Esperienza, collaborazione, contenuti.
Sono tre le parole chiave che ho immaginato per il rilancio di un progetto a sinistra, per essere plurale frenando così la frammentazione.
Come prima parola ho scelto, esperienza, è una delle più importanti: dopo anni di richieste di rottamazione, di “V-Day” credo si debba dare importanza all’esperienza, qualità per andare oltre l’invocata competenza, caratteristica tipica dei cosiddetti tecnici.
È arrivato il momento di immaginare il mondo che sarà, la politica che verrà, dopo la parentesi dell’unità nazionale sotto l’ala protettiva di Mario Draghi.
Esperienza significa ascoltare, valorizzare, chi ha alle spalle le conoscenze per quello che ha vissuto direttamente. Vuol dire puntare su chi ogni giorno si impegna a soddisfare i bisogni di una comunità, chi conosce il tessuto sociale anche della più piccola realtà, penso ai consiglieri, assessori, sindaci che – come si sarebbe detto un tempo –hanno “fatto la gavetta”. Insomma, l’esperienza non è il rifugio sicuro e il rimpianto del “bel mondo antico”. È tutt’altro: la proiezione di uno sguardo al futuro
C’è poi il punto della collaborazione. Qui serve una piccola specificazione: la sinistra in Italia ha l’innegabile tentazione della scissione. Un vizio che, nonostante la buona volontà, non può essere cancellato con la bacchetta magica. Per questo serve la pluralità, ma è fondamentale tanta generosità per creare sane forme di collaborazione. Facile a dirsi, ma in che modo? Il punto di partenza può essere quello di valorizzare i profili capaci di presidiare determinati temi. Per dirla in altre parole: se il dirigente X ha spiccata dote per seguire i diritti civili, è bene che il dirigente X abbia anche una certa autonomia sulle tematiche di sua competenza. Lo stesso vale per il dirigente Y che magari è ferrato in politica estera e così via per ambiti tematici. Con una sintesi da ritrovare in apposite strutture di partiti e con un paletto ben piantato: essere presenti nella società. Se ognuno facesse la propria parte, si potrebbe arrivare a una valorizzazione reciproca tale da esorcizzare le tentazioni di dividersi dopo anni di percorsi.
In ultimo, ma non per ultimi, i contenuti. Le proposte forgiano l’identità di un partito di sinistra. Devono rappresentare il dna di un soggetto politico, declinandolo in maniera pratica. I titoli non sono sufficienti. Parliamo di progressività fiscale? Bene, ma in quale modo viene applicata? E ancora: si parla di tutela dei lavoratori? Ottimo, ma con quali strumenti si pensa di difendere ed estendere i diritti? Senza sprecare centinaia di pagine, è possibile e necessario individuare e declinare i punti chiave per le proposte, che sono diverse da un programma elettorale. Sono, infatti, i contenuti a raccontare come la sinistra sia capace di rinnovarsi senza inseguire improbabili mutazioni genetiche di stampo macroniano. Le proposte devono venire prima di tutto, anche dell’annoso dibattito sulle alleanze che non servono se si riducano a semplici operazioni matematiche. Solo attraverso una chiara identità potremo individuare il perimetro dei potenziali alleati.
Ultimissima cosa: non rimandiamo, nessun cambiamento è possibile senza l’azione.