Destra e sinistra esistono. E forse si chiamano immediatezza e riflessività

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Il tema della morte della distinzione fra destra e sinistra ha occupato e ancora occupa un largo spazio nel dibattito politologico. Soprattutto italiano. Il fatto stesso che se ne parli tanto mostra come la distinzione sia ancora viva e vegeta e, semmai, si potrebbe parlare di morte di vecchie formule semplificatorie che stavano a indicare una certa sinistra e una particolare destra.

La realtà politica si fa quasi sempre beffa delle astrazioni politologiche: negli ultimi mesi, ad esempio, è nata in Italia una sinistra politica, quella del movimento Liberi e Uguali, che gli analisti non riescono a inquadrare nei loro schemi. Sinistra radicale o cosa rossa? Nuovo centro sinistra o ridotta massimalista? Fino alla definizione che potrebbe apparire bizzarra di sinistra sinistra. Sull’altro fronte la situazione non è meno confusa e complessa. Destra liberista, destra tecnocratica, destra sovranista, destra leghista, destra neofascista e addirittura neonazista.

Anche la definizione di centro politico subisce variazioni rilevanti come è logico che sia nel momento in cui mutano i concetti di destra e sinistra. Partendo da esperienze diverse, il leader laburista Jeremy Corbyn in Inghilterra e Pierluigi Bersani in Italia si sono provati a capovolgere il significato stesso del termine centro, da luogo della mediazione fra destra e sinistra a luogo del nuovo malessere sociale nato sulle ceneri del ceto medio sempre più impoverito. Un centro che può radicalizzarsi a sinistra come a destra o, come è accaduto in Italia fino a ieri, capovolgersi in un nuovo populismo, un rancoroso e violento qualunquismo, il movimento dei Cinque stelle.

Bisogna dunque rassegnarsi? Al contrario, la difficoltà del momento deve ulteriormente impegnarci a ricercare punti di riferimento, ricostruire storie, elaborare strategie, costruirsi nuove idee sia pure nella consapevolezza che bisogna imparare a vivere nell’incertezza come a dire, sul terreno etico politico, nella libertà.

Ci dà una mano il bel libro di Gianluca Galotta, Immediatezza e riflessività. Ripensare destra e sinistra, edito da Mimesis. L’autore si impegna nell’arduo e complesso lavoro di mettere ordine fra le tante posizioni in campo a partire dalla ricostruzione storica della nascita della dicotomia fino ad arrivare al dibattito in corso.

Nella prima parte del volume si analizzano i vari concetti di destra e sinistra, dalla destra reazionaria a quella neoliberista, dalla sinistra riformista a quella comunista e così via. Una ricognizione molto utile. Nella seconda parte l’autore disegna un preciso profilo del dibattito in corso, mettendo a confronto le varie ipotesi sul futuro di destra e sinistra.

Nella terza e conclusiva parte, Galotta propone se non una soluzione certamente una interessante interpretazione per definire i contorni di una nuova distinzione fra destra e sinistra che in qualche modo si differenzia dalle distinzioni classiche, come quella fondata, ad esempio, sulle generiche categorie di progressismo e conservatorismo. Scrive: “Tuttavia si può notare che la sinistra si è storicamente impegnata per l’espansione e la difesa dei diritti naturali attraverso la riflessività e una mirata azione politica. In altre parole per la sinistra questi diritti, per quanto naturali e immediati, devono essere valorizzati e garantiti non solo nominalmente ma sostanzialmente attraverso un’azione artificiale e politica che presuppone riflessività. All’opposto la destra, basti pensare al caso del diritto di proprietà, ritiene che tali diritti naturali siano meglio garantiti attraverso la loro difesa da ogni artificialità e intervento politico attivo. In altre parole per la destra questi diritti si realizzano al meglio se presi nella loro immediatezza e datità: è il non intervento dello stato la migliore garanzia della loro inviolabilità ed essi si esplicano al meglio quando vi è una semplice assenza di impedimenti esterni. Al contrario per la sinistra i diritti naturali non sono un punto d’arrivo ma di partenza poiché non è sufficiente che essi siano intesi e accolti unicamente nella loro immediatezza in quanto devono piuttosto essere, affinché siano realmente esperibili, oggetto di politiche riflessive e attive non foss’altro per non mancare di coglierne le implicazioni che non sempre si offrono con l’evidenza della naturalità”.

Credo che il giovane studioso metta in luce un aspetto importante della differenza sostanziale fra la destra e la sinistra. Tuttavia è necessaria qualche precisazione. Innanzitutto bisogna maneggiare con cura il tema dei diritti naturali. Nel Seicento l’affermazione del giusnaturalismo fu il fondamento del grande movimento di emancipazione di cui ancora oggi sentiamo il beneficio. Ma i diritti non sono naturali, sono storici. Storici perché mutanti con il mutare delle condizioni storiche, ossia sociali, economiche, politiche, etiche e perfino religiose. In questa prospettiva possiamo recuperare la classica distinzione fra conservatori e progressisti. I primi intenti a difendere, a conservare i diritti acquisiti, i secondi a conservare ma, soprattutto, a promuovere nuovi e più estesi diritti.

In secondo luogo bisogna avvertire che, come ben sa Galotta, che nemmeno la distinzione riflessività immediatezza copre l’intero arco delle differenze fra le tante destre e sinistre in campo. Ecco perché sarà fondamentale interrogarsi sulla qualità della destra e della sinistra nell’Italia e nell’Europa. La ricerca di Gianluca Galotta fornisce abbondante materiale di riflessione.

Ernesto Paolozzi

Insegna Storia della filosofia contemporanea. E' stato direttore scientifico della Fondazione "Luigi Einaudi" di Roma. Autore di numerosi volumi, ha collaborato e collabora con varie riviste e quotidiani, fra i quali la rivista "Complessità", di ispirazione moriniana, e "la Repubblica-Napoli". E' interprete del pensiero crociano e studioso del liberalismo. A Napoli è stato fra i fondatori dell'Ulivo e del Partito democratico.