Il passaggio della deputata Rostan dal gruppo della camera di Liberi e Uguali e quello precedente, stesso percorso, della deputata Occhionero, al gruppo di Italia Viva unitamente al chiacchiericcio sui “nuovi responsabili” che potrebbero dare in senato i numeri necessari al governo Conte rispolverano il dibattito sui cambi di casacca, sull’assenza del vincolo di mandato e sulla costruzione delle liste elettorali.
Anche il senatore Cerno passa dal Pd a Italia Viva e mentre Rostan motiva la sua scelta attaccando il ministro Speranza lui attacca in modo volgare la segretaria del Pd di Milano.
Scrive bene Arturo Scotto in merito al trasloco di Rostan e scrive bene Chiara Geloni sullo stesso tema.
Errori, sopravvalutazioni sì, ma decisamente anche effetti della legge elettorale con il suo “flipper impazzito” e della pochezza di ideali di alcune persone, della mancanza di passione, di idee in cui si crede realmente e qui è assolutamente apprezzabile il passaggio di Arturo Scotto nel quale dice che essere parlamentari della sinistra non può essere la stessa cosa che essere parlamentari di qualsiasi altra parte politica.
Perché spetta alla sinistra riportare la politica all’interno di una dimensione etica dove i valori per i quali ci si candida non possono essere solo la coperta con cui ci si copre per l’immediato, ma devono essere la struttura e l’architrave del proprio credere, del proprio impegnarsi e dell’avvalersi per la propria elezione dell’impegno di centinaia di militanti.
L’assenza del vincolo di mandato pensato dai nostri costituenti è un concetto tuttora valido sul quale si basa l’intera filosofia della rappresentanza parlamentare, l’elezione di donne e uomini organizzati sì in partiti, ma eletti per il loro personale essere degni di fiducia, per la loro rappresentatività e allora qui tutto il tema delle leggi elettorali e del rapporto tra candidato ed elettori è evidente.
Si può certo maturare le proprie convinzioni, si può mutare il proprio pensiero, ma è difficilmente comprensibile pensare che chi due anni fa era per il welfare universale oggi sia per le disparità create dalle carenze del welfare.
Arturo Scotto ha ragione a chiedere scusa, nessuno si senta innocente e siamo tutti colpevoli, certo, ma non tutti nello stesso modo perché il non riuscire a proteggere e a custodire appieno la volontà dei nostri elettori non è la stessa cosa di cercare solo l’eletto in più, di pensare la politica come gioco di corridoio, di veti e controveti tesi solo a salvaguardare la propria posizione.
Abbiamo tanta strada da fare è innegabile, ma in questo siamo e dobbiamo rimanere diversi superando gli inciampi e gli incontri che si rivelano non corrispondenti alle aspettative ed è possibile se evitiamo di chiuderci a riccio, se ci si apre, se rifuggiamo da alchimie e se davvero il consumo delle nostre suole va di pari passo con l’elaborazione di idee forti e riconoscibili.