Sono andato da Pietro. Pietro è un medico, ma non mi sentivo male. E anche se così fosse stato, avrei di certo esitato, a farmi visitare da lui. Non perché non sia bravo, è il migliore, anzi: è un vero e proprio recordman mondiale. Non esiste al mondo una persona che ha soccorso, visitato e curato più persone di lui: in 28 anni di professione, di umanità, ben 350.000. Ma non vorrei mai fargli perdere tempo. Né un voto.
Perché Pietro ha scelto di curare chi ne ha maledettamente più bisogno di me, e di correre per tutti costoro. Da Lampedusa, dove esercita con professionalità massima e preziosità inestimabile il suo doppio ruolo di medico ed esser umano, fino a Bruxelles, al cui Parlamento si è candidato. Per alzare il tiro, e aiutare non solo i 350mila, ma i 500 milioni di cittadini europei a conoscere e capire, a capire che curare esseri umani è essere umani. Che ci si salva solo se tutte e tutti assieme. Che siamo liberi solo se liberi e uguali in dignità e diritti, e solo se non in fondo a un mare o dentro un sacco.
Questo mare, questo vento, questo tempo, questa Europa, questa campagna elettorale è davvero difficile. Delicata. Dirimente. Vedete, io vi vedo e sento sfiduciati, scoraggiati, sballottati come naufraghi in un mare di merda, che è quella che ci propina l’Italia di oggi nelle esasperazioni deumanizzanti razziste, leghiste e fascistoidi dei suoi governanti, nella chiusura portuale e mentale della barbarie cattivista di distrazione di massa e divisione di genti, le une contro le altre, tutti contro tutti, senza un vero perché neppur saperlo, senza per fortuna davvero intimamente sentirlo.
E a sinistra non va granché meglio, siamo naufraghi, in distinti e distanti campi, in quelli che paiono diversi mari, tutti con frammenti di zattere tutte in tutti i sensi fraciche, inadeguate, inabissate almeno un po’.
Però poi ieri è arrivato Pietro. Come Articolo Uno abbiamo fatto quello che dovrebbe fare qualsiasi soggetto, qualsiasi persona di sinistra. Ma che dico: qualsiasi persona. Gli abbiamo fatto una festa, di accoglienza, che poi è un termine che mi par proprio e in ogni senso giusto, non vi pare? Sapete, mi sono sentito soccorso. Diluviava l’altro giorno a Roma, tutto il santo giorno, la mia città allagata ma non ero certo un naufrago, eppure in un certo senso lo ero.
Non è il tempo migliore, non è la campagna ideale che ci saremmo voluti ritrovare a condurre, e guardate, anche un dirigente politico nazionale, ancor più uno che come me lo fa pro bono, no profit, vuol quantomeno nuotare un po’ felice, come da bimbi e non su barconi, correre, combattere per qualcosa, per qualcuno in cui crede davvero. Qualcuno che ti consenta di non correre a vuoto, di non salpare invano. Ecco, quel qualcuno c’è, s’è candidato per fortuna mia e tua e di tutti, ci ha lanciato un salvagente e s’è preso cura anche di me, a prescindere da chi io sia, solo per il fatto di essere umano, e certamente a prescindere dalla bandiera che la barca del mio partito batte, a prescindere dai compagni di lista, di lotta, di flotta.
Voglio chiedervelo a carte scoperte e vele spiegate.
Lasciate stare per un momento la vostra appartenenza di dirigenti, militanti, simpatizzanti, elettori. Lasciate stare l’arrovellarvi per discernere con piccolo o grande travaglio se siete più o meno socialisti, più di sinistra così o di sinistra così, di sinistrissima o comunisti, o verdi, ma potrei dire neri, gialli, persino viola per quel che mi riguarda: comunque umani. Lasciate stare il “no, quella lista non la voto perché c’è Siamo Europei”, ebbene, siamo innanzitutto e soprattutto umani, maledizione. E se siamo dobbiamo restarlo, anche al di là delle famiglie europee di appartenenza perché apparteniamo a una sola, famiglia, anche più grande d’un Continente: quella umana.
E come esseri umani, come europei, come mediterranei, come italiani, come donne e uomini uguali, come uomo tutto sommato fortunato, io vi chiedo di correre assieme, continuare a curarci, prenderci cura di noi stessi, noi tutti, e votare con me Pietro Bartolo alle prossime elezioni europee.
Non so se ce lo meritiamo, ma ce lo dobbiamo. Non so se vi fidate, ma io vi chiedo di credermi. Non so quanto siamo distanti, ma teniamoci quanto più stretti. Tutte e tutti.