Non chiamiamola fatalità. C’è una battaglia per la sicurezza da fare

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Non si può.

Decisamente non si può morire così in una domenica finalmente fruibile per svagarsi un po’, come non si può morire perché un ponte ti crolla sotto le ruote mentre stai andando in vacanza o al lavoro o perché un cavalcavia ti crolla addosso mentre stai tornando a casa.

Così come non si può morire perché per qualche pezzo prodotto in più si sacrificano le protezioni di sicurezza.

Un Paese dove l’assenza della cultura della manutenzione e della cura, dei controlli e dell’attenzione è assente porta a questi eventi che non sono mai fatalità, non potrà mai considerarsi moderno e democratico.

In casi come quelli della tragedia della funivia di Stresa non si può e non si deve parlare di fatalità perché è impossibile che prima si tranci d’un tratto un cavo d’acciaio e poi non funzioni il freno d’emergenza facendo precipitare la cabina per venti metri togliendo la vita a quattordici persone.

Quando i controlli vengono effettuati sui timbri delle certificazioni e non sul luogo succede e quanto troppe volte accade è il frutto di una visione miope che mette davanti a tutto la burocrazia, gli “scartafacci” anziché la cura vera e l’attenzione.

Succede ormai in tutti i campi, dalla sicurezza idrogeologica alla sicurezza sul lavoro, a quella sugli impianti e sui trasporti, ovunque ci si accontenta di un timbro perché la sicurezza è considerata un peso, un ostacolo che anziché affrontarlo viene preferito aggirarlo, perché tanto si sa che nel Paese gli enti che devono effettuare i controlli sono dissanguati, prosciugati, resi impotenti.

La cultura della cura e dell’attenzione ha molta strada, impervia, da fare per riuscire ad essere condivisa e praticata per divenire pratica costante nel mondo del lavoro, dei trasporti, del vivere quotidiano.

Oggi tutti attoniti di fronte ad una tragedia e da domani si riparte come prima e se così è continueranno a crollare ponti, a cadere funivie, a crollare cavalcavia, ad esondare fiumi ristretti in letti cementificati.

È una battaglia culturale, ma è anche una battaglia politica che non si può trascurare perché la sicurezza, che dà benessere, deve essere conquistata ovunque dal posto di lavoro al tempo libero e di svago.

Senza, non si può parlare di sviluppo.

Giampaolo Pietra

Nato il 1/10/1955, fondatore di Articolo Uno a Sesto San Giovanni, membro della segreteria metropolitana di Milano. Membro del comitato di presidenza dell'Anpi cittadino.