In questa nostra epoca agitata e convulsa, nella quale l’essere è meno attrattivo dell’apparire e meno remunerativo in termini elettorali, fa quasi scalpore ricordare che nel 1978 toccò ad una donna cattolica firmare, in qualità di Ministra della Sanità, la Legge 194 (Tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza). La stessa legge che non aveva approvato da parlamentare della Democrazia Cristiana.
Questa donna si chiamava Tina Anselmi. Fu la prima donna ad essere nominata Ministra della Repubblica Italiana. Accadde nel 1976, 30 anni dopo la proclamazione della Repubblica e l’istituzione del suffragio universale.
Nominata alla guida del Dicastero del Lavoro e della Previdenza Sociale, fu la prima firmataria della Legge 903/77 che apriva alla parità salariale e di trattamento nei luoghi di lavoro, nell’ottica di abbattere e di abolire le discriminazioni di genere fra uomo e donna – battaglie condotte già prima come sindacalista.
Nel 1978 fu nominata Ministra della Sanità e portò in Parlamento la proposta di Legge 833 che istituiva il Sistema Sanitario Nazionale (una proposta che giaceva da anni in qualche cassetto). Una vera grande rivoluzione non senza impedimenti da combattere e superare. La L.833/78, ostacolata da interessi di parte e di corporazioni (per esempio il sistema mutualistico privato che traeva profitto dalla precedente organizzazione sanitaria) fu un vero strumento di attuazione dell’articolo 32 della Costituzione e realizza i principi di Universalità, Uguaglianza e Globalità. La pandemia da Covid19 ci insegna quanto grande e inalienabile è il valore del SSN e che forse sono maturi i tempi per rivedere il concetto di Azienda Sanitaria e la gestione aziendalistica della Sanità. È sempre nel 1979 che la Ministra Tina Anselmi decise di ritirare dal mercato migliaia di farmaci che una commissione tecnica aveva appena giudicato inutili o addirittura pericolosi.
Una donna che con coraggio e determinazione si è spesa perché le coscienze percepissero un diverso concetto di società, dimostrando che l’impegno politico è un servizio e non un mestiere, mantenendo sempre alto un fedele rispetto dello Stato.
In occasione dell’anniversario della sua scomparsa avvenuta il 1 novembre del 2016, oltre a ricordarla, è d’obbligo riportare l’importanza del suo ruolo di donna e di politica per tutte noi che, ancora dibattiamo e chiediamo il riconoscimento democratico della rappresentanza di genere.
Una questione che in Italia ha radici antiche. Solo 21 su 558, il 3,7%, furono le donne elette nella Costituente; il dato ha la sua significatività anche in relazione al fatto che si trattava delle prime votazioni a suffragio universale con un’affluenza al voto di quasi il 90% dell’elettorato; bisognerà attendere il 1976 per la nomina di una Ministra e il 1979 per vedere una donna presiedere la Camera dei Deputati. Tina Anselmi e Nilde Iotti, cattolica l’una e comunista l’altra, entrambe appartenenti alla generazione cresciuta negli anni del fascismo ma che dopo l’8 settembre del 1943 fecero la loro scelta di campo aderendo alla Resistenza e durante la loro esistenza non ebbero mai paura di dichiararsi Antifasciste.
Tina Anselmi non è quindi confinabile nella formula “prima Ministra donna”, lo è stata e questo è innegabile, ma la sua sostanza è molto più complessa.
Tina Anselmi incarnava una sintesi armonica della sua multiforme esperienza di donna, partigiana, sindacalista, cattolica. Nessuna delle sue sfaccettature soccombeva alle altre. Donna e dalla parte delle donne, senza mai dimenticare le esigenze del sistema Paese nel suo complesso. Il suo cattolicesimo mai urlato, né mostrato in pubblico, non veniva brandito come un’arma ma costituiva il motivo di confronto rispetto le esigenze di uno Stato laico e non confessionale.
Dismessa la divisa di staffetta partigiana, la sua battaglia a contrasto delle possibili derive verso uno Stato autoritario è stata continua. Non ha mai smesso di difendere la democrazia e i suoi principi. Diresse i lavori della Commissione Parlamentare sulla loggia massonica P2 con la tenacia ed il coraggio che da sempre l’hanno contraddistinta. Ricordiamo le sue parole in conclusione del suo mandato “… tale organizzazione per le connivenze stabilite in ogni direzione e ad ogni livello e per le sue attività poste in essere, ha costituito motivo di pericolo per la compiuta realizzazione del sistema democratico…”.
Conclusioni che sembrano definire sinteticamente tutto ciò che, nel suo percorso politico, Tina Anselmi ha considerato pericoloso e da sconfiggere. Ciò a riprova della sua fermezza morale, del suo coraggio e della sua volontà di eliminare qualsiasi ostacolo alla vita DEMOCRATICA del Paese.
Oggi ci piace ricordarla con le sue stesse parole: “Capii allora che per cambiare bisognava esserci”.
Abbiamo tutte e tutti noi il dovere di esserci, di mettere in campo tutte le nostre forze perché la politica torni a occuparsi delle persone mettendole al centro. La leadership non è solo quella dei posti di potere (che comunque ci spettano), la nostra leadership è quella che vuole ricostruire la politica popolare, la politica con una visione sul mondo e del mondo, una leadership collettiva.
Abbiamo il dovere di rafforzare ciò che ci permette di essere cittadine libere e di migliorare le condizioni di vita di tutte e tutti. Il periodo storico richiede impegno, costanza, umiltà e potenza. Caratteristiche che contraddistinguono chi sa prendersi cura dell’altro, chi non antepone i propri interessi a quelli di chi incontra sulla sua strada. Dobbiamo prenderci cura del mondo che abitiamo. Noi donne siamo pronte a farlo, pronte ad offrire le nostre capacità, nutrite dal sentimento della differenza e consapevoli che la nostra potenza è la potenza del saper scorgere lo sguardo dell’altra/o.
Abbiamo una storia da raccontare ed un futuro da costruire.