Quando si sceglie di entrare nell’agone politico si è consapevoli di essere chiamati a rappresentare una parte e che ci saranno forze con idee diametralmente opposte che cercheranno di prevalere: si chiama democrazia e per fortuna ancora siamo in questo schema.
In questi giorni siamo chiamati a prendere la decisione che mai avremmo voluto, ovvero quella di sostenere il governo presieduto da Mario Draghi. Una persona sicuramente competente e apprezzata nel mondo, qualità che però non rendono Draghi il rappresentante del mondo progressista che avremmo voluto a Palazzo Chigi.
È vero che Conte non è minimamente paragonabile a Berlinguer, non l’ho mai lontanamente pensato, ma quel governo era il massimo possibile in quella fase e ha dato buone risposte possibili in termini di contenimento della pandemia e di somministrazione dei vaccini, ad esempio. Questo ci dicono i numeri e il dato è incontrovertibile, ma la miseria umana e le ambizioni personali del conferenziere fiorentino hanno deciso che era il momento di mischiare le carte e di riaccreditare Lega Nord e Forza Italia.
La domanda che ci attanaglia è dunque sul che fare dinnanzi alla grande ammucchiata che cerca di commissariare la politica. Sono stati giorni duri, travagliati, di infinite valutazioni ed analisi di scenari odierni e futuri. Il cuore non ha esitato a dare una risposta chiara e netta: mai con Salvini e Berlusconi e con tutto quello che rappresentano. Ma non basta, in politica le scelte estemporanee sono molto spesso l’anticamera del fallimento della propria missione di rappresentanza.
Per chi come me ha meno di 30 anni ed è cresciuto nel pieno del berlusconismo, questo governo è un fatto difficile da digerire lo è ancor di più l’essere costretti a stare al fianco della Lega Nord. Perché quando abiti all’ombra del Vesuvio tutto il fango, le offese e le politiche denigratorie verso il meridione non spariscono con un tratto di penna.
Ma c’è la politica, c’è la necessità di tentare nella titanica missione di tener compatto un asse – quello Pd M5S LeU – affinché diventi lievito nella società per riuscire a rappresentare l’alternativa domani e riesca a contrastare i barbari che assaltano la diligenza oggi. Perché la svolta europeista di Salvini sta tutta lì, nel suo ritorno alle origini, a quando la Lega era orgogliosamente “Nord”, profondamente incardinata nell’ottica che il nord potesse correre solo agganciata al treno europeo al punto che l’unità nazionale ne era la zavorra per raggiungere quello scopo.
La Lega con questa svolta torna nei confini padani, perché le classi imprenditoriali che da sempre hanno sostenuto la Lega Nord mai avrebbero perdonato al proprio partito di riferimento di abbandonare il campo e lasciare il bottino in mani “nemiche”. La sinistra non può tirarsi indietro dinnanzi a questa sfida, dinnanzi al tentativo leghista di ulteriore sottrazione di risorse, dinnanzi alla reiterata richiesta di autonomia e all’incremento delle disuguaglianze.
Dopo la decisione del Pd e del M5s di entrare nel governo, siamo chiamati come forza di sinistra a rafforzare il fronte. Restare fuori da questo governo avrebbe significato girarsi dal lato opposto ovvero restare duri e puri ma essere complici dello scippo leghista delle risorse europee. Come forza politica l’obbligo è di entrarci per rafforzare il blocco progressista in Parlamento, per avere più voce in conferenza dei Capigruppo, per fortificare il ruolo del polo progressista nelle commissioni permanenti di Camera e Senato, per esprimere un punto di vista nel Consiglio dei Ministri. La conferma di Roberto Speranza al Ministero della Salute è una bella notizia per la nostra comunità. Come articolo Uno e come LeU abbiamo l’obbligo di essere compatti e coesi, per difendere i lavoratori che in massa rischiano di essere licenziati, per far sì che le risorse europee vengano spese in maniera equa e siano usate per colmare il divario tra nord e sud, per portare la nazione fuori dalla pandemia e per non consegnare il pallino del Governo a chi continua a parlare di flat tax, pace fiscale e porti chiusi.
La missione è ardua e non è detto che riusciremo a condurre questa battaglia, anche perché la compagine di governo non fa ben sperare per composizione, per provenienza geografica e per idee dei singoli Ministri, ma questo è un motivo in più per combattere la battaglia in maniera unita e coesa. Decidere di non sporcarsi le mani salendo sull’Aventino significherebbe non essere più partito politico ma un gruppo elitario in un’epoca in cui le élites non sono neppure più capaci di orientare le masse.