Il Pnrr è stato costruito e messo a punto senza un dibattito né con le forze sociali (sindacati, organizzazioni imprenditoriali, eccetera), né con le forze politiche, né con il Parlamento, a differenza che in altri paesi europei. Questo è un primo vulnus, insanabile. Tra l’altro, la versione che per varie settimane ha avuto a disposizione il Parlamento era una versione vecchia (quella del governo Conte), non quella modificata del governo Draghi; e, ancora, ciliegina sulla torta, il documento fugacemente approvato in Parlamento, NON è quello inviato a Bruxelles.
A ottobre si vota per molte importantissime città capoluogo di Regione, Napoli tra di esse. Cerco di esaminare, a partire da aspetti generali, l’impatto e l’attenzione che i candidati sindaci, e il futuro sindaco di Napoli da ottobre, dovranno avere anche a questo tema.
Tra le opere che saranno finanziate e che il Pnrr indica andranno al Mezzogiorno (il 40% delle spese territorializzabili, è stato sbandierato con fierezza ai quattro venti!) c’è la Napoli-Bari AV e AC. Questa importante opera, però, è stata finanziata, i bandi per i vari lotti sono stati chiusi, alcuni addirittura assegnati. Allora, questo è un cosiddetto progetto sponda, un repackaging, tradotto in inglese, un riconfezionamento: si cambia la confezione, ma il prodotto è sempre quello, ha fatto notare Marco Esposito. Allora già questo 40% diventa… un po’ di meno, se, correttamente, sottraiamo i soldi per la Napoli-Bari, già decisi e previsti. Nulla si dice, da nessuna parte, sul fatto che i soldi eventualmente risparmiati verranno riutilizzati per altre opere infrastrutturali al Sud.
Ancora. Questo 40% delle spese territorializzabili ammonterebbe a circa 82 miliardi; come argutamente ha fatto notare Gianfranco Viesti, si tratta di un totale… in cerca di addendi. Non è infatti disponibile nel Pnrr, né è possibile ricavarlo, dice Viesti, da una ricostruzione degli interventi inclusi in tale cifra. Lo stesso peso percentuale degli interventi nel Mezzogiorno nelle singole missioni indicato in un documento del ministero NON è incluso nella versione trasmessa a Bruxelles. Bizzarro, vero?
E c’è ancora un “problemino”. La stragrande maggioranza di questi soldi saranno assegnati in genere ai Comuni ATTRAVERSO BANDI: aperti solo ai Comuni del Mezzogiorno? Assolutamente no. Il primo bando, ad esempio, che anticipa il Pnrr, chiuso il 21 maggio, prima dell’approvazione e della partenza del Pnrr e dei finanziamenti europei del RF, ma che entrerà di diritto a farne parte, è per gli asili nido, uno dei servizi di cui più si è parlato in questi anni, con l’obiettivo sempre dichiarato di voler colmare l’enorme, sproporzionato, ingiusto gap esistente in genere tra Sud e Centro-Nord. Il 60% di questa prima tranche di 700 milioni sarà assegnato alle aree svantaggiate. E ovviamente c’è un preciso elenco di tutti i Comuni d’Italia che vengono inclusi in questa categoria di area svantaggiata: oltre alla stragrande maggioranza dei Comuni del Mezzogiorno, ci sono tutti i capoluoghi di provincia d’Italia (volete che in ogni grande/media città non esistano periferie degradate che possano essere annoverate tra le aree disagiate?). Il bando prevede sia la costruzione di nuovi asili nido, sia la ristrutturazione di asili nido già esistenti. I vari Progetti saranno giudicati sulla base, tra l’altro, di un eventuale cofinanziamento del Comune al Progetto: Reggio Emilia, che ha circa 60 asili nido, presenta un Progetto che si può permettere di cofinanziare; Reggio Calabria, all’incirca stesso numero di bambini in età di asilo nido, ha solo 3 asili, e NON ha un euro per cofinanziare il suo bellissimo Progetto di incremento di asili nido in città. Reggio Emilia sarà premiata con un punteggio fino a 10 punti più alto rispetto a Reggio Calabria, perché cofinanzia. Il finanziamento verrà assegnato a Reggio Emilia, il gap si ALLARGHERA’ invece di ridursi, che è invece l’obiettivo per cui la UE ha “pensato” questo enorme intervento di finanziamento. Al danno si aggiunge la beffa: “i soldi per Reggio Calabria c’erano; Reggio Calabria non è stata in grado di aggiudicarseli” qualcuno sarà pronto a dire!
L’esperienza italiana, da molti anni a questa parte, mostra chiaramente che spesso e volentieri grandi scelte “politiche” sono state compiute attraverso norme tecnico/secondarie, fatte passare per adempimenti tecnici dovuti. Questa è una costante (negativa!) politica di tutti i governi degli ultimi venti anni almeno.
Ad esempio, si dice di voler finanziarie enti, consorzi, centri, soggetti vari, tutti privati, che operino come interfaccia tra ricerca e aziende: la partecipazione di imprese esistenti ai Progetti che concorrono ai bandi è titolo di merito. Secondo voi, allora, dove è ragionevole pensare che gli investimenti si potranno concentrare, se non dove il tessuto industriale e produttivo è già ricco? E quindi al Centro-Nord?
Ancora, se a concorrere sono Enti locali, c’è il problema delle conoscenze, competenze, capacità dei tecnici delle varie amministrazioni: questo ad esempio è un altro punto critico, più volte sottolineato.
Molte amministrazioni infatti, in gran parte al Sud, purtroppo, non sembrano in grado di progettare, appaltare, realizzare, utilizzare queste nuove ricchezze collettive. Sia per la dimensione straordinaria degli interventi, sia soprattutto a mio avviso perché nell’ultimo decennio si sono indebolite: blocco del turn-over del personale (ridotto di più di un quinto); capacità amministrativa diminuita; scarsa competenza specie nelle tecnologie digitali; età media del personale molto alta. Il rischio che i Comuni del Nord, meglio messi da ciascuno di questi punti di vista, intercettino la gran parte dei finanziamenti, è alto. Rischiamo, da qui al 2026, di vedere scomparire o assottigliarsi sempre più, anche a Napoli, i servizi sociali, i trasporti pubblici, gli asili nido. Bisogna in questi mesi integrare e potenziare personale e capacità dei Comuni (lo ha chiesto l’ANCI, lo documentano diversi documenti di Forum nazionali), coordinare il piano con le politiche ordinarie di bilancio. Occorre visione e volontà politica.
Oltre 500 sindaci del Mezzogiorno, tra cui anche il sindaco di Napoli, hanno aderito al Movimento Recovery Sud, che chiede innanzitutto una corretta distribuzione dei finanziamenti e un’attenzione, COSI’ COME CHIEDE L’EUROPA, alla riduzione dell’enorme divario economico, sociale, civile, esistente oggi tra Sud e Nord d’Italia. Questo, tenendo conto esattamente degli stessi parametri utilizzati in sede UE per assegnare i fondi all’Italia. Il nuovo sindaco di Napoli dovrà intensificare la sua azione in questo senso, forte del ruolo di sindaco della città più grande del Mezzogiorno e della sua densamente popolata area metropolitana, e stringere sempre più “alleanze” con gli amministratori del Sud, che, al di là del colore politico, non possono che avere un primario obiettivo comune: il riequilibrio del divario, che nel 1970 si pensava si potesse raggiungere SOLO nel 2020! Sic!
Ancora. Questione territorializzabilità: per arrivare, anche con il trucco del repackaging, al 40% delle spese territorializzabili, si sono inserite nelle Spese Non Territorializzabili, per escluderle dal totale, ad esempio, l’elettrificazione dei porti (incredibile! O si elettrifica Livorno, o Castellammare di Stabia, tanto per fare un esempio! Eppure tali spese sono giudicate non territorializzabili!). E, ancora, l’installazione del ERMTS, un sistema tecnologicamente avanzato che consente una gestione molto più efficiente delle varie tratte ferroviarie: semplificando al massimo il concetto, evitando particolarità tecniche, consente di far viaggiare su di uno stesso tratto di binario, ovviamente a distanza di sicurezza, più treni, poiché si è in grado di stimare lo spazio a disposizione di ciascun treno anche in base al movimento effettivo dei treni (adesso, grossolanamente, non è così: se il tratto è occupato, non ci si può immettere nessun altro treno). Ebbene, pur essendo per oltre il 90% destinate a “ammodernare e migliorare” tratte ferroviarie al Centro-Nord (è anche comprensibile, è là che ci sono maggiori e più numerosi tratti ferroviari), tali spese, ancora, sono ritenute non territorializzabili. Non vogliamo essere presi in giro. Altro che 40%!
Infine: la L. 42/2009, la legge Calderoli sul federalismo fiscale, che prevede una perequazione tra le varie aree del Paese, tra i vari Comuni, necessita, per stabilire LEP e fabbisogni di ciascun territorio, di una ricognizione dell’esistente (strade, ferrovie, reti elettriche, servizi).
Stabilita nel 2009, tale ricognizione NON E’ MAI STATA FATTA, da nessun governo, negli ultimi 10 anni. Con la legge di stabilità 2021, finalmente è stata fissata una data entro la quale effettuarla: 30 giugno 2021. Non si è mossa foglia. Allora si è provveduto a modificare le norme riguardanti tale ricognizione per stabilire le necessità, spostando la data a fine ottobre. Beh, abbiamo aspettato tanto, potremo attendere altri 4 mesi. Ma nella modifica apportata, uno dei parametri da considerare, il livello di sviluppo del territorio, è stato eliminato, mentre si è lasciato un altro criterio, la densità di attività produttive. Un altro imbroglio (non so come altro chiamarlo) ai danni del Mezzogiorno: se hai meno realtà produttive, un tessuto industriale/commerciale/distributivo molto meno sviluppato, che ti porto a fare strade, ferrovie, reti idriche ed elettriche in più di quelle che hai? Davvero, una offesa e una vergogna che tutti capiscono.
Concludendo, il PNRR non rimanga una operazione tecnocratica (per cui si è arrivati a pensare addirittura a reclutare una società di consulenza!) ma un vero e proprio disegno politico, innovatore, democratico, progressista, per lo sviluppo armonico, di Napoli, dell’intero paese.