Da ventidue anni godo pienamente della democrazia e dei diritti nel mio paese adottivo, l’Italia, grazie alla sua Costituzione, al sacrificio dei partigiani e all’impegno dei democratici.
Però, come cittadina italiana, da giorni penso in modo molto più intenso a due concetti: la democrazia e i diritti; queste due parole non esistevano al di fuori della mia casa nel paese dove sono nata e cresciuta, l’Iraq, in cui governava un dittatore. Ancora oggi questi valori non esistono per il mio popolo, il popolo kurdo. Essi devono appartenere a tutta l’umanità e non ad una categoria o una popolazione; oggi purtroppo chi ci guida e chi ha il potere concede o meno i diritti e la democrazia a chi vuole.
È contraddittorio che Svezia e Finlandia, due paesi democratici che hanno sempre difeso i diritti, oggi abbiano messo in discussione, se non in dubbio, la democrazia, i diritti umani e la Convenzione sullo status dei rifugiati, accettando e salvaguardando le esigenze turche a spese del popolo kurdo e della causa kurda, pur di entrare nella Nato, la grande Nato, e che gli alleati abbiano consentito tutto ciò.
Questo ci porta a pensare che il quadro di diritti, democrazia e giustizia o di altri valori può rimanere un semplice slogan quando si tratta dell’interesse europeo, di paesi potenti o della sicurezza nazionale. La visita del nostro premier a Erdogan, dittatore di ieri, amico ed alleato di oggi, ne è l’esempio; l’Italia non ha discusso nemmeno le condizioni del sultano per entrare nella Nato. Addirittura abbiamo visto quasi immediatamente che il premier Draghi non ha voluto neanche rispondere alla domanda del giornalista sulla questione suddetta.
Giorni dopo si è addirittura recato in Turchia per bloccare l’ingresso degli immigrati e sbloccare i cereali fermi per evitare “una catastrofe umanitaria e sociale nei Paesi più poveri del mondo”; queste le parole del nostro premier durante la conferenza stampa in Turchia. La catastrofe umanitaria e sociale c’è sempre stata, e i paesi occidentali non si sono attivati seriamente per evitarla. Non è una catastrofe umanitaria che Erdogan blocchi gli immigrati su richiesta e a spese dell’Europa, senza che ci si interessi alle condizioni di vita di queste persone nei centri d’accoglienza disumani creati da Erdogan, senza agire sull’occupazione turca nel territorio del Kurdistan di Rojawa e i continui bombardamenti sulle città confinanti nella Regione autonoma del Kurdistan di Bakur?
Il popolo curdo, martoriato e perseguitato da più di un secolo a causa degli interessi dei paesi potenti dell’Occidente, che hanno sacrificato il Kurdistan ridisegnando i confini del Medio Oriente, è stato sacrificato una seconda volta secondo il trattato di Losanna (1923) per acconsentire la creazione della Turchia sempre a spesa del popolo kurdo. Il mio popolo è sempre stato tradito ed abbandonato dall’Occidente, come diceva il nostro ex Presidente della Repubblica dell’Iraq Talabani Jalal e segretario del partito PUK “Unione patriottica del Kurdistan”: “I kurdi hanno come amiche solo le montagne. I kurdi, che erano eroi finché combattevano l’Isis per difendere la porta dell’Europa e l’umanità, sono stati dimenticati ed ora non si stupiscono dell’ultimo abbandono e dell’inganno; ma la posizione europea è un grave esempio del divario tra gli slogan e i princìpi fondamentali, enunciati dalle Nazioni Unite e dalla comunità internazionale, princìpi che possono essere sperperati a favore degli interessi”.
Inoltre l’accordo avrà ripercussioni negative in larga misura sulla crisi umanitaria in quell’area non solo per la popolazione kurda che da decenni viene oppressa, ma anche per quella parte di popolazione che si schiera contro il dittatore Erdogan e le sue azioni disumane: tale situazione durerà finché durerà il comportamento acquiescente dell’Occidente nei confronti di Erdogan e dei suoi progetti e finché lui sarà al potere. La Turchia ha sempre giustificato i suoi attacchi atroci e i bombardamenti per eliminare il terrorismo, giustificazione a cui veniva anche dato credito dall’Europa, mentre i terroristi venivano addestrati in Turchia. Il Presidente della Turchia ha sempre affermato il suo volere per conseguire e concretizzare il progetto dai padri fondatori della Repubblica Turca: l’estensione di ciò che avevano pianificato i suoi predecessori. Erdogan sta svolgendo queste operazioni di ripristino dei territori e di estensione con un attacco militare e imponendo un regime dittatoriale, che legittima le sue politiche aggressive nel nord della Siria e dell’Iraq.
In questa grave e profonda circostanza, oltre al silenzio delle forze politiche, abbiamo visto l’assenza e il silenzio di tante persone che si definiscono attivisti per i diritti umani, dei media e dei giornali, tranne le parole di Federico Rampini per cui “abbandonare i Kurdi è il male minore!”.