Io dico che bisogna provarci.
Non è facile né scontato.
I Cinque Stelle restano una forza immatura, ancora in mezzo al guado, attraversata da suggestioni culturali e interessi sociali assai contraddittori.
La rottura con la Lega è stata vissuta come un fulmine a ciel sereno, subita e non provocata, nonostante i litigi continui di questo anno e mezzo.
Continuo a pensare che lo schema prediletto dei grillini resti un’alleanza con le forze populiste e sovraniste.
E’ l’impianto di governo più comodo, quello che li mette al riparo dall’obbligo di fare i conti con la complessità delle storie, delle procedure, dei rapporti di forza di un grande paese come l’Italia.
Persino il Presidente Conte, tra tanti schiaffi che ha dato alla Lega nel discorso al Senato, non ha esitato a dare qualche scappellotto ai ragazzi del Movimento Cinque Stelle.
Gli ha detto: uscite dalla psicosi dei blog, dei like, dei social.
Confrontatevi con la politica, rinunciate alla dinamica plebiscitaria, evitate di dividere il mondo tra i buoni e i cattivi.
Impresa tutt’altro che facile.
Tant’è che la discontinuità con il Governo Gialloverde giustamente invocata in queste ore non è all’ordine del giorno della loro riflessione, perché rivendicano la maggior parte dei provvedimenti fatti.
Compreso quei crudeli decreti sicurezza che hanno gonfiato come un tacchino Salvini.
Dunque, la trattativa è in salita.
E dire che il taglio dei parlamentari resta propedeutico a un eventuale nuovo Governo con il Centrosinistra assomiglia più a un tentativo di sabotaggio che a un modo per apparecchiare la tavola.
Vedremo.
L’obiettivo principale resta quello di mettere all’opposizione la destra regressiva.
Vale per loro come vale per noi.
Andare al voto anticipato con il fallimento di un’eventuale intesa tra Cinque Stelle e Centrosinistra farebbe apparire la Lega come l’unica forza garante della stabilità e del Governo nel nostro paese.
Il rischio più grande è questo: una democrazia senza alternativa.
Un nuovo sistema politico bloccato, con la destra estrema cardine istituzionale del prossimo decennio.
E’ ovvio che questo rischio non lo combatti con gli accordicchi o cedendo a qualche forma di cretinismo parlamentare.
Lo combatti se hai in testa un rinnovamento delle istituzioni e dell’economia di questo paese.
Lo combatti se metti nuove classi dirigenti in connessione con un rilancio del progetto europeista, che rompa la gabbia dell’austerità.
Ci sono questi ingredienti?
Non ancora. Siamo soltanto alle letterine e alle liste della spesa tanto generiche quanto insidiose.
Tuttavia, io penso che quando le cose si muovono per la sinistra è sempre un fatto positivo.
Nel gorgo rischiamo, ma nello stagno moriamo sicuramente.
Sono dunque favorevole ad aprire un dialogo vero.
Che suoni la musica di una svolta sociale e ambientale.
Che dia carattere costituente a una legislatura che deve chiudere la stagione dell’illusione dei pieni poteri.
Illusione che talvolta ha infettato anche parti rilevanti della sinistra.
Questo si fa se alla fine di questa lunga e folle fase d’instabilità politica, di uomini forti al comando, di torsione ipermaggioritaria delle Istituzioni, si ha l’umiltà e il coraggio di capire che una democrazia compiuta si regge su regole che garantiscano rappresentanza e proporzionalità al corpo elettorale.
Che tutti i voti sono eguali e hanno lo stesso peso.
Non è una questione tecnica, è lo spirito con cui si è costruita la nostra Costituzione repubblicana.
Ed oggi il punto è tornare lì, a quel manuale universale della nostra convivenza civile, perché la Crisi economica del 2008, che ha sconvolto il paesaggio sociale e politico del paese, è stata come una guerra.
Ha aumentato le diseguaglianze, ha moltiplicato paure, ha provocato risentimenti, ha sdoganato pulsioni autoritarie.
E quando la guerra finisce bisogna mettere innanzitutto in sicurezza il bene più grande che si ha: la tenuta democratica del paese.
Perché nessuno può immaginare di prendere tutto in mano.