Il 23 marzo 1919 un centinaio scarso di persone si ritrovò a Milano, convocate da Benito Mussolini in piazza San Sepolcro; erano ignoranti e violenti, privi di una visione politica di lungo respiro, scontenti e incapaci che maledicevano la “vittoria mutilata” della guerra 1915/18.
Pochi anni dopo furono al potere, che tennero per vent’anni gettando il Paese nella più grande catastrofe del secolo scorso.
Oggi, in una congiuntura di grande crisi protratta dal virus, sottovalutare le manifestazioni illegali e violente, per adesso solo verbalmente, dei manipoli guidati a Roma da Casa Pound e a Milano dall’ex generale Pappalardo sarebbe molto grave.
L’uscita dalla pandemia è lontana, la crisi che ci attanaglia da oltre un decennio non è sopita, il fallimento, profondo e acuto, del sistema continua a produrre sempre più diseguaglianze e non ci si può sottrarre da un’azione che sia di difesa contro le destre e di costruzione di un mondo nuovo e diverso.
Il 2 giugno, giorno di festa nazionale, di celebrazione della vittoria della Repubblica, dell’avvio della ricostruzione del Paese non può essere ostaggio della destra più becera, deve essere un giorno di impegno per una nuova ricostruzione, per un nuovo inizio.
Non è tempo di politica di “piccoli cabotaggi”, è tempo di lanciarsi in mare aperto e spetta al fronte progressista tirarsi su le maniche e lavorare per costruire davvero un avvenire al Paese nell’ambito di un’Europa forte e solidale.
In Europa il lavoro del Governo sta ottenendo grandi risultati, fondi che andranno utilizzati per la sanità, per le scuole, per contrastare l’aumento della disoccupazione.
L’intervento dello Stato nella fase che inizia, una fase di vera ricostruzione, è non solo essenziale, ma assolutamente necessario affinché la distribuzione delle risorse sia equa e si ponga come priorità la realizzazione delle necessarie opere pubbliche a partire dal patrimonio edilizio scolastico, dai necessari interventi sul territorio, per lo sviluppo dell’occupazione e per gli interventi di aiuto e salvaguardia alle fasce più deboli ed esposte della popolazione, proseguendo anche nel rafforzamento della cura e della salute già avviato da importanti provvedimenti governativi.
La nuova dirigenza di Confindustria chiede priorità al profitto e cerca di battere i pugni sul tavolo del confronto: è bene che il Governo tenga dritta la barra e non dia spazio a ritorni al passato mantenendo un livello di dialogo dove l’unico obiettivo deve essere il bene comune del Paese.
Oggi la coalizione di Governo, con tutte le contraddizioni e le incertezze che caratterizzano un’alleanza nata dall’emergenza data da una destra incapace di governare e che via via si è andata formando nell’affrontare l’emergenza del Covid non ha alternative se non si vuole lasciare il Paese allo sbando preda di pulsioni neofasciste e di appetiti padronali.
Oggi il compito della sinistra è lavorare per compattare, ricucire, ampliare l’insieme delle forze progressiste politiche e civiche costruendo una alleanza stabile e strategica con il Movimento 5 Stelle tanto a livello nazionale che a livello locale superando schemi ormai obsoleti che hanno caratterizzato gli ultimi anni e pazienza se la cosa non è gradita a Orfini; come si dice, “ce ne faremo una ragione”.
Oggi la ricostruzione passa necessariamente attraverso uno sviluppo sostenibile, l’attenzione e la cura dell’ambiente, il recupero e la correzione di tanti interventi errati e dannosi sul territorio, il rilancio della ricerca, il ripensamento del regionalismo, nuove relazioni sociali e la rimessa al centro del lavoro come motore insostituibile di crescita e di riscatto sociale.
Con questi intendimenti, con questi obiettivi oggi possiamo dire “viva il 2 giugno, viva la Repubblica Democratica”, non solo una celebrazione, ma un impegno per cambiarla davvero questa Italia “metà giardino e metà galera, viva l’Italia, l’Italia tutta intera”.