Partire dai fatti: la forza tranquilla di uno slogan credibile

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Nei giorni scorsi, in vista della campagna elettorale, il Pd ha recuperato il celebre ”La forza tranquilla” legato alla prima vittoria presidenziale di Mitterrand nel 1981. Lo hanno fatto pressoché all’unisono il presidente del consiglio nel corso della conferenza di fine anno e il segretario del Pd in un’intervista.

Vediamo allora su quali basi poggia questo revival mitterrandiano. La campagna in questione è stata raccontata da uno dei suoi protagonisti, il pubblicitario Jacques Séguéla, nel suo “Hollywood lave plus blanc” (1982). Al primo incontro, scrive, Mitterrand arrivò preparato: aveva letto del suo metodo – “umanizzare le marche” – e ne era interessato. Al termine di una fitta conversazione, il candidato salutò Séguéla con una promessa: “Continueremo a vederci, se volete. La pubblicità non è quella che credevo”.

Con il metro dell’attuale dirigenza Pd, in quel momento egli è senza dubbio un politico da rottamare. Già sconfitto in ben due presidenziali (1965 e 1974), corre per la terza volta, a sessantacinque anni e circondato dall’aura del perdente. L’agenzia di Séguéla si mette al lavoro. L’analista Jacques Pilhan trova una base di partenza credibile, fondata sul progetto politico – un cambiamento tranquillo – e sul carattere del candidato – un uomo tranquillo.

L’aggettivo resta lì, nei documenti di lavoro. Intanto si decide di mostrare Mitterrand “per quello che è”. Da subito sono eliminati gli artifici, i colpi a effetto. Prima del confronto tv il candidato riceve dal pubblicitario un unico consiglio: “Siate voi stesso, non esiste altra scuola di telegenia”. Naturalezza, normalità. Tranquillità.

Arriva il momento di produrre campagna e claim. Il classico estenuante brainstorming è interrotto dalla considerazione di un collaboratore di Séguéla. Stiamo sul semplice, dice. Avete detto che è un uomo tranquillo, facciamolo diventare uno slogan, scriviamo “Un uomo tranquillo”. Insorgono allora gli altri pubblicitari del team: eh no, Mitterrand è più che un uomo, è una forza.

Questo fu il tragitto. Per arrivare a un claim credibile, cioè, si partì dai fatti: dalla natura del progetto, dalle caratteristiche del candidato. Ora, ognuno può paragonare la coerenza originale di quello slogan con la sua improvvisa adozione da parte dell’attuale Pd. Come conciliare il profilo di Renzi e quello di Mitterrand? Non attardiamoci in confronti. Che dire per esempio – valga come emblema – del suo proposito di regolare i conti nel partito usando il lanciafiamme? Forse è forza, ma di certo non è tranquilla.

Se invece questo claim fosse riferito a Gentiloni e non al segretario, vale ancora sottolineato che la campagna di Mitterrand fu ispirata alla sostanza del suo agire politico, non certo al tono di voce. Come nel film di John Ford, “Un uomo tranquillo” è un individuo pacificato, sì, ma pronto a lottare per i suoi valori. Le marce indietro del presidente del consiglio su legge elettorale e ius soli sono di tutt’altro segno. Tranquillo forse, ma la forza non c’è.

Comunque lo si guardi, il risultato è incongruo. Niente di nuovo. Appiccicarsi slogan come se fossero spillette è un tipico tic nazionale. Può esserci in questo qualcosa di semplicemente scaramantico – come dire: ha funzionato allora, chissà che non lo faccia adesso – ma ci si può vedere soprattutto una fuga. Perché la buona comunicazione esige un rapporto autentico con la realtà. E non c’è niente che possa fare più paura a un gruppo dirigente.

Giuseppe Mazza

Copywriter, dopo dieci anni in Saatchi&Saatchi e Lowe Pirella ha fondato Tita, la sua agenzia. Dirige Bill Magazine, la rivista italiana di studi sul linguaggio pubblicitario. Ha pubblicato "Bernbach pubblicitario umanista" e "Cose Vere Scritte Bene" (Franco Angeli). Ha scritto per Cuore, Comix, Smemoranda, Il Venerdì.