La questione non è solo morale. In Lombardia è la politica che deve reagire

| politica

Cinquemilionitrecentomila euro, scudati e passati dalle Bahamas in Svizzera, duecentocinquantamila euro per risarcire il cognato della finta donazione dei camici alla regione di cui è Presidente. Il ritratto di Attilio Fontana, una vita nella Lega, sindaco di Varese, gran sodale di Maroni e oggi Presidente della “locomotiva d’Italia”.

Mentre il Covid 19 impazzava e mieteva vittime, lui e il suo clan pensavano agli affari di famiglia.

Sarà la magistratura a decretare se sono stati commessi reati o meno e a decidere le eventuali pene, quello che è certo è che la politica deve essere un passo avanti, che la Lombardia, il Paese tutto, non possono accettare ancora questi scenari e queste miserie, tanto più quando nel mezzo di un’emergenza le persone muoiono, le vite si spengono nella voluta impotenza di un sistema che tutto rappresenta meno che i loro interessi e la loro salvaguardia.

Mentre decine di anziani venivano lasciati morire nelle RSA, ai vertici della Regione ci si preoccupava di essere a conoscenza dell’IBAN del cognato del Presidente per risarcirlo della fornitura dei camici, trasformata, in parte, in finta donazione con il tentativo poi in realtà di rivendere gli stessi camici ad una clinica privata.

Ce ne sarebbe abbastanza, e di avanzo, perché in un sussulto, impossibile dato il personaggio, di dignità Fontana desse le dimissioni per difendesi dalle accuse davanti ai magistrati e per accettare la sconfitta politica, per riconoscere di aver portato la politica alla sua umiliazione.

Portatori e diffusori di virus, quello del Covid 19 e quello dell’affarismo che in tema di sanità attanaglia la Lombardia da decenni, dai tempi del “Celeste”, dai tempi di Maroni smantellatore della sanità del territorio a vantaggio speculativo dei centri ospedalieri privati.

In Lombardia si è morti anche per questo, in Lombardia si è stati costretti a chiudere tutto anche per questo e non ci possono essere scusanti né tentativi di giustificazione di fronte a un Presidente affarista e a un Assessore alla Sanità unanimemente considerato come minimo incapace.

La politica deve riprendere in mano il timone e finalmente sbarazzarsi di questa dannosissima zavorra, deve saper costruire nuove strade, nuovi terreni su cui edificare un modo nuovo e diverso di governare uscendo una volte per tutte da un’era davvero troppo lunga nella quale dall’eccellenza si è passati all’orizzonte del profitto privato sulla pelle, sulla salute dei cittadini e delle cittadine.

Ripensare e ricostruire, proprio a partire da questa dolorosa esperienza, la medicina di base, la presenza dei presidi sanitari sul territorio, ribadire e costruire la vera universalità del diritto alla salute è un compito cui la parte progressista del Paese non può sottrarsi, è un’urgenza da affrontare e per farlo occorre abbattere il potere corrotto e il malaffare che governa intere regioni a partire dalla regione più popolosa e più importante del Paese, dalla regione che più delle altre è stata colpita dalla pandemia, che più delle altre ha subito la mala politica della destra.

Combattere e sconfiggere l’affarismo mischiato alla politica non è una questione solamente “morale”, è una questione profonda di democrazia e in gioco c’è il futuro e anche il presente di questo Paese che con fatica ha affrontato e affronta tuttora una situazione del tutto eccezionale e che non può permettersi di tollerare ulteriori offese.

La magistratura deciderà se qualcuno potrà restare a casa o dovrà andare in cella, la politica deve decidere che in ogni caso deve andare a casa.

Giampaolo Pietra

Nato il 1/10/1955, fondatore di Articolo Uno a Sesto San Giovanni, membro della segreteria metropolitana di Milano. Membro del comitato di presidenza dell'Anpi cittadino.