La discussione sui cambiamenti climatici è tornata prepotentemente nelle agende e nelle politiche dei governi di tutto il mondo occidentale (e non solo). Nuovi simboli e di nuovi paradigmi si stanno utilizzando pur di scuotere opinioni e coscienze su ciò che sta avvenendo: ad esempio ci si affida a una semplice bambina come Greta Thunberg, poco più che adolescente, per affrontare le battaglie ecologiste, per farne la bandiera di una nuova e sentita protesta. La giovane svedese rappresenta un grido disperato rivolto ai governanti di tutto il mondo per adoperarsi affinché la conservazione del pianeta assuma sempre più consistenza. Senza agire sui problemi climatici, sulle scelte ecologiche sostenibili o su nuove riconversioni ambientali ricorda, in un certo qual senso, “un film già visto”.
Serve una comune strategia per prevenire disastri ambientali sempre più intensi e distruttivi, cosa al momento irrealizzabile visto il “clima nazionalista” che sta imperversando nel mondo. Oggi possiamo agire e soprattutto dovremmo essere in grado di suggerire un remake di questo “film già visto”, che deve raccontare qualcosa di diverso, deve far presagire un futuro migliore e anticipare, cosi, scenari futuristici. Un remake in cui Greta dev’essere protagonista assoluta.
La lotta attiva ai cambiamenti climatici deve essere affrontata seriamente e deve poter risolvere gli ineludibili problemi, che spesso portano con se l’interesse economico o il profitto. I recenti fatti di cronaca ne sono una testimonianza: il sottosegretario Armando Siri (Lega), inventore e ideatore della flat tax, è indagato dalla Procura di Palermo per corruzione e interessi diretti intrapresi con il faccendiere Arata e con l’imprenditore dell’eolico siciliano Vito Nicastri vicino al boss Matteo Messina Denaro. Siri sarebbe stato “stimolato” da Arata a promuovere una modifica al decreto legge sugli incentivi connessi all’eolico. Il problema della corruzione è sotto gli occhi di tutti. Fatti tutti da dimostrare, ma rivelano inequivocabile gli accordi fraudolenti con le organizzazioni malavitose.
Il problema della corruzione legata a interessi nel mondo delle rinnovabili e in particolare dell’eolico è ancora più attuale. E’ un problema enorme che racchiude questioni etiche, morali e di grandi interessi economici che ci girano attorno. Interessi che non guardano in faccia a nessuno: la distruzione del paesaggio e dell’ambiente sono problemi secondari per chi deve fare affari! Il dibattito sulle energie rinnovabili e sull’eolico, stando ai principi della nostra Costituzione (la più bella del mondo), non dovrebbe trovare “terreno fertile” in Italia. E invece no: negli ultimi anni i danni prodotti dalla globalizzazione più liberista e sfrenata si sono fatti più drammatici e irreversibili.
I cambiamenti climatici devono essere giustamente posti al centro di una visione futura, che sia fortemente interconnessa, però, con i principi della nostra Costituzione e con i Trattati internazionali. Per rimediare agli errori del passato e per prevenire disastri deleteri, bisogna definire quali siano le scelte ecologiche più appropriate, capaci di promuovere la sostenibilità ambientale e di trovare una nuova via di ragionamento, un nuovo e più sensato modello di sviluppo. Rivedere e rivalutare in meglio scelte legate alla globalizzazione, sono il punto di partenza e di riconnessione di una sinistra progressista e responsabile.
Se la storia di Greta è paragonabile a un remake, è arrivata l’ora di adottare un impianto differente, un jump-cut (un salto di inquadratura, per utilizzare termini cinematografici), che possa interrompere questa continuità culturale che ha avviluppato per anni il tema ambientale. Ci vorrebbe una nuova “inquadratura” all’interno di questo lungo “piano sequenza” documentato in tutti questi anni! Le fonti di energia rinnovabili dovrebbero essere riviste, rivisitate e approfondite perché nell’applicazione pratica hanno prodotto, molto spesso, conflitti sulla tutela ambientale.
Va rilevato altresì che in talune occasioni l’utilizzo di questo tipo di fonti, pur a difesa dell’ambiente, può intrecciarsi problematicamente con un altro principio costituzionale, come quello della tutela del paesaggio (articolo 9 della Costituzione): gli impianti eolici, ad esempio, se da un lato producono energia senza inquinare l’ambiente, dall’altro rischiano di danneggiare irrimediabilmente il paesaggio (in particolare per quanto riguarda l’impatto visivo). La scelta di montagne, zone collinari, crinali, scogliere eccetera è geograficamente la più favorevole per la collocazione delle pale eoliche, ma, trattandosi di zone sensibili sotto il profilo paesaggistico, può determinare un effetto visivo che incide negativamente sui principi di conservazione e sulla identità dei nostri paesaggi. Non bastano accordi tra Stato e Regioni per mettere ordine al tema. Non bastano incontri al Ministero (come quello dello scorso 25 settembre 2018 nel Salone degli arazzi) fra Mise, ministero dell’Ambiente e associazioni di categoria sulla discussione dello schema di decreto ministeriale di incentivazione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.
L’obiettivo finale, come spiegano dal ministero dello Sviluppo economico, è quello di contribuire ad attuare gli obiettivi nazionali ed europei in vista del 2030, promuovendo e incentivando la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. A seguito dell’incontro, il governo gialloverde ha recentemente avviato la discussione in Parlamento riguardante un pessimo schema di Decreto per nuove incentivazioni ventennali (!) sulle rinnovabili, disattendendo le richieste delle associazioni ambientaliste e di categoria che chiedevano un ripensamento e una ridistribuzione più congeniale delle risorse.
Non ci sono “governi di cambiamento” che possano fermare questo stato di deregolamentazione quando in gioco ci sono interessi di più ampia portata. Un paese civile dovrebbe porre al centro della questione solo ed esclusivamente l’interesse per l’ambiente e per il paesaggio come quando i padri costituenti scrissero laicamente la nostra Carta Costituzionale. Pare sin da subito evidente che l’eolico la farà da padrone per il futuro prossimo, arrecando nuovi danni paesaggistici al già martoriato territorio del sud Italia.
A quanto pare stanno “ritornando” i foraggiamenti a pochi speculatori dell’energia mentre bisognerebbe sostenere l’economia di milioni di cittadini, in termini di lavoro vero, diffuso, di equità sociale e di servizi utili. Per fare un esempio solo nel 2017 sono stati buttati al vento la bellezza di 1,7 miliardi di euro senza ricaduta occupazionale duratura per i territori interessati! Oggi ci sono quasi 10.000 torri eoliche per una potenza installata di oltre 10000 MW per un misero 1,5% di tutta l’energia necessaria al sistema Italia. Se ripristinare gli incentivi sulle fonti di energia rinnovabile, e in particolare sull’eolico, significa avere nuove ricadute giudiziarie, nuovi episodi di collusione con mafie locali o “storture” sul territorio che alterano percettivamente gli elementi del paesaggio, allora bisogna trovare un’altra soluzione più equilibrata e seria al problema.
L’incultura eolica (come la definisce Italia Nostra) è diventata dilagante, incontrollata e misera nei contenuti. Non si può restare indifferenti di fronte alla distruzione del nostro territorio con nuove mega pale eoliche che, in caso di nuovi incentivi, si sommeranno a quelle esistenti! I paesaggi delle singole regioni sono riconosciuti per le loro peculiarità ambientali e culturali e sono governate, nelle loro trasformazioni urbanistiche e ambientali, dai Piani Paesaggistici.
Il nuovo corso politico di Articolo Uno dovrebbe porre al centro la sfida sul futuro del nostro pianeta, orientandosi consapevolmente nelle variabili dell’eco-socialismo. Credo che Articolo Uno possa e debba dire la sua rispetto a questa delicata questione: ci siamo caratterizzati come il partito rosso-verde con l’obiettivo di salvaguardare il territorio, in questo momento particolarmente fragile. Il nostro impegno politico consiste nel dare all’Italia una forza autonoma della sinistra e del lavoro, ecologista e popolare, capace di costruire un’alternativa alle destre che avanzano. La cura del territorio e la lotta contro il dissesto idrogeologico sono la nostra priorità, avendo come orizzonte la Costituzione. La sostenibilità ambientale è un pilastro fondamentale del nostro campo politico culturale, la via maestra per creare nuova e buona occupazione. Dovremmo quindi tutti capire che anche il paesaggio è un “bene comune” e come tale va tutelato. Se prevale l’ovvio disinteresse sull’argomento, saremo ricordati in maniera negativa dalle future generazioni. Invece dovremmo riscrivere un nuovo film, una nuova sceneggiatura, una soluzione di sinistra ecologista che possa aiutare il nostro paese ad affrontare meglio la questione dell’approvvigionamento energetico e delle sue ripercussioni sull’ambiente. Dovremmo noi tutti mettere la parola FINE ad un “film già visto” e riscrivere un nuovo episodio in questo momento delicato per il nostro paese. Un impegno concreto che possa creare nel futuro nuove forme di lavoro sostenibile.