista. Fesserie. Qui si vede l’immaturità della Meloni e i limiti oggettivi di questo esecutivo. Non si colma il senso di impotenza attraverso scorciatoie propagandistiche che oltre ad essere pericolose risultano anche ridicole. Provo a spiegare perché:

  1. innanzitutto bisogna fare i conti con la storia: Francia e Germania hanno avuto un peso sugli accordi – purtroppo falliti – di Minsk e oggi se l’Europa vuole riprendere un ruolo nel processo di pace – se mai ci sarà – deve comunque ripartire da quell’impianto del 2014. La fine del dialogo ha accelerato l’escalation militare e oggi Francia e Germania risultano tra i più tiepidi rispetto a un allargamento del conflitto rispetto ad altri alleati Nato, a partire dagli inglesi. Per Zelensky è indispensabile parlare con loro, per loro è indispensabile capire quale è il punto di caduta dì Zelensky. Dovrebbe esserlo anche per l’Italia, ma aprire questo dibattito oggi è un tabù. Non solo per chi governa.
  2. più che occuparmi del mancato invito a cena, mi preoccuperei del menu della cena tra Macron, Scholtz e Zelensky. Si è parlato di qualche possibile sbocco diplomatico? Oppure ha tenuto banco solo la richiesta dei Jet di combattimento? E cosa hanno risposto Macron e Scholtz? La richiesta più impellente del leader ucraino trova accoglienza nel ministro della difesa britannico e il sostegno entusiastico della maltese presidente del Parlamento europeo. Cosa pensa l’Italia in merito? Una risposta sarebbe gradita.
  3. Francia e Germania, piaccia o no, sono rispettivamente uno dei cinque membri permanenti che siedono nel consiglio di sicurezza dell’Onu e la prima economia europea: nelle relazioni diplomatiche conta la capacità politica ma anche la stazza. Se sei fuori dai tavoli non è colpa del destino cinico e baro, ma di precise ragioni geopolitiche. Poi c’è anche la politica ed una cosa è chiara: Meloni ha civettato per anni con l’asse dei paesi che l’Europa non la volevano o la volevano più che minima. E che concepiscono l’adesione all’Europa come sovrapposta all’adesione alla Nato. Ed oggi frenano su qualsiasi idea di autonomia strategica e di politica estera e di sicurezza comune. Sentono più la sirena di Londra che di Bruxelles. E dichiarano urbi et orbi l’obiettivo di vincere la guerra anziché vincere la pace.
  4. infine, il nervosismo di Giorgia Meloni ha cause molto più profonde e riguardano l’economia. Nella fase di ripiegamento della globalizzazione la leader di Fratelli d’Italia vive un cortocircuito ideologico. l’Italia le sta stretta perché troppo indebitata per chiedere deroghe sugli aiuti di stato ed è allo stesso troppo gracile per non aggrapparsi alla richiesta giusta dell’istituzione di un fondo sovrano con debito comune per la difesa dell’industria europea. Scelta che ovviamente non è condivisa dai suoi amici sovranisti di Visegrad e dai cosiddetti paesi frugali, per cui il Next Generation Eu basta e avanza. Per cui oggi Meloni evoca un Titanic che è frutto anche degli errori che lei ha fatto negli anni, alimentando l’illusione che gli stati nazionali potessero fare da soli. E ora che tutti la seguono alla lettera, l’unica a essere rimasta sola è proprio lei.
Arturo Scotto

Nato a Torre del Greco il 15 maggio 1978, militante e dirigente della Sinistra giovanile e dei Ds dal 1992, non aderisce al Pd e partecipa alla costruzione di Sinistra democratica; eletto la prima volta alla Camera a 27 anni nel 2006 con l'Ulivo, ex capogruppo di Sel alla Camera, cofondatore di Articolo Uno di cui è coordinatore politico nazionale. Laureato in Scienze politiche, ha tre figli.