Il Primo Maggio è Festa del Lavoro, delle Lavoratrici e dei Lavoratori. Oggi non è un Primo Maggio come gli altri. Il Primo Maggio senza adunanze, senza cortei (che per la verità mancavano o erano affievoliti da tempo) e sopratutto senza il “Concertone” di Piazza di San Giovanni a Roma, sembra meno Primo Maggio. Eppure dovremmo sforzarci, in questa giornata particolare, significativa, celebrativa e bella, a parlare di più di Lavoro e soprattutto di Lavoro che non c’è, che non ci sarà più e di quello sospeso.
Dobbiamo parlare delle tante Lavoratrici e Lavoratori e di piccole e piccolissime imprese che dal prossimo 4 di maggio in poi non avranno garantito il proseguimento del proprio Lavoro. Covid19 non ha seminato solo morte, paura, panico e “allontanamento sociale”, ma ha prodotto il più grande disastro sociale degli ultimi settantacinque anni. Nel breve tempo assisteremo, pur nelle tantissime difficoltà politiche ed economiche, al sostegno solidaristico e compensativo attraverso strumenti normativi esistenti ed alla straordinaria rete di solidarietà che è esplosa in ogni luogo; nazionale e trasnazionale. Milioni di donne e uomini, anziani e bambini, si nutrono e “tirano a campare” attraverso questi strumenti. E’ un bene!
E il futuro? Appare incerto e pieno di ostacoli, economici, normativi, regolamentari e sopratutto politici. Occorrono decisioni forti e coraggiose. Riequilibrare è sempre di più la parola d’ordine; a questa preferisco aggiungere, restituire.
Si restituisce quello che qualcuno ha preso senza permesso. Quello che si è preso evadendo tasse e fisco, quello che si è preso trasferendo capitali all’estero e in paradisi fiscali, utilizzando fiscalità di vantaggio per fini personali magari dichiarando utilità collettive, quello che si è preso lucrando sulla povera gente, sulla nuova povertà, sugli immigrati regolari ed irregolari, sulle donne. Sì, insisto, bisogna restituire! E se non spontaneamente, attraverso un percorso di “prelevamento forzato” individuando i responsabili.
Non credo sia difficile, in epoca digitale le banche dati possono aiutarci molto, magari evitando di utilizzarle solo per tracciare i bisogni delle persone suscitando consenso. Non basta solo colpire i furbi e i disonesti, occorrono politiche innovative e coraggiose. Si parla molto in questi giorni, all’avvento della “Fase 2”, di ritorno alla normalità. Mi chiedo e chiedo, è proprio quello che vogliamo? Ritornare alla normalità intesa come passato, che forse qualche responsabilità sul presente pure ce l’ha? Zygmunt Bauman in “Retrotopia” definisce il passato come luogo di potere e di protezione tribale, perché, oggi, gli individui sono incapaci di sognare il futuro; l’Utopia.
Penso che in questo preciso momento storico, avendo cura di garantire il mantenimento dello status sociale e di dignità umana di ogni singola persona, attraverso il ruolo chiaro dello Stato, che assume funzione di protezione, attraverso il Lavoro, occorra una inversione di tendenza del sistema produttivo e di erogazione dei servizi.
Mi preme per un attimo chiarire cosa significa per me “funzione di protezione dello Stato”. Non mi avventuro in panegirici. Si metta mano, subito, a uno straordinario programma di lavoro attraverso l’assunzione di massa, nei tanti settori pubblici dello Stato e degli Enti Locali, di giovani donne e uomini per garantire servizi, assicurare competenze e sviluppare nuovi modelli di gestione per sviluppare sicurezza ambientale, socio-sanitaria, infrastrutturale, culturale e formativa; c’è tanto da fare!
Garantita questa fase, che è già un atto rivoluzionario, occorre costruire, con scelte coraggiose, il futuro. Pensarlo, immaginarlo, sognarlo. Non so quando corrisponda al vero la teoria secondo la quale il Coronavirus abbia utilizzato comodamente agenti inquinanti per espandersi e colpire. L’abbraccio con le Pm10, (polveri sottili) è stato un veicolo utile per raggiungere comodamente le mete prescelte e seminare morte. Non a caso la concentrazione di vittime e drammi si sono sviluppati nelle aree altamente industrializzate e pertanto a maggior capacità di emissione degli inquinanti. Vedremo! Mi auguro che la comunità scientifica faccia operazioni di verità tracciando le coordinate per delineare un futuro differente. Alla politica, invece, il compito di scegliere.
Negli ultimi trent’anni, da quando si è affermata sempre di più la consapevolezza collettiva di tutela ambientale pena i relativi rischi per il genere umano e di ogni altra forma di vita del pianeta, qualora il sistema produttivo e gli stili di vita restino invariati, tra i primi Jeremy Rifkin, con il monumentale lavoro, “Economia all’Idrogeno” del 2002, si sono sviluppate teorie, progetti e movimenti sociali e politici di ogni tipo e tutti tendenti a promuovere nuove forme di produzioni cosiddette Green.
Ecco questo è il momento, il tempo di agire e fare. La pandemia in atto ci consegna questa missione, guardare al futuro attraverso il coraggio di agire. Perciò ritengo che l’auspicio di tornare al passato sia privo di consapevolezza e intriso di rischi per il futuro. Ci vuole coraggio, determinazione, sogno, utopia e lotta politica. W il 1° Maggio, W il Lavoro.